Destra Sociale ieri e oggi

di Lorenzo Battisti | da pensierieconomici.blogspot.com

 

La-marcia-su-RomaPRIMA PARTE

 

Negli ultimi anni si è assistito a un’avanzata della destra estrema in tutta Europa. In Austria i due partiti di destra sfiorano il 30%; in Germania la Npd è presente in diversi parlamenti regionali; i democratici svedesi (estrema destra) sono entrati in parlamento per la prima volta nella storia; il Partito dei veri finlandesi ha quintuplicato i voti in quattro anni (passando dal 4 al 20%), ottenendo gli stessi voti dei socialdemocratici; in Svizzera il partito di estrema destra SVP/CDU di Blocher è il primo partito del paese con il 26% dei voti; in Francia, il Front National di Marine Le Pen, figlia dell’ex-leader Jean-Marie, è data al 20% nei sondaggi per le presidenziali di aprile.

 

Più in generale, si può notare un aumento dell’estrema destra dall’inizio degli anni ‘80 in poi. Sulle ragioni di questo fenomeno mi occuperò in un prossimo post.

 

Vorrei qui concentrarmi su un aspetto che ha permesso all’estrema destra di raccogliere molti voti nei quartieri operai e popolari, quelli che nei decenni precedenti avevano votato massicciamente per i partiti socialisti, socialdemocratici e comunisti.

 

E’ infatti ormai opinione comune che la destra estrema abbia un’anima sociale, che cioè presti particolare attenzione alla protezione degli strati popolari, che sia favorevole allo stato sociale e a misure di protezione del salario.

 

Da un punto di vista storico, questo non è vero. Come mostra un articolo recentemente uscito sulla rivista accademica Cambridge Journal of Economics(1), le prime manovre prese dal Fascismo appena giunto al potere furono le privatizzazioni dei monopoli statali. Il primo governo Mussolini privatizzò il monopolio statale sui fiammiferi, eliminò il monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita, privatizzò le reti telefoniche e le società che fornivano il servizio, ri-privatizzò l’Ansaldo, concesse ai privati di incassare il pedaggio sulle autostrade. La Germania nazista e l’Italia fascista furono le sole nazioni che si impegnarono in processi di privatizzazione negli anni ‘20 e ‘30.

 

D’altra parte, nel suo primo discorso alla Camera, Mussolini stesso aveva ben spiegato il suo programma:

 

“Lo stato ci dia una polizia, […] una giustizia ben organizzata, un esercito pronto per tutte le eventualità, una politica estera intonata alle necessità nazionali. Tutto il resto, e non escludo nemmeno la scuola secondaria, deve rientrare nell’attività privata dell’individuo.”(2)

 

Come osserva l’autore, oltre a una convizione ideologica e a una “necessità” economica, l’obiettivo era quello di accreditarsi presso l’alta borghesia, allora ancora diffidente verso Mussolini.

 

Secondo l’economista Kalecki, il fascismo è stato il modo con cui il capitale ha potuto ottenere alti profitti (grazie alla piena occupazione dei lavoratori), evitando di doverne pagare il prezzo (una maggiore forza dei sindacati e dei partiti operai):

 

“Infatti, in un regime di continuo pieno impiego il licenziamento cesserebbe di agire come misura disciplinare. La posizione sociale del “principale” sarebbe scossa, si accrescerebbe la sicurezza di sé e la coscienza di classe dei lavoratori. Gli scioperi per un salario più alto e il miglioramento delle condizioni di lavoro sarebbero fonti di tensione politica.
E’ vero che i profitti sarebbero più elevati in un regime di pieno impiego, rispetto al loro livello medio sotto il laissez faire [liberismo]. […] Ma la “disciplina nelle fabbriche” e la “stabilità politica” sono più importanti per i capitalisti dei profitti correnti. L’istinto di classe dice loro che una continua piena occupazione non è “sana” dal loro punto di vista perché la disoccupazione è un elemento integrale di un sistema capitalistico normale. Una delle funzioni importanti del fascismo, come si può vedere nel caso dell’hitlerismo, fu l’eliminazione dei motivi per l’avversione dei capitalisti nei confronti del pieno impiego.[…] “la disciplina nelle fabbriche” e la “stabilità politica” con il pieno impiego sono assicurate dal “nuovo ordine”,di cui vengono a far parte vari mezzi: dallo scioglimento dei sindacati ai campi di concentramento. La pressione politica sostituisce qui la pressione economica della disoccupazione.”(3)

