L’Italia in stagnazione

italia crisi graficoRiceviamo e pubblichiamo

di Francesco Fustaneo

La crisi di governo consegna in piena estate al popolo italiano un probabile nuovo esecutivo con Conte premier (per la seconda volta), sostenuto dall’inconsueta alleanza M5s-P.d., compagine di governo che qualora dovesse ricevere la fiducia parlamentare si troverebbe a dover affrontare un problema ormai divenuto cronico, quello della stagnazione economica.

“Nel secondo trimestre del 2019 il prodotto interno lordo (Pil) – si legge infatti nel comunicato ufficiale pubblicato dall’Istat lo scorso 30 agosto 2019 – è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed è diminuito dello 0,1% nei confronti del secondo trimestre del 2018.

La variazione congiunturale del Pil diffusa in occasione della stima preliminare del 31 luglio 2019 era risultata anch’essa pari a zero; in quell’occasione la variazione tendenziale risultava nulla. Il secondo trimestre del 2019 ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al secondo trimestre del 2018. La variazione acquisita per il 2019 è pari a zero.”

Rispetto al trimestre precedente invece sarebbero cresciuti dell’1,9% gli investimenti fissi lordi, le esportazioni dell’1% e le importazioni dell’1,1%. Di contro rimangono fermi i consumi, come da tempo denuncia Confcommercio che ne lamenta una ormai prolungata “scarsa dinamicità”.

L’economia italiana continua dunque a rimanere al palo: il nostro è l’unico grande paese dell’eurozona che praticamente non è mai uscito dalla recessione di 10 anni fa.

Anche sul fronte del mercato del lavoro le notizie non sono delle più entusiasmanti.

Sempre l’Istat, dopo la crescita registrata nei primi mesi dell’anno, certifica che “a luglio 2019 la stima degli occupati risulta in lieve calo rispetto al mese precedente; il tasso di occupazione passa al 59,1% (-0,1 punti percentuali)”. Sarebbero 18.000 le unità occupate in meno sul mese di luglio. Instabilità politica e stagnazione iniziano dunque ad avere effetti nefasti anche sul mercato occupazionale.

La decrescita dell’occupazione investe principalmente la fascia anagrafica compresa tra i 35 e i 49 anni: – 45mila occupati sul mese, – 198mila sull’anno. Un ruolo determinante qui hanno giocato le crisi aziendali, certificate dal boom della C.i.g.s. (Cassa integrazione guadagni straordinaria).

Dopo quattro mesi di crescita, diminuiscono i lavoratori dipendenti sia a tempo indeterminato che con contratti a termine, mentre aumentano gli autonomi. Nell’ultimo mese l’Istituto stima poi un aumento dei disoccupati e una flessione degli inattivi.

A fronte di tale desolante scenario urgono più che mai misure di rilancio, in primis infrastrutturali per sostenere una ripresa economica che da troppo tempo ormai tarda ad arrivare; norme per ridurre la precarietà lavorativa, interventi legislativi coraggiosi per eliminare quei vincoli europei che da anni comprimono la nostra economia. La domanda da porsi però è: chi sarà al governo domani attuerà tali politiche se fino a ieri le ha disattese?.

Francesco Fustaneo