di Marina Alfier, Segreteria PdCI Venezia
E’ una domanda che mi sto ponendo da tempo e nel tentativo di dare una risposta non emozionale bensì il più possibile razionale ed equilibrata mi sono posta l’obiettivo di capire , e per capire bisogna prima conoscere. Indagare la lega nord non può essere un compito esclusivo degli analisti politici, spesso tutt’altro che interessati a dare di questo fenomeno una spiegazione politica, collocandolo in un contesto più generale di involuzione capitalistica. Forse appare inutile indagare oggi quando ormai pare imminente anche la seconda repubblica di cui lega nord è stata senz’altro un baluardo. Ma si sa, la storia ha i suoi tempi di decantazione.
La Sinistra e i Comunisti dovranno pur porsi la domanda di cosa sia realmente lega nord e perché essa abbia e abbia avuto questa indiscussa attrattiva delle masse popolari italiane e non solo al nord.
Per fare questo tipo di indagine non si può prescindere da un’analisi, se pur breve, della storia di questo movimento, diventato poi partito politico e come tale organizzato.
La sua nascita si può collocare, a grandi linee, verso la fine degli anni 80, guarda caso quando la forza e la consapevolezza del movimento operaio andavano affievolendo.
Sono gli anni della fine della prima repubblica, della vittoria del sistema elettorale maggioritario, della perdita della scala mobile; sono gli anni delle infiltrazioni di stampo terroristico in alcune delle organizzazioni della sinistra estrema, di mani pulite e soprattutto sono gli anni della fine del Partito Comunista italiano.
In questo preciso contesto storico si collocano le origini della lega , in particolare in alcune zone del nord, forse più chiuse ed arretrate culturalmente, come nell’entroterra bergamasco, nella pedemontana veneta; meno nelle città più grandi, come Venezia o Milano o Torino.
E’ tra il 1991 e il 1994 che essa si manifesta al mondo attraverso l’ostilità nei confronti del sistema politico della prima repubblica, si scaglia contro roma ladrona e contro quello che definisce il sistema romano degli sprechi. Ai suoi adepti viene inculcato il concetto di secessione prevedendo una rivoluzione in questo senso.
Nel 1993 la lega nord entra nel primo governo Berlusconi spinta dalle promesse di quest’ultimo di autonomia delle regioni settentrionali; ma è la stessa lega nord che nel 1994 farà cadere questo governo.
Caduto il governo Berlusconi è Prodi a scendere in campo nel 1996 e la lega, all’opposizione, raggiunge il massimo consenso.
Si rafforza con parole d’ordine e proclami di tipo separatista; il termine “secessione”esce dal concetto e viene usato sempre più spesso fino ad arrivare, in suo nome,a caldeggiare la lotta armata.
E’ di questo periodo l’assalto al campanile di San Marco a Venezia da parte di alcuni scalmanati, i famosi serenissimi, rinnegati fin da subito dai vertici leghisti ma sostenuti a furor di popolo dalla base.
Si riscopre la simbologia e questo è un fatto importante perché preannuncia il consolidarsi di una struttura organizzativa più tipica di un partito politico che di un movimento, quale , fino a quel momento, la lega era stata; ecco dunque il verde come colore, che richiama le lande irlandesi e la tradizione longobarda e si arrivano a sostenere persino le origini celtiche dei popoli padani in un tripudio di simboli NEOPAGANI.
Tuttavia questo nuovo look non sembra dare i risultati sperati e la lega perde consensi.
E’ del 1999 un riavvicinamento all’antico alleato Berlusconi con un patto elettorale che si formalizzerà nel 2001.
E’ da osservare con attenzione un fenomeno che si delinea in quel periodo e che ci sarà utile per le analisi successive: la lega si va sempre più strutturando in un’organizzazione che assomiglia al vecchio PCI, ormai cancellato dall’immaginario collettivo a 10 anni dalla sua fine.
Nascono le cooperative padane che falliranno da lì a breve lasciando un passivo di circa 1 miliardo di vecchie lire; viene lanciata la banca di Credito cooperativo Credit Euronord miseramente fallita pure questa così come il sindacato padano cessa di esistere quasi subito per mancanza di iscritti e tutto questo la dice lunga sul radicamento della lega, allora, tra le masse popolari e i lavoratori.
Poco spontaneismo dunque e più fenomeno indotto, forzatamente spinto ad essere accettato ad ogni costo.
Tra il 2001 ed il 2006, dopo l’attacco alle torri gemelle, lega nord, al minimo di consensi si sposta su posizioni islamofobiche, razziste, conservatrici e si nota un sospetto avvicinamento alle frange più estreme e tradizionaliste della religione cattolica in funzione anti islamica.