 

Quindi, da un punto di vista storico, la destra estrema, nella sua forma fascista o nazista, non ha mai avuto alcunché di sociale: ha privatizzato e ha compresso i salari in favore dei profitti, chiudendo i sindacati e i partiti della classe lavoratrice.

 

(1) Germà Bel , The first privatisation: selling SOEs and privatising public monopolies in Fascist Italy (1922–1925) Camb. J. Econ. (2011) 35(5): 937-956 first published online February 28, 2011 doi:10.1093/cje/beq051

(2)Mussolini, B. Discorso alla Camera dei Deputati, 21 Giugno 1921

(3)Kalecki, M. Aspetti politici del pieno impiego, 1970

 


 

SECONDA PARTE

 

E oggi? I partiti di estrema destra sono diversi sul piano economico da quelli storici?

 

Vediamo due esempi, uno francese e uno italiano.

 

Se guardiamo la Francia, possiamo osservare come il Fronte Nazionale di Jean-Marie e di Marine Le Pen sia passato da un chiaro liberismo negli anni ‘70-’80 a delle posizioni che sembrano più seducenti per gli strati popolari colpiti dalla crisi.

 

Un opuscolo del Partito comunista francese analizza i cambiamenti nella storia del Front National. Come osserva il Pcf, il Front National degli anni ‘70-’80 aveva posizioni non troppo differenti da quelle di Reagan e della Tatcher:

 

“[…] c’était le libéralisme type “reagano-thatcherien” quelque chose qui ressemblerait à l’expérience Pinochet au Chili. Il prône la liberté d’entreprendre et la dérégulation des marchés financiers et de l’économie. Dans le même temps, l’ultralibéralisme du FN est mâtiné d’un certain protectionnisme: fermeture des frontières, barrières douanières éventuelles pour certains produits… […] Le FN emprunte à ce que nous appelons “les fascismes originels” l’idée d’une société sans classe sociale et une vision très corporatiste du monde économique et social. Corporatiste dans le sens où il n’y a pas besoin de syndicat. Comme ouvriers et patrons ont le même intérêt: que l’entreprise fonctionne, il est préférable de s’entendre entre ouvriers et patrons afin de faire fonctionner au mieux les entreprises françaises, ainsi tous les Français seront gagnants.
Cette vision bannit les syndicats et il n’est absolument pas question que l’État ait un quelconque rôle de régulation économique ou sociale. L’État doit laisser jouer la “régulation darwinienne des marchés.” Les bonnes entreprises survivront et prospéreront tandis que les mauvaises disparaî-tront. Il est donc nécessaire de créer beaucoup d’entreprises françaises et leur permettre d’être le plus libres possible, avec moins d’impôts, de taxes et de contraintes afin qu’elles se développent au sein du marché mondial et qu’elles participent à la guerre économique mondiale.
Historiquement, cette vision des choses sera, durant les années quatre-vingt, celle de Reagan, Thatcher et des économistes de l’école de Chicago.” (1)

 

