intervista di Mario Ajello | su il Messaggero del 16 ottobre
Roma – Oliviero Diliberto, uomo di legge, comunista, ieri era nel corteo e ha visto tutto.
Fascisti infiltrati, come dice spesso la sinistra quando esplode la violenza?
C’era di tutto, Black bloc, teppisti da stadio, devastatori senza etichette, provocatori, violenti. Un miscuglio esplosivo. Ma s’è trattato di poche persone. Cinquecento incappucciati contro duecentomila ragazzi indignati in maniera sacrosanta e pacifica.
I 200.000 non potevano essere più decisi nel respingere i 500?
I ragazzi hanno cercato di fare quel che potevano. Li ho visti con i miei occhi, mentre provavano a fermare i violenti. Ma se manca una struttura e un’organizzazione preposta a questo compito di vigilanza democratica, è molto difficile reagire. Stiamo parlando di ragazze e ragazzi, spesso giovanissimi, che non hanno nessuna abitudine alla violenza e al contrasto della violenza.
Davvero non potevano fare di più?
Se non c’è riuscita la polizia, non potevano riuscirci quei ragazzi.
Urge il ritorno dei katanga?
Gli organizzatori dovranno ora meditare su come strutturare i cortei. Occorre dotarsi di quello che una volta si chiamava servizio d’ordine. Come quello del PCI. Così si difendono, dai vandali e dai teppisti, i ragazzi che manifestano pacificamente la loro rabbia.
Gli indignati hanno ragione come dice Mario Draghi?
Certo che ce l’hanno. Ma non è Draghi che può dirlo. Lui è uno degli autori di quelle misure che stanno privando i giovani del loro futuro.
Che differenze vede rispetto alle violenze al G8 di Genova, dove ci scappò il morto?
Lì, abbiamo assistito al peggio, anche da parte delle forze dell’ordine. Qui, no. La cosa che davvero mi dispiace, oltre allo spettacolo delle devastazioni, è che adesso, anche in questa intervista, di queste violenze minoritarie si parla e non delle ragioni forti della stragrande maggioranza dei ragazzi in piazza.
Ma insieme ai giovani, lei non ha visto sfilare i soliti veterani d’ogni protesta e i soliti dirigenti di partito, fra cui anche lei?
Guardi, che ci fossero i politici è la cosa più normale del mondo. Visto che questo tipo di proteste sono politiche. E le spinte da cui nascono devono essere sempre di più intercettate, capite e tradotte in un’azione politica, anche nelle istituzioni democratiche.
E gli attempati in corteo?
La sofferenza riguarda tutte le generazioni. Gli stati europei, che si sono impoveriti dando i soldi alle banche, stanno chiedendo sacrifici e tagli a tutti i cittadini. Io ho partecipato alla manifestazione, prima ancora che come dirigente politico, come cittadino e lavoratore dell’istruzione.
Non può negare però che certa sinistra ha un rapporto ambiguo con la violenza.
Di sicuro non la sinistra cui io appartengo. Vengo da un partito, il PCI, di cui faceva parte Guido Rossa, l’operaio comunista ucciso dalle BR per aver scelto di stare dalla parte della democrazia.
E l’altra sinistra?
Io rispondo solo per me. Nel primo dei cortei di ieri, quello gioioso e numeroso, c’erano tante bandiere con la falce e il martello. Nel secondo, il colore dominante era il nero. Guarda caso.