DOPO IL 25 SETTEMBRE. Nessuna tregua al governo e costruzione del Fronte politico costituzionale

pubblichiamo come contributo al dibattito

di Aginform

I risultati elettorali del 25 settembre, nonostante l’enfasi della destra, non delineano un quadro di sconfitta delle forze di opposizione che hanno combattuto il governo Draghi. L’esito elettorale è dovuto essenzialmente a un partito marcio fino al midollo, il PD, che ha bloccato ogni possibilità di contrapposizione di un ampio fronte politico e sociale all’avanzata della marea meloniana eterodiretta dai poteri liberisti a atlantisti.

Quando parliamo di sconfitta bisogna perciò valutare bene i rapporti di forza reali e questi ci dicono che i non votanti, comprensivi delle schede bianche e nulle, sono stati il 45% degli aventi diritto e la tenuta di Conte rappresenta, sulla base del programma annunciato dopo il voto, un punto di appoggio importante per la ricostruzione di un’opposizione all’altezza della situazione. Quando si dice punto di appoggio non si intende però che da oggi siamo tutti grillini, ma che il ruolo dei 5Stelle potrà essere trainante nello scontro e aggregare, come diremo più avanti un più ampio fronte politico e di lotte.

Se dal punto di vista generale i rapporti di forza ci dicono che numericamente la destra non è maggioritaria tra gli italiani (ne rappresenta meno il 30%) si mette in evidenza che è possibile stabilire nello scontro politico che ci aspetta una controtendenza che può incidere sui prossimi avvenimenti. Su questo dobbiamo avere fiducia anche perchè il nostro avversario ha problemi interni e oggettivi che premono.

Il fronte meloniano difatti non solo non può fidarsi dei suoi stessi alleati, ma non è in grado di manovrare in una situazione di forte crisi economica e internazionale. Che fine farà la Meloni di fronte a quell’elettorato popolare che l’ha individuata come alternativa alla logica del draghismo? Rischia, molto probabilmente, di farsi ricadere sui piedi il masso che ha sollevato portandola a palazzo Chigi. Su questi dati bisogna dunque ragionare e impostare il programma delle lotte che ci attendono. Lotte politiche e lotte rivendicative.

Sul piano politico non dobbiamo dimenticarci delle due cose essenziali, la guerra e le caratteristiche di Fratelli d’Italia. Sulla guerra c’è un enorme ritardo nelle iniziative e, come più volte abbiamo denunciato, a pesare sui ritardi concorre la posizione ambigua di una sinistra pacifista che invece di unire nella lotta contro il nemico vero, gli Stati Uniti d’America, falsificando la realtà accetta la posizione dell’avversario sulle responsabilità della Russia nel conflitto in Ucraina. Questa scelta crea confusione e indebolisce la risposta di chi è contro la guerra.

Dopo Draghi, Meloni è la nuova leader che eredita il testimone della guerra ed è intenzionata a portarla avanti aderendo completamente al diktat americano e NATO. Adesso il nemico ha dunque un volto e un nome contro il quale bisogna scatenare la rabbia degli italiani che sono contro la guerra e le sue conseguenze economiche. Ma la Meloni non è un avversario qualsiasi, bensì è espressione di quel post-fascismo che, non per caso, non ha rinunciato alla fiamma tricolore. FdI non è un partito costituzionale, ma la sopravvivenza di un’eredità che ne definisce la natura potenzialmente eversiva. Nella lotta bisogna tenerne conto e non arretrare rilasciando patenti di democraticità. L’Italia repubblicana e antifascista è stata sfidata e umiliata dal risultato di Fratelli d’Italia. Nel luglio 1960 la sfida fu raccolta con successo. Si vedrà ora se il movimento democratico e antifascista sarà in grado di rispondere allo stesso modo. E questo potrà avvenire se sapremo coniugare, senza retorica, lotte sociali e antifascismo inteso come opposizione dura a quello che la Meloni e la destra rappresentano nel programma e nella gestione del governo.

Diceva però il saggio che per attraversare il fiume bisogna costruire un ponte. E’ il caso dunque di pensare a come articolare l’opposizione a partire dai risultati del 25 settembre. A sinistra il risultato è stato l’apertura della crisi di egemonia del PD, la stabilizzazione di Conte e dei 5Stelle che diventano il riferimento di fatto dell’opposizione e la scomparsa delle liste acchiappavoti che hanno cercato, senza successo, di pescare in un’area di opposizione che alla fine si è dimostrata inconsistente.

Questi dati servono a valutare come affrontare una situazione che si mostra piuttosto interessante. Da una parte c’è la salutare crisi del PD che per fortuna sembra essere arrivato al capolinea. Sull’esito di questa crisi non si possono nutrire speranze. Si tratta di una macerazione interna che non offre sbocchi positivi perchè che le cricche che si confrontano sono profondamente liberiste e atlantiste. Il ‘rinnovamento’ sarà pura finzione.

La questione centrale rimane quella dei 5Stelle che si stanno configurando come un vero partito di opposizione e ciò può stimolare un raggruppamento di forze più consistente del 15% preso da Conte nelle urne.

Alla vigilia del voto avevamo previsto che la tenuta di Conte avrebbe innescato un processo nuovo a sinistra superando i sussulti elettoralistici minoritari e delineando una forza di opposizione vera che mette in crisi anche il ruolo storico del PD. A elezioni avvenute, sulla base dei risultati ottenuti sul campo, possiamo mettere mano alla definizione di un grande fronte costituzionale che ponga fine all’abbraccio mortale piddino e apra la strada alla riorganizzazione di ampi settori popolari, democratici e progressisti, definendo anche un programma che sia basato sui punti qualificanti della Costituzione del 1948: l’articolo 11 sulle relazioni internazionali, il carattere non liberista dell’economia e i principi che tutelano i lavoratori e i cittadini. Partire dunque sa questa piattaforma, che non è un elenco della spesa, ma una stella polare per tutto il costituendo fronte costituzionale.

Per ottenere il risultato bisogna però lavorare con una visione lucida su come procedere. Quando si parla di ampio fronte costituzionale (e antifascista) bisogna superare vecchi schemi e capire quali forze convogliare e in quali forme. A questo proposito quando Rosy Bindi e altri lanciano un appello all’unità della sinistra, aldilà delle intenzioni, ci portano fuori strada. Oggi nessuna unità è possibile con le forze liberiste e atlantiste rappresentate dal PD. Conte lo afferma, speriamo che mantenga il punto.

La sinistra popolare, democratica e pacifista è ben altra cosa. E’ questa sinistra che va oggi organizzata in forma permanente per una prospettiva che vada oltre gli orizzonti attuali e finalmente faccia uscire l’Italia da ipotesi minoritarie e velleitarie come quelle vissute con le elezioni del 25 settembre. Non è facile né scontato, ma ci auguriamo che si confermi ancora una volta il fatto che non è possibile riportare indietro la ruota della storia.

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