Chef Rubio, tutti in silenzio E se invece avesse ragione?

di Marco Lillo

da il fatto quotidiano 18 maggio 2024

Il cuoco che fu denunciato per i post ora accusa i ‘sionisti’ Per ora non ci sono prove, ma il solo parlarne sembra sconveniente

C’è un personaggio pubblico, famoso per le sue idee anti-sioniste radicali che è stato pestato nella notte del 15 maggio davanti alla casa di famiglia, vicino a Roma.

Sostiene di essere stato vittima di una spedizione punitiva ‘sionista’. Le indagini sono in corso e la cautela è d’obbligo in una materia così delicata. Però le fonti vicine alle investigazioni, consultate da Il Fatto, ritengono credibile che il movente sia da identificare nelle idee anti-sioniste di Rubio.

Lo chef è stato già denunciato per propaganda e istigazione all’odio razziale a gennaio scorso dall’avvocato Roberto De Vita per conto della comunità ebraica romana. Tra i suoi post finiti nel mirino c’è quello con la foto di un coltello definito “anti-sionista”. Ora potrebbeessere nuovamente denunciato per i suoi commenti dopo l’aggressione.

Non capita spesso che un personaggio noto come Gabriele Rubini, 42 anni, detto Chef Rubio, ex rugbysta, 185 mila follower su X, denunci pubblicamente con il volto che gronda sangue una spedizione di marca ‘sionista’ a Roma. Eppure il pestaggio non ha meritato una riga sul principale quotidiano italiano: il Corriere della Sera. La Repubblica l’ ha trattato con un articolo dell’edizione di Roma. Altri quotidiani di orientamento diverso come Il Manifesto o Il Fatto, hanno dedicato articoli brevi. La cautela sul reale movente del delitto, certo, influenza la copertura mediatica però c’è da chiedersi se non scatti un meccanismo di autocensura nella stampa quando la notizia presta il fianco ad accuse di veicolare un messaggio antisionista. Libero titolava con il punto di vista delle vittime delle parole. Non della vittima dei pugni: “La comunità ebraica vuole Chef Rubio in tribunale”. Il Foglio ha dedicato a Rubio poche righe che si commentano da sole: “l’ipotesi investigativa che a gonfiare di botte quel malaffare di Chef Rubio sia stato Max (Allegri, ndr) per festeggiare appena uscito dall’olimpico, ammettiamo che possa essere priva di riscontri. Ma il meccanismo psicologico interessante. Il famigerato cuoco antisemita, dopo un giro di celebrità, è ormai caduto così in basso che nessuno gli ha nemmeno espresso solidarietà …. ”.

I telegiornali non hanno mostrato il sangue di Rubio a differenza del network internazionale del Qatar – polarizzato dall’altro lato Al Jazeera.

Ecco. In attesa di avere certezze su movente ed esecutori forse la notizia sta proprio nel modo in cui è stata data o meglio nascosta la notizia. I nostri nel caso Rubio stanno replicando un racconto dimezzato del clima infame e polarizzato che monta nel Paese. Era già accaduto il 25 aprile. Le tv e i quotidiani dedicavano ampio spazio ai maghrebini aggressori contro gli ebrei a Milano ma nascondevano o relegavano in cronaca locale le bombe carta finite sui filo-palestinesi a Roma.

Qualcuno ricorda il nome di Karem Rohana? Anche lui è finito nel cono d’ombra che colpisce le vittime della parte sbagliata. L’attivista e blogger filo-palestinese ha denunciato a ottobre alla Digos un’aggressione subita a Roma. Non se ne è parlato molto ma ora il silenzio su Rubio è ancora più eclatante. Di ritorno da un evento a Cassino dal titolo ‘Repressione – Occupazione e viaggio all’interno della Nakba’, lo chef ha denunciato di aver subito un agguato sionista postando sui social un video impressionante. Il sangue gronda giù da una profonda ferita sulla fronte, l’occhio è gonfio e livido mentre dice: “Questo è quello che mi hanno fatto. Mi hanno aspettato sotto casa e mi hanno massacrato di botte. Erano in cinque (…) alla fine punti in testa dove mi hanno dato la martellata, tagli ed escoriazioni dove mi hanno preso a mattonate, frattura dell’orbita facciale dove sono finiti i 60 pugni mirati e si ricomincia. Un abbraccio alla comunità ebraica”. Rubio ha postato le foto della sua auto con i vetri rotti sul sedile, tracce del suo sangue e il martello commentando “Questi sono gli sgherri della mafia sionista”.

Nelle ore successive sui social circola un vecchio video dell’ex presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, che il 10 ottobre, pochi giorni dopo il massacro di Hamas contro gli ebrei, grida dal palco della manifestazione organizzata da Il Foglio: “Voglio dire ai deputati del M5s a quelli che stanno dicendo cose un po’ bizzarre, signori non facciamo scherzi, abbiamo fatto leggi per contrastare i fascisti i negazionisti, c’è la legge Mancino, la applicheremo con i cuochi che fanno post antisemiti, istigano alla violenza. Lo voglio dire, facciamo nomi e cognomi: Orsini e D’orsi (i professori Alessandro Orsini e Angelo D’orsi, ndr) siete dei delinguenti (con la g, ndr) Orsini, D’orsi vi veniamo a prendere”. La frase, nel video che circola su X è tagliata qui. L’intero intervento si conclude con Pacifici che spiega: “vi veniamo a prendere, non con la forza, il ministro (Nordio aveva parlato prima, ndr) vi verrà a prendere”.

Nessuno descrive la querela con la frase “vi veniamo a prendere”. Eppure l’applauso partiva proprio quando Pacifici usava quella frase. Il problema anche lì non era solo il lessico usato da Pacifici, che aveva almeno l’attenuante del momento e che aveva appena raccontato dei suoi ragazzi rimasti in Israele, tre giorni dopo la strage del 7 ottobre. Il problema era l’applauso dei giornalisti presenti.

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