Il 4 novembre in piazza. Contro la “guerra esterna” e quella che fanno a noi!

di Josè Nivoi Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova

da https://contropiano.org

Il 4 novembre sarà una manifestazione per la pace, ma sarà anche una manifestazione in cui non ci saranno ambiguità di sorta. 

Siamo contro tutte le guerre, siamo internazionalisti e quindi appoggiamo il diritto dei popoli oppressi e brutalizzati dal colonialismo, come i palestinesi, alla resistenza, siamo per l’uscita dell’Italia dalla Nato in quanto non abbiamo dubbi sul ruolo nefasto esercitato da questa organizzazione, che è nata e si è sviluppata, per garantire il dominio dell’imperialismo USA e occidentale sul resto del mondo.

Qualche anno fa, con il CALP decidemmo di bloccare alcune navi saudite che trasportavano armi in Yemen, dove, sulla popolazione, si stava scatenando l’inferno di una delle tante guerre dimenticate in questi anni. 

Raccoglievamo quindi un testimone che non era mai stato perduto, quello lasciato dai portuali genovesi che bloccavano le armi americane dirette in Vietnam, usate per tentare, senza riuscirci, di sconfiggere l’eroica resistenza antimperialista di quel popolo.

Oggi la guerra in Ucraina, condotta per procura occidentale, continua e la situazione a Gaza, con il genocidio dei palestinesi, fa risultare ancora meglio come alcune delle intuizioni che avevamo avuto anni prima si sono, purtroppo, avverate. 

Da molto tempo infatti segnalavamo aumento di traffici di armi nei porti, non era difficile capire per noi che le guerre non scoppiano da un giorno all’altro ma vengono preparate nel tempo. 

Nel 2021, con l’aiuto e la collaborazione attiva dei compagni portuali di Livorno e Napoli, boicottammo una nave israeliana che portava armi utili per la guerra che continua da decenni contro i Palestinesi. 

Allora scoppiò un caso diplomatico: il governo israeliano non poteva tollerare che, in Italia, un gruppo di lavoratori si frapponesse ai propri piani di dominio e sterminio. 

Allora provarono a spaventarci, senza risultati, e il 4 novembre raccoglieremo dunque l’appello dei nostri compagni dei sindacati palestinesi, a lottare e a opporci con tutta la nostra forza a questa guerra, boicottandola praticamente con i mezzi che abbiamo a disposizione.

La manifestazione del 4 novembre, per questi motivi è dunque una manifestazione nostra. A cui non possiamo mancare e che si inserisce in una campagna che si è aperta il 25 febbraio con la manifestazione contro la guerra in Ucraina di Genova, che è continuata con la giornata del 24 giugno a Roma contro le politiche del governo Meloni, con la manifestazione di Coltano di pochi giorni fa. 

E che si interseca con le straordinarie manifestazioni di solidarietà con la Palestina che si tengono a ritmo serrato e con numeri di partecipazione molto alti in Italia, in Europa e nel resto del mondo.

Manifestazioni che sono la rappresentazione di una rabbia verso un sistema che continua a cercare di imporre il proprio dominio nel mondo schiacciando le legittime aspirazioni di milioni di persone nel pianeta, che accompagna l’impegno alla guerra con i tagli ai servizi, alla sicurezza sociale, ai salari, alla sanità e alla scuola.

Per noi la guerra esterna e la guerra interna contro i lavoratori sono la stessa cosa. Manifestare il 4 novembre deve essere una priorità non slegata dalla lotta contro le nubi sempre più nere che si addensano sui lavoratori. 

Proprio in questi giorni, si precisa come il governo sia intenzionato a stringere ancora di più il cappio ai lavoratori portuali procedendo con una più estesa privatizzazione delle banchine. Cosa alla quale, come USB Porti ci opporremo duramente.

Unire le lotte e le mobilitazioni contro la guerra e l’imperialismo e contro l’attacco alle condizioni di vita. Lo si può fare se diversi settori si incontrano, comprendono che il loro problema è il problema di tutti e lottano insieme.

Come stiamo facendo cercando di unire le rivendicazioni contro la filiera bellica in Italia, dalla logistica nei porti, attraverso la lotta degli studenti contro l’invadenza del sistema militare nelle scuole e nelle università, fino ai lavoratori delle fabbriche di armi.

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