Per un 25 aprile antifascista e antimperialista: in corteo con tante bandiere palestinesi

palestina bandiera uomodi Maurizio Musolino

In questi giorni sono usciti sui principali quotidiani romani, con uno straordinario tempismo, articoli dove stravolgendo la realtà si annuncia la decisione della Comunità ebraica di Roma di non partecipare alle cerimonie per i settanta anni della Liberazione. E’ bene premettere che l’assenza degli ebrei romani è una assenza pesante che non può lasciare indifferenti. Infatti, il ruolo di tanti cittadini italiani di religione ebraica è stato centrale nella lotta di Liberazione e tanti di loro hanno ricoperto ruoli di primissimo piano all’interno della lotta partigiana. Tanti sono stati, inoltre, gli ebrei deportati – insieme agli oppositori antifascisti, ai rom e agli omosessuali – , in quella sciagurata stagione di barbarie. Infine proprio nella nostra città il rastrellamento del “ghetto ebraico” è stato senza alcun dubbio una delle pagine più nere dell’occupazione nazifascista.

Un elenco lunghissimo, quindi, che dovrebbe farci riflettere tutti, soprattutto davanti al rinascere di nuovi razzismi (basta vedere quello che accade verso i rom e le cittadine e i cittadini stranieri che cercano vita e dignità nei nostri paesi fuggendo da guerre e povertà spesso esportati proprio dai nostri sistemi economico-politici) e di fronte a forme di fascismo sempre pericolose e presenti.

Una riflessione tutta legata al “25 Aprile”, giorno della Liberazione che deve riuscire a guardare avanti, ricordando la lotta partigiana e i protagonisti di allora, senza mai perdere di vista l’oggi e le ingiustizie della nostra società. Un 25 Aprile che a dispetto di quanti vorrebbero annacquare – con un revisionismo dilagante – questa ricorrenza facendone una giornata della “riconciliazione”, deve come tradizione invece mantenere il suo carattere “partigiano”, antifascista.

E proprio di questo si è parlato nella riunione indetta dal Provinciale dell’Anpi lo scorso 30 marzo a Roma.

Durante l’incontro del 30 marzo è uscita anche la volontà da parte di tanti democratici e antifascisti romani di caratterizzare la presenza dentro il corteo del 25 Aprile con una forte impronta internazionalista, di solidarietà verso tutti i popoli che lottano contro i fascismi di ieri e di oggi, per la propria libertà e la propria autodeterminazione: i curdi, i palestinesi, i latinoamericani, il Donbass… Nessuna obiezione di fondo, salvo che ancora una volta di fronte alla possibilità di vedere bandiere palestinesi sventolare al corteo a qualcuno sono saltati i nervi e ha cercato di far saltare il tavolo. Ancora una volta si è cercato di affermare l’assurda equazione “antisionismo uguale antisemitismo”. Una equazione che colpisce, oltre l’intelligenza (anche gli arabi sono semiti), la stessa comunità ebraica. Criticare Israele non significa criticare gli ebrei e condannare il sionismo non vuol dire combattere l’ebraismo. Questo deve essere chiaro a tutti. Del resto ancora risuonano come un monito le parole che il partigiano Sandro Pertini disse in qualità di Presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno il 31 dicembre 1982, quando senza esitazione condannò le responsabilità di Israele e dell’allora ministro della Difesa Ariel Sharon nel massacro di Sabra e Chatila in Libano. Ma anche di ciò negli articoli che abbiamo letto in questi giorni non vi è traccia.

Ci si sofferma invece su di un fantomatico veto verso la Brigata ebraica. Tutto ciò è falso! Nessuno ha messo in discussione la presenza al corteo della Brigata ebraica, che come tante altre brigate formate da cittadini di tutto il mondo hanno contribuito alla liberazione del nostro Paese. E nessuno ha tantomeno minacciato azioni violente verso esponenti della Comunità ebraica di Roma. Anzi molti interventi, fra i quali il sottoscritto, hanno auspicato forme di collaborazione per denunciare i fascismi di oggi e le intolleranze xenofobe che attraversano come settanta anni fa la nostra città. Ma anche di questo nei giornali non vi è straccia. Al contrario si riportano dichiarazioni di denuncia verso rischi di violenze e intimidazioni. Un pericolo che secondo esponenti della Comunità ebraica, unito al sabato (il 25 aprile quest’anno cade di sabato, giorno di riposo per gli ebrei), li indurrebbe a disertare l’importante appuntamento.

A questo proposito per dovere di precisione e verità è utile ricordare quello che è successo l’anno scorso quando circa venti donne e uomini presenti al corteo con bandiere palestinesi (dopo aver concordato il tutto con la Presidenza dell’Anpi) sono stati senza alcuno motivo, se non quello di far sventolare quelle bandiere, aggredite e malmenate da teppisti inquadrati in vere e proprie squadracce. Una aggressione organizzata, che aveva l’obiettivo di non far sfilare quelle bandiere, verso cui non abbiamo sentito nessuna condanna da parte della Comunità ebraica romana. Solo grazie alla solidarietà di tante forze politiche e sociali che hanno fermato il corteo e protetto pacificamente gli attivisti pro-palestina alla fine si è potuto evitare il peggio.

Ma tornando ad oggi per finire questa breve nota credo che sia giusto affermare che il 25 Aprile è, e deve essere, la festa di tutti gli antifascisti, di tutti i cittadini che lottano per la democrazia, l’indipendenza, contro il colonialismo e la barbarie. Una festa di chi si considera di “di parte”, partigiani appunto, a fianco di chi è oppresso e umiliato. Partigiani a fianco degli sfruttati, di chi è senza lavoro e senza casa a causa di un sistema economico ingiusto e iniquo, partigiani per i diritti, per la difesa della Costituzione, partigiani, partigiani contro i nuovi colonialismi e imperialismi.

Partigiani del XXI secolo “con”. quanti lottano ogni giorno ne più né meno di come fecero i nostri partigiani settanta anni fa. Per queste ragioni crediamo giusto – come del resto ha anche auspicato il presidente dell’Anpi romano concludendo la riunione del 30 marzo – scendere in piazza con le bandiere palestinesi, pensando a quelle donne e a quei bambini che a distanza di quasi un anno continuano a vivere senza una casa in una Gaza distrutta dai bombardamenti di Israele e sempre più prigione a cielo aperto; pensando alle migliaia di prigionieri politici ai quali è negato ogni processo e garanzia; pensando a tutto quel popolo da troppi decenni costretto a non avere un futuro a causa di una occupazione crudele e criminale. Pietà l’è morta.