Il ruolo che deve avere la FGCI nell’Antifascismo

di Ivano Osella, Coordinatore Provinciale FGCI Torino e

Daniele Cardetta, Coordinatore Regionale FGCI Piemonte

 

fgciCare compagne e cari compagni della FGCI,
l’antifascismo come ideale alto e l’antifascismo nella pratica quotidiana sono temi che ci legano strettamente alla nostra attività politica nonché, per alcuni di noi, hanno significato l’inizio vero e proprio della nostra militanza. La lotta ad ogni forma di fascismo viene portata avanti con forza ogni giorno dalle nostre compagne e dai nostri compagni, pur nelle difficoltà che ci attanagliano in questa fase storica. Cortei, manifestazioni, interventi, dibattiti sono punto focale delle nostre lotte contro quelle forze che si dichiarano oggi eredi del Ventennio, dai fascisti del terzo millennio di Casa Pound a partitini vari come Forza Nuova e Fiamma Tricolore, a partiti che hanno l’ambizione di sedere in parlamento e di portare così avanti le loro proposte reazionarie e assurde, ad esempio la Destra di Storace, fino ai loro diretti finanziatori presenti tra le forze politiche del cosiddetto “arco costituzionale”, PDL in primis. Lo sdoganamento del “pensiero” fascista, iniziato con il sostegno della candidatura a sindaco di Roma di Fini da parte di Berlusconi, passato poi per lo scioglimento del Movimento Sociale Italiano in una forza dall’aspetto annacquato ma con gli stessi contenuti, ha visto negli ultimi anni una scelta di dialogo da parte di forze sociali da sempre considerate antifasciste. Dibatti e confronti con fascisti della peggior risma sono stati all’ordine del giorno per personaggi come Sansonetti (ex direttore di Liberazione, ora direttore de Gli Altri, organo di Sel). La fase economico/sociale che stiamo attraversando ora, ha poi dato un contributo ulteriore alla diffusione di idee di forza e prevaricazione propagate dalle organizzazioni e dai gruppuscoli neo/post/veterofascisti: soprattutto le ragazze e i ragazzi della nostra generazione, che non hanno partecipato, come non abbiamo partecipato noi, per ragioni anagrafiche, ai grandi scontri politici e ideologici del novecento, persone che, come noi, non vedono il proprio futuro garantito, possono trovare più semplice accanirsi contro un capro espiatorio e preferire una posizione prevaricativa sui più deboli, cadendo quindi nelle reti tese da queste forze politiche infami. La diffusione poi dell’antipolitica, fenomeno egemone di questa fase politica, sta ponendo l’ultimo tassello allo sdoganamento e in alcuni movimenti nati negli ultimi anni, come i Cinque Stelle di Beppe Grillo, non c’è più alcun richiamo all’antifascismo, bensì viene preferita la tutela dei “diritti” di tutti, fascisti compresi affinché possano esprimersi liberamente. Una logica quindi voltairiana che noi da sempre contrastiamo con forza, citando Gramsci: “Quando discuti con un avversario, prova a metterti nei suoi panni. Lo comprenderai meglio e forse finirai con l’accorgerti che ha un po’, o molto, di ragione. Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggi. Ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire.”

La nostra attività politica deve tornare dunque ad essere contraddistinta da un antifascismo militante sostanziale, che serva realmente ad invertire il processo sociale e culturale di cui abbiamo accennato prima. Un primo passaggio in questo senso deve essere la partecipazione organica all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, attraverso il tesseramento che è stato finalmente aperto a tutti. Ci sono infatti realtà in cui le nostre e i nostri compagni sono già ben presenti all’interno dell’Anpi, altri in cui ci sono contatti solamente funzionali alla costruzione di iniziative politiche singole comuni.

La nostra presenza attraverso il tesseramento dovrà diventare un punto fondamentale della nostra militanza politica in quanto per questioni, purtroppo, puramente anagrafiche, l’Anpi è l’associazione che necessita un maggior ricambio generazionale e nostro compito dovrà essere quello di mettere nuova linfa vitale, giovane, con ideali forti, in modo tale da contribuire realmente al rilancio e al rafforzamento dell’organizzazione, alla valorizzazione degli ideali dell’antifascismo che sono il fondamento della Costituzione della nostra Repubblica.

La Resistenza infatti, è inutile negarlo, ha avuto una determinante componente comunista al suo interno, tanto che più della metà dei partigiani combattenti e più della metà dei caduti e dei feriti si riconosceva nell’ideale comunista. Questo dato, che chiaramente non vuole mettere in subordine il ruolo esercitato dai partigiani aderenti ad altri partiti, viene ridimensionato in modo sempre più smaccato e messo in secondo piano al fine di sminuire l’apporto determinante dei comunisti italiani alla Liberazione. Senza i comunisti, che furono nerbo, mente e nervi della Resistenza, l’Italia non avrebbe avuto l’opportunità di redimersi agli occhi della storia e, probabilmente, il ribellismo post-8 settembre sarebbe stato soffocato sul nascere dal nazifascismo. Furono i comunisti a organizzare e rendere operativi i Gap e i Sap nelle città, permettendo alla Resistenza di svolgere un ruolo attivo.

La generazione che ha fondato l’Anpi è quella generazione che ha liberato l’Italia dal nazifascismo, è quella generazione che ha messo in gioco tutto, compresa la propria vita, per i propri ideali, i nostri ideali, perché noi non dovessimo più combattere. Quella generazione deve tornare ad essere l’esempio quotidiano per la nostra.

Daniele Cardetta
Coordinatore Regionale FGCI Piemonte

Ivano Osella
Coordinatore Provinciale FGCI Torino