da http://pensierieconomici.blogspot.com
Dalla nascita del governo Monti si parla in maniera insistente delle liberalizzazioni. Attraverso le liberalizzazioni sarebbe infatti possibile, secondo i sostenitori, coniugare l’austerità imposta sui conti pubblici con la crescita: l’aumento delle tasse e la riduzione della spesa pubblica provocheranno una ovvia diminuzione del Pil, la ricchezza prodotta, mentre le liberalizzazioni sarebbero la via per riuscire a ottenere la crescita del Pil nonostante le manovre di austerità.
Voglio qui concentrarmi sulla liberalizzazione del trasporto ferroviario, decisa dall’Europa alcuni anni fa. Questa permette a tutti gli operatori pubblici e privati di competere liberamente sul mercato, senza che esistano restrizioni o riserve.
Le Monde e il Guardian Weekly osservano che :
“”Fixed costs are very high in this sector,” says Didier Bréchemier, at the strategy consultants Roland Berger. “All the companies pay the same rates for using the track or for safety. It is really difficult to achieve differentiation on the basis of price. Apparently, the only solution is to target a few particularly profitable market segments, such as business travellers.”
[“I costi fissi sono molto alti in questo settore”, ci dice Didier Bréchemier, consulente per le strategie alla Roland Berger. “Tutte le aziende pagano le stesse tariffe per l’utilizzo delle linee e per la sicurezza. E’ davvero difficile realizzare una vera differenziazione basata sul prezzo. Apparentemente, l’unica soluzione è quella di mirare a pochi segmenti di mercato particolarmente profittevoli, come quello dei viaggiatori per lavoro”]
L’arrivo della concorrenza sul trasporto ferroviario porterebbe quindi benefici solamente a una parte particolare di clientela, quella in sostanza che può permettersi di pagare molto per il viaggio e che richiede servizi di alto livello sul treno. Servizi che oggi le aziende pubbliche non possono fornire, anche a causa della funzione pubblica che sono chiamate a svolgere.
Gli effetti delle liberalizzazioni però non si fermano a questo. L’arrivo di questi competitori (per l’Italia, gli Ntv di Montezemolo e Della Valle) obbligherà le aziende di trasporto pubblico a spostare risorse verso questi segmenti di mercato, a discapito del servizio pubblico, che si concentra sulle tratte pendolari e quelle non sufficientemente profittevoli o addirittura in perdita. Questo significherà ovviamente un peggioramento del servizio per gli utenti a basso reddito e una riduzione nel numero di corse disponibili. Si può ipotizzare che la cancellazione dei treni notte rientri in questo processo.
Quello che i due giornali non osservano sono gli effetti sul lavoro. Il lavoro infatti sembra l’unico costo davvero comprimibile. Se le compagnie private riuscissero ad ottenere un costo del lavoro più basso di quello attuale, queste riuscirebbero ad aumentare la loro profittabilità. Una via potrebbe essere quella di assumere lavoratori precari e di evitare che i propri lavoratori si sindacalizzino. Questo avrà l’effetto di indebolire immediatamente anche i lavoratori del servizio pubblico, uno dei settori dove la presenza del sindacato è ancora forte e significativa. In questa corsa al ribasso, oltre a diminuzioni dirette e indirette del salario, alcuni imprenditori potrebbero spingersi fino alla riduzione dei costi per la sicurezza, come purtroppo si è visto in altri settori, con un ovvio aumento della mortalità e degli incidenti sul lavoro.
Bisogna fare due ulteriori osservazioni.
La prima riguarda l’accoglienza positiva che questa liberalizzazione ha avuto tra il pubblico. Questo è dovuto allo stato di abbandono in cui versano molti treni pendolari e le ferrovie meridionali. Non si può non osservare che la sistematica distruzione del servizio pubblico è necessaria al lancio dell’iniziativa privata. Se infatti il servizio pubblico si deteriora in maniera costante e significativa, il successivo ingresso dei privati verrà accolta, in un primo momento, con grande sollievo.
Questo processo ha due elementi significativi. Il primo è quello di aver trasformato, negli anni, le Ferrovie dello Stato (un ente pubblico) in una società di diritto privato, che ha come obiettivo, pur rimanendo nella proprietà pubblica, di fare profitti. Anche senza l’entrata dei privati, Trenitalia ha tagliato e peggiorato il servizio pubblico e pendolare, perché poco o scarsamente profittevole. Il secondo elemento è stata la concessione ai privati dell’utilizzo della rete ferroviaria. Come osserva Diliberto:
“La NTV (Nuovo Trasporto Viaggiatori) di Montezemolo e Della Valle ha ottenuto la licenza dal Governo Berlusconi senza gara d’appalto (come previsto da una legge assurda) per far circolare treni privati nella rete alta velocità costruita con soldi pubblici, pagando un canone che è la metà di quello francese e del tutto inadeguato a coprire i costi di manutenzione della rete.
La logica del mercato chiede allo Stato di costruire le reti (spendendo cifre colossali) per poi farle gestire ai privati (incassando cifre colossali). […] Infatti, negli ultimi anni sono stati soppressi moltissimi treni (-32% dal 2007), i prezzi dei biglietti sono aumentati (+46% dal 2001) e i treni regionali, quelli dei pendolari, versano i condizioni sempre più pazzesche”
La seconda osservazione è sulle parole. L’articolo del Guardian Weekly utilizza infatti la parola “deregulation”, tradotta spesso in italiano con liberalizzazione. E’ significativo osservare come sia ormai generalmente accettato che l’attuale crisi sia radicata nella deregulation iniziata all’epoca del presidente Ronald Reagan. Nel contempo, quando la deregulation è italiana, la si traduce con liberalizzazione dandone un’accezione positiva e la si presenta come la soluzione alla crisi e come via di crescita.