di Francesco Galofaro, Università IULM di Milano
A urne chiuse e risultato consolidato, mi propongo una non semplice riflessione sulle scorse amministrative. Se la vittoria del centrodestra guidato da Giorgia Meloni è netta, lo sono molto meno le possibili cause e soluzioni per le numerose formazioni che, con progetti e programmi molto diversi, si oppongono al governo. La sconfitta è spesso usata per dimostrare i teoremi più astrusi: così alcuni giornalisti di Repubblica e della Stampa hanno sostenuto che il cattivo risultato del PD fosse da imputarsi allo scarso sostegno a Fabio Fazio e a Lucia Annunziata e hanno invitato Elly Schlein all’unità coi Cinquestelle ma anche a non deludere le istanze degli elettori moderati e centristi; al contrario, secondo la mia lettura gli elettori si sono espressi chiaramente contro le soluzioni di compromesso.
Mi baserò prevalentemente su dati dell’Istituto Cattaneo circa i flussi elettorali disponibili. Il primo dato da considerare è l’astensionismo: 59% al primo turno, al 49% al secondo. Conferma la disaffezione degli italiani (alle politiche aveva votato il 64% degli elettori). Si tratta di un calo storico che ha origine nel 2008 e riguarda soprattutto le città del nord. Come vedremo, si astengono elettori di destra o di sinistra a seconda di quanto risulti convincente la formula politica proposta localmente. Non c’è un “partito degli astenuti”.
A Brescia il centrosinistra aveva già vinto al primo turno presentando la vicesindaco Laura Castelletti in continuità con l’amministrazione precedente. L’astensionismo ha punito il centrodestra. Inoltre, la coalizione di centrosinistra guadagna il 4,5% degli elettori che nel ’22 avevano votato Cinquestelle, nonostante questi sostenessero un candidato alternativo sostenuto anche da Unione popolare e PCI, un esperimento il cui risultato complessivo (2,48%) non ha portato seggi.
Vicenza è l’unico comune di grandi dimensioni dove il centrosinistra si è affermato ai ballottaggi – l’amministrazione precedente era di centrodestra. Giacomo Possamai era sostenuto, oltre che dal PD, da una serie di liste civiche. Ha vinto al secondo turno grazie ai voti che queste hanno strappato all’astensione, nonostante i voti degli elettori di Azione e Italia viva siano andati in gran parte al centro destra. Invece, né il M5S (1,69%) né la lista PCI – UP – Partito del sud (0,81%) hanno convinto gli astenuti a tornare alle urne.
Ancona rappresenta un caso speculare a quello di Vicenza: il centrodestra si afferma sull’amministrazione uscente di Sinistra. L’elettorato di centrodestra non si è astenuto e ha sostenuto in massa il nuovo sindaco Daniele Silvetti. Non strappa un seggio l’outsider M5S, fermo al 3,64%.
Pisa rappresenta un esperimento fallito. Michele Conti (centrodestra) ha battuto un centrosinistra alla Elly Schlein, sostenuto da Cinquestelle e PD. Unione Popolare e la lista Città in comune guadagnano un seggio arrivando al 6,73%. Gli elettori Cinquestelle si sono in gran parte astenuti, mentre hanno preferito il centrodestra non solo gli elettori di Azione e Italia viva, ma anche una parte di elettori che aveva votato la coalizione delle politiche PD, Sinistra italiana e +Europa. In qualche modo, dunque, il PD di Elly Schlein perde il centro ma non convince la sinistra. Sarebbe interessante guardare anche chi sono gli elettori dei diversi schieramenti. Come nota Federico Giusti su La città futura, la destra vince nei quartieri popolari mentre la sinistra moderata si arrocca nella ZTL.
