di Ivano Osella, Segreteria Nazionale FGCI
Quello a cui abbiamo assistito ieri in Valsusa ha qualcosa di incredibile ed è ben diverso da ciò che abbiamo letto oggi suigiornali o sentito in televisione. Ieri eravamo presenti ai blocchi dell’autostrada e delle strade statali fin dal mattino e possiamo raccontare una storia molto diversa da quella diffusa dai media. Innanzitutto il presidio è composto per lo più da valligiani di ogni età, dagli studenti degli istituti superiori ai pensionati, ai lavoratori che venivano a dare una mano in pausa pranzo o che si prendevano addirittura permessi e ferie per essere presenti tutto il giorno. La A32 è stata occupata in modo pacifico lunedì dopo il gravissimo incidente del compagno Luca Abbà e su di essa sono stati costruiti dei blocchi con assi di legno, tronchi, paglia e pezzi di guardrail in modo da poterne garantire la chiusura.
Quando, ieri pomeriggio (29 febbraio), erano le 16,00 circa, abbiamo sentito che si avvicinava il rumore del rotore di un elicottero, nessuno si è spaventato, anzi con un enorme calma ci siamo organizzati salendo tutti sall’autostrada dalle rampe di accesso e decidendo poi tutti insieme il da farsi, ossia la resistenza pacifica. Compagne e compagni di ogni età si sono seduti per terra sulla carreggiata mentre dall’altro lato del blocco si vedevano arrivare i blindati di Polizia e Carabinieri che “scortavano” le ruspe. Noi eravamo tutti da un lato,quello in direzione Torino, ma sapevamo perfettamente che le forze dell’ordine sarebbero arrivate anche dall’altra direzione. E’ stato infatti proprio alle nostre spalle che la ruspa ha sfondato le barriere ed è scesa dalla rampa dell’autostrada verso il presidio sulla statale 25. In quell’istante molti di noi sono scesi dall’altra rampa di accesso, per provare ad evitare l’accerchiamento: la scena che ci si è presentata davanti agli occhi aveva qualcosa di apocalittico. La ruspa avanzava verso i manifestanti con i resti della paglia in fiamme del blocco che aveva sfondato e non dava impressione di volersi fermare neanche con la gente davanti. Lì è iniziato il primo lancio di lacrimogeni da parte degli agenti in tenuta antisommossa che avanzavano dietro il mezzo pesante. Ci siamo allontanati giusto il tempo di riprenderci dal gas, per poi riorganizzarci tutte e tutti, rigorosamente a volto scoperto e con le mani alzate sulla rampa di accesso dell’A32 presidiata da un idrante della polizia. Per ore siamo rimasti li a scandire slogan e ad attendere notizie dai compagni rimasti sulla carreggiata, che noi non riuscivamo a vedere perchè erano completamente circondati da Carabinieri e Polizia. Siamo stati lì con una tranquillità e una fermezza tali da dimostrare in pieno e di nuovo tutta la forza del movimento No Tav, mentre persone anziane, donne e uomini della Valle stavano saldi con le mani alzate davanti al cordone di polizia.Dopo aver controllato i documenti dei compagni trattenuti e averli portati via a forza, alcuni anche di peso, è iniziato uno dei momenti più bui della storia del nostro paese. Hanno provato per un po’ a spingerci indietro con gli scudi, ma senza esito, quindi sono stati azionati gli idranti, sono partite le cariche, violentissime, non di alleggerimento come si è letto sui giornali e sono stati lanciati lacrimogeni a tutto spiano in ogni direzione. I manifestanti si sono dispersi, inseguiti dalla polizia con gli idranti e con i lacrimogeni fin dentro un bar che si trova ad oltre 300 metri dal presidio.Sembrava una caccia all’uomo.Questo è il dialogo a cui accennava il Ministro dell’Interno, questi sono i metodi del governo tecnico.
Questo è ciò che accade quando valgono di più i profitti di pochi mafiosi rispetto alla democrazia.
La Valsusa però, come cantavamo ieri, paura non ne ha, per cui non sarà certo sufficiente questa azione degna del Cile di Pinochet a fermare il movimento No Tav che ormai da più di vent’anni lotta per un futuro migliore.