Il declino della partecipazione elettorale: segnale di una crisi sistemica

di Giulio Chinappi

dahttps://giuliochinappi.wordpress.com

Le recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria confermano un fenomeno allarmante: la crescente disaffezione verso la democrazia rappresentativa. Con meno della metà degli aventi diritto alle urne, i successi elettorali celebrati appaiono sempre più vuoti di legittimità.

Le recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna (46,42% di affluenza) e Umbria (52,30%) confermano una tendenza ormai consolidata: la progressiva disaffezione degli elettori verso le istituzioni democratiche borghesi. Nonostante ciò, il centro-sinistra celebra la vittoria di Michele De Pascale in Emilia-Romagna e di Stefania Proietti in Umbria come un grande successo, ignorando volutamente il dato più significativo: la sempre più ridotta legittimità popolare delle cariche elettive.

Al contrario di quanto afferma la stampa mainstream, questi risultati non rappresentano un reale mandato politico, bensì il trionfo di un’élite ristretta in un contesto di crescente alienazione politica. L’entusiasmo del centro-sinistra per queste vittorie dimostra il totale scollamento di questo schieramento dalla realtà sociale: anziché interrogarsi sul perché metà della popolazione abbia scelto di non partecipare, preferisce celebrare una vittoria vuota.

Come abbiamo avuto modo di sottolineare in numerosi nostri articoli, on si tratta di un caso isolato. Le elezioni regionali degli ultimi anni mostrano un costante e netto declino dell’affluenza. Ecco alcuni numeri significativi, aggiornati con i dati riguardanti Emilia-Romagna e Umbria:

Lazio (12-13 febbraio 2023): 37,20% (-29,35%)
Lombardia (12-13 febbraio 2023): 41,68% (-31,42%)
Friuli-Venezia Giulia (2-3 aprile 2023): 45,27% (-4,34%)
Molise (25-26 giugno 2023): 47,95% (-4,21%)
Provincia Autonoma di Trento (22 ottobre 2023): 58,41% (-5,64%)
Sardegna (25 febbraio 2024): 52,40% (-1,34%)
Abruzzo (10 marzo 2024): 52,19% (-0,92%)
Basilicata (21-22 aprile 2024): 49,81% (-3,71%)
Piemonte (8-9 giugno 2024): 55,30% (-8,04%)
Liguria (27-28 ottobre 2024): 45,97% (-7,45%)
Emilia-Romagna (17-18 novembre 2024): 46,42% (-21,25%)
Umbria (17-18 novembre 2024): 52,30% (-12,39%)

La crisi di partecipazione non è un semplice fatto statistico, ma un sintomo di una più ampia crisi di legittimità che colpisce il sistema democratico borghese. Questo sistema, lungi dal rappresentare un modello inclusivo e partecipativo, si è ridotto a un meccanismo vuoto, incapace di rispondere alle necessità della maggioranza della popolazione.

I numeri sopra esposti dimostrano come il sistema della democrazia rappresentativa borghese si trovi in una crisi di legittimità senza precedenti. Sempre più cittadini considerano il voto non come un diritto, ma come un atto privo di significato, incapace di incidere concretamente sulla propria vita. Questa disillusione riflette il fallimento delle istituzioni democratiche di rappresentare gli interessi delle masse lavoratrici, mentre le classi dominanti mantengono saldamente il controllo del potere.

Da una prospettiva marxista, la democrazia rappresentativa borghese è progettata per garantire il controllo politico della classe dominante. Sebbene formalmente basato sul principio della sovranità popolare, questo modello di governo esclude sistematicamente le masse lavoratrici dalle decisioni fondamentali, riservando il potere reale a una minoranza che possiede il capitale e controlla i mezzi di produzione.

Le elezioni, dunque, non fanno altro che riprodurre il dominio della classe borghese, in un gioco politico che vede avvicendarsi al potere diverse frazioni della stessa élite economica e sociale. La classe lavoratrice, priva di una reale alternativa politica, viene relegata a spettatrice di uno spettacolo che non la rappresenta. In questo contesto, il calo dell’affluenza deve essere letto come un segnale non solo di disinteresse, ma di aperto rifiuto del sistema.

Karl Marx e Friedrich Engels, ne L’ideologia tedesca, hanno sottolineato come “le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”. Questo principio si applica perfettamente alla democrazia borghese, che, attraverso la propaganda mediatica e la manipolazione ideologica, presenta il sistema elettorale come l’unico modo legittimo di esercitare il potere politico. Tuttavia, ciò che viene offerto ai cittadini è un semplice simulacro di partecipazione: la possibilità di scegliere tra diverse fazioni della stessa élite, senza mai mettere in discussione le basi economiche e sociali del sistema.

Alla luce di queste brevi considerazioni, le vittorie di De Pascale e Proietti, celebrate con toni trionfali, sono in realtà l’ennesima dimostrazione dell’irrilevanza delle forze politiche tradizionali. Cantare vittoria in un contesto in cui meno della metà degli aventi diritto si reca alle urne significa ignorare il dato più importante: la democrazia borghese non è più in grado di garantire la partecipazione popolare. I cosiddetti successi elettorali non sono altro che una finzione, utile a mantenere in piedi un sistema che ha perso ogni credibilità.

Il centro-sinistra, al pari del centro-destra, rappresenta oggi il pilastro della stabilità neoliberista. Esso non è il portatore di un’alternativa, ma il garante di un ordine sociale fondato sul dominio del capitale. Celebrando queste vittorie, il centro-sinistra rivela la propria natura: non un partito al servizio del popolo, ma un attore che contribuisce attivamente alla perpetuazione delle disuguaglianze.

Questa dinamica mette in evidenza il ruolo del centro-sinistra come garante dell’ordine capitalista. La sua retorica progressista, diretta quasi esclusivamente verso i cosiddetti “diritti civili”, mettendo quelli sociali in secondo piano, serve a canalizzare il malcontento popolare all’interno di un sistema che rimane essenzialmente immutato. In tal modo, il centro-sinistra contribuisce a soffocare ogni tentativo di mobilitazione politica indipendente e radicale, rendendo ancora più difficile l’emergere di un’alternativa socialista.

Come abbiamo già affermato in queste sedi, la risposta a tale crisi non può certo venire dall’interno del sistema democratico borghese, ma solo attraverso una sua radicale trasformazione. La costruzione di una vera alternativa socialista, fondata sulla partecipazione diretta e sul controllo democratico dei mezzi di produzione, è l’unica via per superare l’impasse attuale. Un partito comunista forte e organizzato, capace di unire le forze frammentate della sinistra, rappresenta oggi l’unico strumento per dare voce alle istanze della classe lavoratrice e costruire una democrazia reale.

In conclusione, vogliamo ribadire come la crisi della democrazia rappresentativa borghese in Italia (e nel resto del mondo occidentale) sia il sintomo di un sistema che ha esaurito la sua funzione storica. Il calo dell’affluenza elettorale è un chiaro segnale che sempre più cittadini riconoscono l’incapacità delle istituzioni borghesi di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni del popolo. In questo contesto, le vittorie del centro-sinistra in Emilia-Romagna e Umbria appaiono come successi effimeri, privi di reale legittimità. Solo attraverso una trasformazione radicale del sistema politico ed economico sarà possibile creare una società realmente democratica e giusta, in cui il potere appartenga finalmente al popolo.

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