Siamo giunti ad una fase cruciale della storia repubblicana italiana. La crisi di identità e di rappresentanza politica e la disarticolazione del mondo dei lavoratori permettono oggi alle forze del grande capitale, riunite intorno a Renzi, di tentare, con una relativa sicurezza di successo, il colpo da sempre agognato: quello di modificare un testo costituzionale per loro eccessivamente imbevuto di principi solidali rimandanti sia al socialismo che al solidarismo cattolico.
Perché proprio ora? La Costituzione antifascista del ’48 è stato il frutto sofferto della lotta di classe in un preciso momento storico in cui le organizzazioni delle classi lavoratrici, sia in Italia che all’estero, erano in poderosa ascesa. Né i colpi di mano della DC né la “strategia della tensione”, in quel quadro dei rapporti di classe, ebbero nei decenni successivi il potere di bloccare completamente il processo di attuazione del testo costituzionale. Tuttavia negli ultimi vent’anni, come detto sopra, la situazione è radicalmente mutata.
Per quanto concerne l’assetto istituzionale dell’Italia, due saranno i grimaldelli che consentiranno lo stravolgimento della Costituzione anche nella parte che enuclea i principi fondamentali della Repubblica Italiana.
Innanzitutto l’Italicum, la nuova legge elettorale, che è una vera e propria presa per i fondelli, dopo che la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum a causa del premio di maggioranza. L’Italicum renziano ha mantenuto e peggiorato questo aspetto anticostituzionale. Addirittura, qualora si andasse al ballottaggio, il premio di maggioranza per la lista vincente sarebbe superiore a quel 14% di deputati previsto al primo turno: saranno seggi letteralmente rubati agli altri partiti. Insomma si profila un Parlamento con maggioranza monocolore che esprimerà anche il Governo. L’opposizione sarà relegata alla pura testimonianza e le forze politiche che esprimono un’alternativa politica e sociale, attualmente minoritarie, avranno estrema difficoltà ad entrare in Parlamento e ad avere più visibilità.
Se i padri costituenti, scegliendo come sistema elettorale il proporzionale puro, pensavano che non fosse possibile per un partito o una coalizione di partiti avere la maggioranza assoluta in Parlamento senza godere allo stesso tempo della maggioranza assoluta dei consensi tra i cittadini, gli attuali affossatori della Costituzione del ’48 vogliono che un partito comunque minoritario nel Paese possa agire da padrone in Parlamento e controllare un Governo rafforzato.
Alla legge elettorale segue poi la riforma del Senato, sulla quale si è manifestata tutta l’inconsistenza della minoranza del Partito Democratico, la quale aveva fatto dell’elezione diretta del Senato la propria bandiera. Alla fine ha vinto Renzi, poiché il nuovo Senato sarà in realtà non eletto direttamente dai cittadini e verrà controllato dal blocco delle forze politiche favorevoli allo stravolgimento della Costituzione. Non a caso questa nuova camera non elettiva avrà tra le sue funzioni quella di votare le leggi di revisione del testo fondamentale del nostro Stato: si tratta, a mio avviso, di una vera e propria aberrazione democratica.
Rimarrà a chi si oppone a tutto ciò la via referendaria, ben sapendo che la lotta sarà dura in questa società che concentra le ricchezze e i mezzi di propaganda in poche mani.
Imprescindibile, per noi Comunisti, è la necessità di ricostituire una forza politica che si sforzi di ridare un’unità politica alle classi lavoratrici e di agire unitariamente a tutti i soggetti interessati alla difesa e all’attuazione della Costituzione italiana.
Di questo e altro si discuterà venerdì 27 novembre, alle 21.00, presso la Sala Imperatori di Porto San Giorgio, in un’iniziativa organizzata dall’Associazione per la Ricostruzione del Partito Comunista. Saranno presenti il costituzionalista Massimo Villone, lo storico Ruggero Giacomini e Bruno Steri, membro del Comitato politico nazionale del PRC.