di Marco Pondrelli
Come avevamo previsto l’indignazione per l’ultima strage sul lavoro è durata molto poco. Oggi, 1° maggio, sicuramente il tema sarà affrontato per poi essere nuovamente dimenticato. Il lavoro dipendente negli ultimi 30 anni ha subito colpi durissimi, gli accordi di luglio del ’92-’93 hanno avviato un percorso che ha portato ad una redistribuzione della ricchezza dai salari ai profitti. In un bel libro Guendalina Anzolin e Simone Gasperin hanno raccontato l’Italia attraverso i numeri, la realtà, a parte la retorica politica e le mance elettorali, è che in Italia il 12% dei lavoratori vive in condizione di povertà. Abbiamo raggiunto il modello americano con i woorking poor, quando sentiamo ripetere la retorica confindustriale contro il reddito di cittadinanza che disincentiverebbe a cercare lavoro, ma il problema sono i salari bassi (anzi da fame), l’Italia è l’unico Paese in Europa in cui i salari dal 1990 al 2020 sono diminuiti (-2,9%).
Il mondo del lavoro è stato colpito pesantemente anche con lo smantellamento del welfare, con la sanità viaggia spedita verso il modello americano. Fra assicurazioni private e tagli al pubblico si sta dividendo in due il Paese con una fascia della società protetta e garantita e una parte (la maggioranza) che deve curarsi nel pubblico con tempi che stanno divenendo intollerabili.
Se la convinzione di Trentin era che si poteva discutere sui salari ma avendo in cambio maggiori diritti, possiamo dire che le cose sono andate molto diversamente da come auspicato dell’allora Segretario della CGIL. Assieme ai salari sono calati i diritti. La sicurezza sul lavoro è un diritto che difficilmente può essere fatto valere quando il lavoro non è più tutelato.
La situazione è drammatica e richiede una risposta dura e decisa. L’orizzonte non può essere quello della concertazione, non si possono risolvere i problemi riproponendo le stesse soluzioni che li hanno prodotti. Dobbiamo riscoprire il conflitto di classe, Warren Buffetf ha detto che la lotta di classe esiste ancora ed è la sua classe che la sta vincendo, non possiamo continuare a cedere. Negli ultimi 30 anni anche importanti battaglie che sono state fatte sono sempre state difensive, è ora di cambiare questo schema dobbiamo ritornare all’attacco chiedere aumenti salariali con riduzione dell’orario di lavoro, un rilancio del welfare, maggiori diritti sul posto di lavoro e dobbiamo fare questo unendolo alla lotta per la pace. Meno soldi per la guerra più per lavoratori e lavoratrici.
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