di Roberto Gabriele
La discussione sulla formazione di un movimento politico che abbia come base la Costituzione è ormai aperta. Il ruolo dei comunisti nella sua costruzione.
Da quando un consistente numero di deputati e senatori è stato espulso dai 5 Stelle per aver rifiutato di votare il governo Draghi e ha formato un gruppo denominato ‘L’alternativa c’è’, la discussione sui progetti di creazione di un nuovo movimento politico che sia punto di coagulo dell’opposizione al sistema liberista ha subito un’accelerazione.
Anche se l’attività del gruppo parlamentare ‘L’alternativa c’è’ viene sistematicamente oscurata dai media ed esso peraltro non ha ancora chiarito le sue prospettive, l’esistenza stessa in parlamento di una realtà al di fuori degli schieramenti che vengono considerati rappresentativi, crea una condizione favorevole per riprendere un discorso di più ampio respiro che non sia legato alle esperienze elettorali dello zero virgola. Anche il fatto che durante le votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica il gruppo degli ex 5stelle abbia votato compatto per Paolo Maddalena è stato un segnale significativo.
Contemporaneamente, anche da altri settori della sinistra arrivano segnali che vanno nella stessa direzione. Luigi De Magistris sul suo sito ha sostenuto di recente che occorre tornare a parlare dei princípi fondamentali della Costituzione e che ‘le interlocuzioni in atto dicono che dobbiamo e possiamo costruire un nuovo soggetto capace di rispondere alle esigenze degli italiani stando tra la gente’.
I segnali sono dunque questi ed è ovvio che ciò avvenga in presenza di una situazione oggettiva che spinge nella direzione della costruzione di un soggetto politico di cui si sente da tempo la mancanza e che i 5 Stelle non sono riusciti a realizzare in termini strategici. Per essere chiari però bisogna dire anche che quando si parla di un nuovo soggetto politico si sta fuori dalla logica dello zero virgola, tipica di ‘partiti’ che pensano soprattutto alla possibilità di soddisfare il loro protagonismo elettoralistico nella prospettiva illusoria di poter rappresentare settori importanti della società italiana. E, bisogna aggiungere, si sta molto lontani anche dall’idea che liste elettorali posticce possano riempire il vuoto a cui abbiamo fatto riferimento.
Se oggi si mette all’ordine del giorno la possibilità di creare un movimento che abbia forza politica, ciò è dovuto invece al fatto che, di fronte all’attacco spudorato all’esperienza Conte condotto dalle forze di destra e liberiste e al colpo di stato che ha portato Draghi al governo, la necessità di una risposta da sinistra si è fatta più urgente. Ma, se questa esigenza è evidente (e lo dimostra anche il ruolo di Travaglio e del Fatto Quotidiano), bisogna intendersi su quali basi deve fondarsi la sua costruzione, per evitare di arrivare alle solite e deludenti esperienze che da molti anni hanno caratterizzato la sinistra
La discussione di un progetto di rappresentanza politica e parlamentare degli interessi, largamente maggioritari, che vanno contro un sistema come quello italiano dominato dal liberismo non può prescindere da due cose: la volontà coerente di raggiungere gli obiettivi che si propone e la capacità di stabilire un legame forte con chi non accetta il sistema liberista, con un programma che può unire una parte importante del paese.
La risposta a questa esigenza è una sorta di uovo di Colombo. Perchè tra tanti tentativi di strumentalizzazione elettoralistica o di introdurre tematiche puramente ideologiche, che si dimostrano inerti, non si è capito, o non si è voluto capire, che ciò che importa a chi vuole un’alternativa anti-liberista è stabilire un punto credibile di unità tra le varie esigenze in campo, unità che non deve e non può essere determinata a tavolino, ma scaturisce da una necessità storica precisa legata a un programma di alternativa condiviso e quindi in grado di compattare l’area sociale e politica di riferimento. Per questo introdurre il discorso di un Fronte Politico che abbia come base l’attuazione dei punti essenziali della Costituzione che, vale ricordarlo, è per sua natura antiliberista, può rappresentare l’uovo di Colombo che può sciogliere il nodo che abbiamo di fronte.
A ben vedere – e chi parla spesso di Costituzione repubblicana questo dovrebbe saperlo – un programma politico basato sui principi costituzionali può corrispondere alle esigenze di coloro che condividono la necessità che l’Italia ripudi effettivamente la guerra, che lo stato abbia una funzione di orientamento e sviluppo dell’economia indirizzandola a fini sociali e che i diritti dei lavoratori e dei cittadini siano effettivamente garantiti. Essere chiari su queste cose permetterebbe di verificare, in un dibattito aperto, il grado di unità e la possibilità di sintesi di tutte quelle spinte al cambiamento e di resistenza al liberismo che si esprimono nella nella società italiana e che fino ad ora non hanno trovato in modo organico il loro punto di riferimento. Questo vale anche per tutti quei movimenti che esprimono esigenze di difesa sul territorio, sui bisogni essenziali dei lavoratori e dei cittadini, sulla realizzazione di una democrazia sottratta alla corruzione del sistema e alla manipolazione delle regole di gestione degli organismi costituzionali, che in un programma globale troverebbero il loro punto di forza e di sbocco politico.
Un discorso chiaro va fatto anche sui comunisti che intendono partecipare a una scelta di questo tipo. Di solito quelli che si rifugiano in soluzioni identitarie, peraltro non accompagnate da analisi teoriche adeguate, al massimo considerano la cosiddetta politica di Fronte come appendice di una strategia di cui pretendono di essere l’ombelico. In questo modo si sfugge alla questione essenziale che è quella di definire in modo storicamente concreto quale sia il passaggio che mette in movimento, non virtualmente, un processo di trasformazione politica e sociale.
Il Fronte Politico Costituzionale è quello che a nostro parere può rappresentare un punto di ripresa capace di riannodare un filo rosso che parte da lontano. Chi conosce e sa interpretare correttamente la storia dei comunisti italiani è in grado di valutare infatti come il recupero delle tematiche costituzionali sia l’anello mancante di un progetto di trasformazione che ha attraversato la Resistenza, la Costituente e la fondazione della Repubblica e doveva arrivare fino all’applicazione effettiva della Costituzione. Riprendere un’eredità storica di cui i comunisti italiani sono stati parte determinante è il modo concreto di dimostrare che sono ancora capaci di svolgere quel ruolo che ha reso l’azione del PCI storicamente determinante. Solo ripartendo dalle contraddizioni concrete e proiettandole in un contesto storico nuovo si può pensare di adempiere a quella funzione che è mancata nella realtà italiana dopo la liquidazione del partito comunista.