di Giorgio Langella
Il 12 febbraio di quest’anno l’ISTAT aveva diffuso la stima preliminare della crescita del PIL per il 2015. Era di uno 0,6%, inferiore allo 0,8% stimato da Renzi. Pochi giorni fa la stessa ISTAT rivedeva la stima del PIL 2015 dopo gli “aggiustamenti” relativi al 2014 e diffondeva il nuovo dato: la crescita per il 2015 era dello 0,8%, uguale a quella preannunciata da Renzi qualche settimana prima. A questo punto, il presidente del consiglio si lasciava andare a dichiarazioni entusiastiche del tipo «I numeri dimostrano che l’Italia è tornata. Non la lasceremo in mano ai catastrofisti che godono quando le cose vanno male» o «Con questo Governo le tasse vanno giù, gli occupati vanno su, le chiacchiere dei gufi invece stanno a zero». Ieri, infine, i nuovi dati forniti dall’ISTAT riconfermavano quelli del 12 febbraio e cioè che la crescita del PIL del 2015, “corretto gli effetti del calendario” si assesta sul +0,6%. In poche settimane i dati sono modificati in maniera sostanziale.
Si dirà che sono assestamenti dovuti a ricalcoli statistici e che, in definitiva, qualche decimo di punto non cambia le cose. Tutto vero, ma è comunque imbarazzante assistere a un balletto di cifre che viene sfruttato da un presidente del consiglio per dimostrare i suoi “clamorosi” successi e lasciarsi andare a quello che sa fare meglio e cioè alla propaganda e agli slogan.
Comunque tutti i dati dell’ISTAT mettevano il nostro paese in fondo alla classifica dell’andamento del PIL dei principali paesi europei. La realtà è ben diversa dagli annunci renziani. Fotografa un paese in forte difficoltà che viene governato senza prospettive di cambiamento. Un paese senza una politica seria, che segue la corrente senza neppure riuscire a rimanere al passo di altri paesi.
Fornire i dati a vanvera è proprio di governi incompetenti (o perlomeno inadeguati) che non sanno come affrontare la realtà.
Utilizzare slogan e frasi ad effetto per “fare politica” è proprio dei venditori di fumo.
Entusiasmarsi per una crescita di fatto inesistente (si tenga conto che, da qualche anno, la stima del PIL include alcune attività illegali come la commercializzazione della droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette e che questo comporta, secondo stime ISTAT del 2014, una rivalutazione del PIL pari a circa 1 punto percentuale) e farla passare per un successo è proprio dei regimi.