LA GUERRA PER PROCURA NON SI FERMA. Drammatica emergenza umana e sociale.

Un intervento che, seppur troppo affrettato nel definire responsabilità e massacri della guerra, dimostra l’impegno di una parte del mondo sindacale contro l’escalation bellica legando questa battaglia a quella sociale e per il lavoro

di Giacinto Botti, Referente nazionale di Lavoro Società per una Cgil unita e plurale

da Sinistra Sindacale n. 9/2022

‘Se  vuoi la Pace,  prepara  la  Pace’:  non  lo  si  fa  inviando  armi e aumentando le spese militari.  Lo  diciamo  al  presidente Draghi e al governo: per  far  cessare  il  fuoco  non  ci  si  mette  al servizio degli interessi di Usa e Nato, diventando  cobelligeranti  nel  conflitto  tra  due  superpotenze,  ma  si  assume  un  ruolo  diplomatico.  Il  nostro  presidente  del Consiglio, che mantiene un atteggiamento di sudditanza e di ambiguità sulla guerra, deve spiegare al Parlamento e al popolo italiano scelte e indirizzi futuri.

La Pace, la diplomazia devono essere le priorità per l’Italia e per l’Europa, dissociandosi da chi vuole usare la guerra, il sacrificio del popolo ucraino per umiliare la Russia e cambiare dall’esterno il suo sistema politico, economico e sociale.

Sappiamo chi invade e chi è stato invaso, e le responsabilità dei massacri, ma un conflitto per procura, finalizzato a interessi geopolitici è vigliacco e miserevole. La guerra in Europa ha una sempre più stretta relazione con la questione sociale, con le condizioni materiali delle persone, con  il  nostro  futuro.  Siamo  già  in  un’economia  di  guerra,  in  un’informazione  di guerra e persino in una democrazia di guerra. Si umilia la Costituzione, si svuota il Parlamento e si piega l’informazione pubblica  al  pensiero  unico,  censurando  conduttori  e  trasmissioni  libere  e  pluraliste. Il popolo sovrano, in maggioranza contro  l’invio  di  armi  e  l’aumento  della  spesa militare, non conta nulla.

Il governo, gravemente inadempiente per  composizione  e  scelta  di  campo,  dirotta  risorse  verso  gli  armamenti  distogliendole da bisogni sociali e investimeneti pubblici. Non combatte le storture che generano arretratezza, dipendenza energetica e agro-alimentare, crisi industriali e insopportabili diseguaglianze.

L’Italia  è  in  recessione,  aumentano  inflazione,  prezzi  e  tariffe.  Arretra  lo  stato  sociale  e  cala  il  potere  d’acquisto  di salari e pensioni. L’emergenza pandemica non è finita, e incombe quella ambientale che, insieme alla guerra, produce nuove migrazioni di chi fugge da fame e  conflitti.

Alla  situazione  economica  e  sociale,  già  critica  e  acuita  dalla  guerra  e  dalle  sanzioni,  non  si  può  rispondere  con  vecchie  ricette,  bonus  o  interventi  spot, facendone ancora pagare il prezzo ai meno abbienti, ai pensionati e al mondo del lavoro.

Siamo  in  una  nuova  fase  e  la  Cgil,  che  rilancia  la  mobilitazione  contro  la  guerra  e  le  sue  tragiche  conseguenze,  vuole, deve essere protagonista del cambiamento. Daremo vita a una nuova mobilitazione, in continuità con lo sciopero generale del 16 dicembre, con incontri e assemblee in tutti i luoghi di lavoro. Costruiremo  una  consapevolezza  collettiva  della  grave  situazione  sociale  ed  economica,  torneremo  nelle  piazze  per  dare  voce a chi non ne ha, risposte collettive e di rappresentanza confederale nel nostro quadrato rosso.

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