a cura della redazione di www.articolotre.com
Il magistrato palermitano ha partecipato ad un incontro all’Università di Bologna. “La mafia tratta spesso con lo Stato, e con l’ingresso nella Terza Repubblica potrebbe cercare nuovi riferimenti politici”.
26 novembre 2011- “La mafia non è un antistato ma spesso tratta con lo Stato”. Per il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, il concetto di antistato è solo un luogo comune. Il magistrato, finito recentemente al centro di una polemica per essersi definito un “partigiano della Costituzione”, è intervenuto a un incontro organizzato alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna dall’associazione Marx XXI. “Spesso pezzi di classe dirigente italiana – ha detto Ingroia – hanno stabilito un’alleanza con la mafia. In un arco temporale ristretto, più volte nella storia italiana ci sono state fasi di rottura, di crisi e di conflitto mentre nel frattempo dietro le quinte si trattava per stabilire patti di convivenza, che garantiscono la storia secolare della mafia e gli affari di pezzi di classe dirigente”.
Ingroia ha poi ricordato le tappe principali delle relazioni tra Cosa nostra e pezzi del potere nel dopoguerra. “All’inizio della storia repubblicana – ha osservato – la mafia intervenne a Portella della Ginestra per fermare il movimento operaio e contadino, e all’inizio della seconda Repubblica perché aveva necessità di cambiare i propri riferimenti politici. L’ingresso nella terza Repubblica ci espone a nuovi rischi su questo fronte”. Proseguendo, il magistrato palermitano si è definito “interprete di un costituzionalismo radicale, nel senso che la Costituzione andrebbe applicata fino in fondo”. “Qualcuno pensa che i magistrati debbano essere macchine che eseguono – ha spiegato- ma il compito dell’interpretazione non è neutrale: la mia non neutralità è orientata alla Costituzione italiana. Nell’applicare la legge guardo all’interpretazione della legge costituzionalmente orientata”. Parole che non sono piaciute a Maurizio Gasparri, senatore Pdl, che invita Ingroia, invece di “salire su cattedre sbagliate, a spiegare le sue sottovalutazioni delle attività di Ciancimino jr, a base di pizzini falsi, calunnie, fondi neri e tritolo”. Il capogruppo del Pdl al Senato, infine, gli consiglia “di lasciar stare Marx e di occuparsi della trattativa-resa a vantaggio della mafia nell’era di Scalfaro-Amato-Ciampi-Mancino-Conso”.