“Così abbiamo bloccato le navi cariche d’armi”

di Marco Grasso

da il fatto quotidiano 4 maggio 2022

“Tutti quegli applausi ci hanno fatto una certa impressione. Siamo abituati a stare fra gli operai e la gente del porto. Io non ho nemmeno la tv. Nel giro di poche ore ci siamo trovati un intero teatro – pieno di attori, intellettuali e politici – a sostenerci. La mattina dopo ci ha elogiato persino il Papa. Forse è il segnale che le nostre battaglie erano giuste e che qualcosa sta cambiando: l’opinione pubblica non apprezza la linea politica dei guerrafondai”. José Nivoi, 37 anni, lavora sulle banchine del porto di Genova da quando ha 21 anni. Dopo aver animato le battaglie contro le navi delle armi dirette in Arabia Saudita, con il collettivo portuale del Calp, oggi è sindacalista di base dell’usb. Insieme al collega Corrado Majocco è stato invitato all’evento per la pace convocato il 2 maggio da Michele Santoro al teatro Ghione di Roma. Chiamati sul palco, i due camalli sono stati investiti da una standing ovation, a cui hanno risposto con il pugno chiuso.

Come vi siete sentiti?

Sorpresi ed emozionati. C’erano molte persone famose in quella platea. Mondi lontani, socialmente e forse anche politicamente dal nostro. Mi ha fatto pensare che in Parlamento oggi non c’è praticamente nessuno che rappresenta un pensiero maggioritario in Italia: il 65% degli italiani non vuole la guerra.

Si riferisce all’opposizione all’invio di armi a Kiev?

Noi facciamo un ragionamento più ampio. Siamo antimilitaristi. Siamo convinti che in un Paese legato all’economia degli

armamenti, la politica prima o poi insegue l’economia di guerra. E le conseguenze delle guerre, così come delle sanzioni economiche, ricadono invece sui civili. Per dirla con un vecchio slogan, pensiamo che occorra riempire i granai e svuotare le caserme.

Cosa rispondere a chi dice che forse nemmeno Putin vuole la pace?

Noi non giustifichiamo quello che ha fatto. Però pensiamo che siano sbagliate anche tutte le guerre fatte dalla Nato negli ultimi 20 anni. E che, come ha detto il Papa, non è stata una buona idea andare ad “abbaiare” davanti al confine russo.

La vostra popolarità è iniziata con i blocchi sulle banchine alle navi della compagnia Bahri, dirette a Ryad.

Nei porti passano le catene del valore mondiale. Negli anni abbiamo assistito a un aumento del traffico di determinate merci militari, così, nel nostro piccolo, ci siamo posti la domanda sulla loro destinazione, in questo caso lo Yemen.

Queste proteste vi sono costate guai giudiziari.

È un paradosso: lo Stato viola leggi e Costituzione esportando armi, noi che protestiamo contro la guerra siamo accusati di associazione per delinquere.

Cosa ha pensato leggendo le parole del Papa?

Ci hanno fatto molto piacere. La sua posizione netta è molto simile alla nostra.

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