In questo senso, esperimento fallito anche a Brindisi, dove il candidato Cinquestelle sostenuto dal PD Roberto Fusco è stato battuto al ballottaggio dal candidato di centrodestra. Non ha convinto gli elettori della lista Alleanza verdi, sinistra, Brindisi bene comune che al primo turno aveva ottenuto il 10,14%. Al contrario, a Teramo l’alleanza PD – Cinquestelle aveva pagato già al primo turno, consolidando un rapporto nati ai ballottaggi delle precedenti elezioni del 2018.
Qualche considerazione: la vittoria di Fratelli d’Italia alle politiche portava con sé un potenziale problema di radicamento dovuto a un voto a una forza politica lievitata all’improvviso che in gran parte esprimeva la volontà di chiudere la stagione di Mario Draghi e del governo tecnico. Nonostante questo, FdI è il primo partito della coalizione ad Ancona (18,60%), a Pisa (17,04%) e perfino dove perde, a Brescia (16,52%). I numeri raccontano un partito che sfrutta il momento favorevole per radicarsi, in grado di promuovere una classe dirigente a livello locale.
Non c’è stato l’atteso “effetto Schlein”. Se la nuova segretaria PD ha ribaltato nei sondaggi i rapporti di forza con i Cinquestelle, nel mondo reale le coalizioni tra i due partiti non hanno convinto gli elettori. La “società civile” che ribalta i risultati congressuali alle primarie è in realtà il partito della ZTL: una ristretta cerchia di liberi professionisti, intellettuali bo-bo, dirigenti, che si esprime in inglese (smart city), va al lavoro in bicicletta, con l’auto elettrica o col treno ad Alta velocità (laddove corregge presentazioni powerpoint col tablet Samsung nella carrozza-silenzio), ha un appuntamento settimanale col dietologo pagato dall’assicurazione privata e si indigna per i diritti negati della colf filippina e del cane da borsetta. Si tratta di una frazione di elettori che gode di visibilità inversamente proporzionale alla propria confidenza con la classe lavoratrice che parla in dialetto, va al lavoro con l’utilitaria di seconda mano o stipata in un bus che sembra una scatola di sardine, non trova un appuntamento col medico pubblico prima di nove mesi, non può permettersi di mantenere un bastardo pulcioso e pulisce case altrui come secondo lavoro.
Per quanto riguarda l’alternativa, Cinquestelle, UP o PCI non ottengono risultati né insieme né divisi. A livello locale, il voto dei cittadini è poco ideologico e maggiormente rivolto a questioni concrete, che ricadono sulle loro vite quotidiane, e queste forze non hanno grandi esperienze amministrative e radicamento sul territorio.
La dinamica dell’astensione è molto legata all’attuale incapacità di forze “terze” di scardinare il bipolarismo a livello locale. L’astensione non èuna protesta contro il sistema: si astengono gli elettori di centrosinistra o quelli di centrodestra a seconda della credibilità dei propri candidati e delle proprie coalizioni. Di conseguenza, il doppio turno, che per molti anni ha premiato la sinistra moderata rappresentando uno strumento di ricatto nei confronti degli elettori di radicali, non sembra più in grado di penalizzare il centrodestra. In gran parte, gli elettori di sinistra e Cinquestelle preferiscono astenersi piuttosto che sostenere coalizioni improvvisate ed eterogenee; allo stesso modo, gli elettori di centro non hanno problemi a votare candidati di destra, che nessuno ormai considera il “male peggiore”.
Nel complesso, non si profila all’orizzonte un ribaltamento della coalizione di governo, la quale ha l’opportunità di consolidare il blocco storico che la sostiene; specularmente, non si vede un’opposizione in grado di formulare un programma credibile per intercettare il voto popolare. La prospettiva di mutamento è legata ad altri fattori: in particolare, il referendum sulla guerra può essere il collante per tutti coloro che pagano il prezzo della fedeltà atlantica sbandierata dalla premier e il volano per creare una rete di comunicazione nazionale in vista di progetti politici solidi e ambiziosi nel prossimo futuro.
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