Roma ladrona passa in secondo piano per lasciare il posto al nuovo nemico: immigrati- tutti mussulmani- che minacciano l’Italia “bianca e cristiana” di cui la lega diventa paladina. Nel frattempo però nelle istituzioni del Nord essa consolida le proprie posizioni: sindaci, assessori, governatori e presidenti di province “prendono il potere” mentre simboli e slogans leghisti penetrano subdolamente nel tessuto sociale, nella cultura e nella stessa formazione.
E’ il tempo delle sceneggiate isteriche per il crocefisso nelle aule scolastiche e nelle sale consiliari e dei presepi natalizi in ogni dove; della fobia dei dialetti al posto della lingua italiana, della scuola di Adro tappezzata di simboli padani ecc. ecc.
E’ il periodo in cui la lega assapora la sua forza in un delirio di onnipotenza senza limiti.
Nel 2006 con la sconfitta di Berlusconi e Prodi al governo, la lega si trova nuovamente all’opposizione, questa volta rafforzando i suoi consensi a fronte delle diffuse insoddisfazioni popolari per una crisi economica che già comincia a dare segnali importanti.
Tuttavia il referendum di modifica costituzionale per la trasformazione del paese in uno stato federalista viene bocciato a larga maggioranza, anche dall’elettorato del Nord.
L’entrata della Romania in Europa con i flussi di romeni che transitano anche per l’Italia, fa aumentare la percezione di insicurezza e degrado urbano e si fanno strada parole d’ordine che, purtroppo, non resteranno tali, ma diventeranno presto realtà: al grido di “tolleranza zero” si concretizzano le sparate di Borghezio, si schiodano le panchine a Treviso per non farci sostare gli stranieri, si inaugura il nuovo metodo della “caccia al coniglio” da parte del sindaco sceriffo .
Nelle periferie del nord, soprattutto nel veneto ex democristiano, si respira un clima di intolleranza dilagante e di medioevo.
La lega ha già nelle sue mani il potere: da quello istituzionale a quello economico; controlla tutto: dall’ultima commissione dell’ultima partecipata, alle assunzioni di personale; si assicura il dominio degli assessorati più importanti in particolare quelli alla vigilanza ma anche quelli all’edilizia e al patrimonio.
Negli ultimi anni essa diventa vero e proprio partito di governo a Roma ma anche nelle regioni del nord; i suoi sindaci e i suoi governatori sviluppano capacità speculative e clientelari tali da superare perfino la cara vecchia DC.
E’ questa versatilità della lega che desta il sospetto sulla sua vera natura: da antistatalista a partito di legge e ordine; da neopagana celtica a partito della cattolicità più integralista; da partito di governo a partito di lotta che richiama una strategia del vecchio PCI.
E’ come se una regia esterna determinasse la nascita, la crescita e l’evoluzione di un soggetto politico di questo tipo che evidentemente deve avere uno scopo ed una funzione.
Viene da chiedersi, in effetti, se una forza come la lega nord sia così CASUALE o SPONTANEA come si potrebbe pensare.
Senza rincorrere teorie complottistiche si può affermare che la lega è un’invenzione tutta capitalistica per arginare e far fronte ad un movimento operaio rimasto senza riferimenti a sinistra ed in procinto di subire trasformazioni epocali sia nella sua composizione di classe che di stato sociale , che di lì a poco faranno la loro comparsa? La pongo in termini interlocutori cercando risposte oggettive.
Non dimentichiamo che sono gli anni della decrescita industriale, della volontà tutta padronale di destrutturare la “grande fabbrica” come simbolo non solo di grande produzione ma soprattutto di organizzazione operaia e di classe che porteranno il movimento dei lavoratori italiano ad essere considerato il più grande di tutta Europa.
Sono gli anni della concertazione istituzionalizzata con gli accordi di luglio 1992 e dell’attacco al diritto di sciopero, regolamentato per legge.
Sono gli anni in cui manodopera straniera viene effettivamente immessa senza regole nel mercato del lavoro per abbassare il livello dei diritti, dei contratti e del salario.
Sono gli anni delle forme contrattuali atipiche e della legalizzazione di vere e proprie agenzie di caporalato.
Ma chi ha organizzato tutto questo se non un sistema capitalistico forte e dalle tante teste, con una capacità infinita di riprodursi, di ricollocarsi e di proseguire il suo percorso verso la barbarie in nome del profitto?
