riceviamo e pubblichiamo
di Aginform
L’attenzione si è concentrata in questi mesi, com’è ovvio che fosse, sulle mosse del governo Meloni per capire cosa sarebbe successo dopo la sua vittoria elettorale e come si sarebbe dislocato lo scontro politico. La discussione però ha riguardato anche la prospettiva delle elezioni regionali di febbraio, trattandosi di due regioni come la Lombardia e il Lazio che sono le maggiori per popolazione e per l’importanza economica e istituzionale che rivestono. Sembrava che le cose fossero scontate e cioè che la destra, anche sulla scia del risultato nazionale, avrebbe vinto tranquillamente, non solo perchè in Lombardia è forte, ma anche e soprattutto perchè a contrastarla c’era una condizione di frantumazione dello schieramento alternativo.
La partenza è stata questa, ma poi il dibattito politico si è animato e, cosa interessante, a Milano la Moratti ha diviso la destra, mentre PD e 5 Stelle hanno raggiunto un accordo. In Lombardia la partita si è dunque riaperta e il candidato piddino Maiorino è riuscito a sfuggire alla trappola Moratti-Calenda, anche se la destra sembra favorita. Da aggiungere inoltre che l’accordo del PD con i 5 Stelle è andato di fatto controcorrente rispetto alla tendenza nazionale e il risultato peserà anche negli equilibri interni del partito di Letta e sulle sue prospettive future.
Diversa è la questione del Lazio, dove si sono andati concentrando diversi problemi che assumono un carattere politico rilevante. Quelli più evidenti e immediati riguardano il carattere delle liste. Da una parte il centrodestra, con un candidato anonimo quanto screditato, dall’altra la lista Calenda-D’Amato che si è posta al centro della scena pretendendo di coagulare intorno a sè l’opposizione alla destra, cosa che, fortunatamente, si è rivelata impossibile.
Una lista condizionata da Calenda ha ovviamente un segno che con la sinistra non ha nulla a che spartire e il PD per avere l’appoggio di Azione ha dovuto fare una scelta chiara e netta. Ma perchè ha scelto questa strada?
Non è stato un caso. A Roma, con la vicenda dell’ex sindaco Marino e con l’elezione di Gualtieri, in contrapposizione brutale alla sindaca uscente Raggi dei 5 Stelle, il partito democratico ha espresso il peggio della sua vocazione di potere e la scelta di Calenda fa parte di una chiara intenzione di gestire le cose senza tener conto di strategie alternative. Prendere o lasciare, con me o contro di me, parrebbe dire il PD. Senonchè i 5 Stelle, giustamente, non sono stati al gioco e hanno presentato una candidata alternativa, Donatella Bianchi dell’area ambientalista. Ora i sondaggi, per quello che possono valere, ci dicono che lo schieramento di destra è al 43%, il PD-Calenda al 38% e la candidata 5 Stelle a più del 18%, un risultato questo di tutto rispetto. Ma la cosa non finisce qui perchè – ed è la prima volta – i 5 Stelle vanno al voto con una lista collegata che si chiama Polo progressista-sinistra ecologista quindi non con una fisionomia ‘storica’, ma presentandosi come una lista di sinistra contrapposta a quel partito democratico il cui candidato è stato scelto di fatto da Calenda.
Qual è dunque la novità che bisogna cogliere in questa vicenda?
E’ la prima volta che a sinistra si va configurando uno schieramento elettorale non più condizionato dal modello centro-sinistra, ma da un’alternativa a quel tipo di schieramento e questo fatto ha varie implicazioni. Una riguarda la possibile e clamorosa sconfitta del PD, il quale ha due modi di perdere: da un lato la sconfitta rispetto alla destra alla guida della regione Lazio, dall’altro la possibilità di trovarsi di fronte a un risultato positivo dei 5 Stelle – polo progressista che diventerebbe un’indicazione attraente per chi avesse capito che questa è la strada da imboccare per il futuro, abbandonando il PD alla sua deriva liberista e dissolutoria. Con buona pace di coloro, come il sociologo di sinistra De Masi, che in queste settimane inseguendo un progetto unitario illusorio si sono spesi per un’unità che non aveva né basi né programma credibili.
Nel Lazio alle elezioni regionali di febbraio solo l’affermazione della lista 5 Stelle più polo progressista collegato e la sconfitta del progetto Calenda-D’amato può riaprire i giochi anche rispetto alla destra del candidato Rocca. La vicenda dell’alleanza Azione-PD prometteva, a sinistra, una forte astensione. Ora bisogna convincersi che la strada da battere è un’altra e seguire con attenzione il passaggio politico che si va delineando.
E chi ha orecchie intenda.
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