Dunque chi meglio di una forza “inventata” per l’occasione come la lega nord può assumere il ruolo di reggere i mal di pancia di un movimento operaio, in procinto di essere colpito su tutti i fronti, e che con ritrosia stenta ad accettare la sua nuova condizione?
Chi meglio della lega può insinuarsi e scatenare la guerra dei poveri tra lavoratori italiani e stranieri, tra lavoratori del sud e quelli del nord?
Non assomiglia tanto ad una forma paraterrostica per depistare dall’obiettivo della lotta di classe?
Io ricordo, almeno fino alla fine degli anni 70, un grande fermento di idee, di movimenti, di piazze piene, di resistenze nelle fabbriche occupate, di presidi in ogni dove ci fosse un attacco padronale, di tende a sostegno degli operai in lotta fatte a natale, capodanno, sempre senza sosta.
Possibile che tutto questo sia stato cancellato con un colpo di spugna? Possibile che questa “coscienza di classe” fosse solo il frutto delle nostre fantasie?
Per tornare alla nostra analisi
Non è casuale nemmeno che questo fenomeno si consolidi al nord; è proprio qui infatti che esiste una struttura del lavoro, organizzata nella grossa fabbrica e nei grandi poli industriali. Diversamente non si spiegherebbe il risultato dell’indagine condotta dalla CGIL che evidenzia le numerose iscrizioni leghiste a questo sindacato e non a CISL e UIL, all’interno delle quali esistono anche strutture a difesa di lavoratori immigrati e non si spiegherebbe diversamente nemmeno la fine miserabile del sindacato padano.
Per tantissime ragioni dunque la lega nord è una formazione da non sottovalutare soprattutto da parte di chi analizza il sistema capitalistico; in un recente passato ci sono stati partiti della sinistra che hanno ipotizzato alleanze elettorali con questa forza e in alcuni comuni ci sono state perfino esperienze amministrative targate lega-pds.
La vera natura della lega si evince soprattutto ai giorni nostri ed ora che il paese è in mano al governo tecnico che gode della fiducia trasversale di tutte le formazioni parlamentari e dal quale perfino IDV e SEL non osano prendere completamente le distanze per paura di rimanere fuori dalle danze, l’unica vera forza di opposizione che il sistema ostenta è la lega che si prepara, in questo modo, a consolidare tutto il potere al nord e non solo, nelle sue mani, cavalcando le lotte di tutti, senza distinzione alcuna di classe, dai pensionati ricchi ai poveri, dalle caste dei notai e dei taxisti agli autotrasportatori, purché siano contro ad un governo che, si badi bene, viene considerato di sinistra , in modo che passi nell’immaginario collettivo l’idea, diventata comune non a torto, che le peggiori nefandezze vengono realizzate dai governi di sinistra.
Si osservi con attenzione lo scenario politico attuale: è impressionante notare come quell’assurdità che si chiama partito democratico possa aver stretto un patto di non belligeranza con pdl e terzo polo in totale assenza di contenuti; un triunvirato a sostegno di un golpe politico che è rappresentato dal governo Monti; il capitale che è sceso direttamente in campo, dando una spallata al teatrino rappresentato dal governo precedente e dalla stessa opposizione parlamentare; e non parliamo del solo capitale italiano; Monti rappresenta il capitale europeo ed internazionale.
Alle masse popolari stremate dalle manovre lacrime e sangue (e da tutto ciò che ancora dovrà venire) la lega si pone come forza di opposizione; come unica forza di protesta con un certo valore aggiunto poiché al nord detiene il potere in moltissime amministrazioni pubbliche; per questo è anche in grado di elargire quattrini a sostegno di chi è in difficoltà; è di questi giorni il lancio da parte della provincia di Verona del prestito d’onore per chi è in difficoltà per la perdita del lavoro: 2000 euro a fondo perduto che certamente non saranno in grado di fronteggiare il peggio ma, in campagna elettorale ormai avviata, rappresentano un segnale positivo.
In questo quadro impressiona altrettanto la cancellazione totale dei comunisti; una cancellazione ovviamente programmata dal sistema, ma che la dice lunga su come si rappresenti,ora, il nemico di classe. Per questo motivo credo non sia rinviabile il nostro obiettivo di costruire immediatamente una forza comunista all’altezza del compito. Scendere in campo contro la lega, al nord, non significa, come qualcuno pensa, “fare le scaramucce”; significa individuare un pezzo importante e strutturato del sistema che noi da sempre combattiamo.
L’abbiamo detto e ripetuto: la classe operaia e i lavoratori hanno bisogno ora più che mai di un riferimento certo, in grado di solidarizzare ma anche di costruire risposte.
Marina Alfier
PDCI VENEZIA