[[il programma del FN] Era il liberismo tipo “Reagan-Tatcher”, qualche cosa che assomigliava all’esperienza del Cile di Pinochet. Raccomanda la libertà d’impresa e la deregolamentazione dei mercati finanziari e dell’economia. Nello stesso tempo, l’ultra liberismo del FN è condito con un certo protezionismo: chiusura delle frontiere, barriere doganali per certi prodotti… […] Il FN prende a prestito da quello che chiamiamo “il fascismo delle origini” l’idea di una società senza classi sociali e una visione fortemente corporativista del mondo economico e sociale. Corporativismo nel senso che non c’è bisogno di sindacato. Poiché operai e padroni hanno lo stesso interesse: affinché l’impresa funzioni è preferibile capirsi tra operai e padroni in modo che le imprese francesi, e con esse i francesi, vincano. Questa visione bandisce i sindacati e in essa non c’è alcuna possibilità che lo Stato abbia qualsiasi ruolo di regolazione economica o sociale. Lo Stato deve lasciare giocare “la regolazione darwiniana dei mercati”. Le buone imprese sopravvivranno e prospereranno mentre quelle cattive spariranno. E’ dunque necessario [in questa visione] creare molte imprese francesi e permettergli di essere più libere possibili, con meno tasse, meno imposte e meno restrizioni per far si che si sviluppino nel mercato mondiale e che partecipino alla guerra economica mondiale. Storicamente questa visione delle cose sarà, durante gli anni ‘80, quella di Reagan, della Tatcher e degli economisti della scuola di Chicago.]

 

Appare chiaro che la presunta attenzione verso i ceti deboli, che dovrebbero essere protetti dall’economia globale dalla chiusura delle frontiere e dai dazi, nasconde una politica spietatamente di classe e un iper-sfruttamento dei lavoratori. Come per la visione di Reagan e della Tatcher, non c’è spazio per lo stato sociale:

 

“ «les immigrés sont responsables du chômage,[…] » Etant donné que leur programme est ultra-libéral, il n’y a pas de possibilité de jouer sur l’impôt puisqu’il faut moins d’impôts, il n’y a pas non plus de possibilités d’aider les chômeurs, donc les gens ne doivent pas être au chômage. Les aides sociales sont même mises en cause à l’époque par le FN car elles sont considérées comme dispendieuses et ne correspondent pas à la vision que le FN peut avoir en termes économique et social du rôle de l’État et de l’économie.” (2)

 

[“gli immigrati sono i responsabili della disoccupazione […]”. Dato che il loro programma [del FN] è ultraliberale, non c’è possibilità di utilizzare le imposte, poiché sono necessarie meno imposte, non è inoltre possibile aiutare i disoccupati, quindi le persone non devono essere disoccupate. Gli aiuti sociali sono addirittura messi sotto accusa a quell’epoca da parte del Front National, poiché sono considerate dispendiose e non corrispondono alla visione che il Front National può avere in termini economici e sociali sul ruolo dello Stato nell’economia]

 

Inoltre le proposte del Front National sembrano avvicinarsi molto a quanto detto da Mussolini durante il suo primo discorso alla Camera dei Deputati:

 

“Un État fort, contre l’État-providence, l’assistanat social, le laxisme avec une vision autoritaire, disciplinaire, policière, répressive, etc. Mais avec l’absence énorme d’une intervention dans le champ social lui-même. Nous n’entendons jamais parler du service public dans le programme du Front national. […]

 

La valorisation de l’action individuelle et entrepreneuriale,avec l’anti-fiscalisme, la déréglementation et aussi toute une série de choses comme, par exemple, l’accès à la propriété individuelle. Le FN ne propose pas de logements sociaux, il propose de donner ceux qui existent
aux Français et de leur réserver également l’accès à la propriété. C’est la priorité des priorités pour lui.” (3)

 

[Uno Stato forte, contro lo Stato sociale, contro l’assistenza sociale, il lassismo con una visione autoritaria e disciplinare, poliziesca, repressiva ecc. Ma con l’assenza enorme di un intervento nel campo sociale stesso. Non sentiamo mai parlare di servizio pubblico nel programma del FN. […]
La valorizzazione dell’azione individuale e dell’imprenditorialità, con l’antifiscalismo (l’opposizione alle tasse), la deregolamentazione e tutta una serie di cose come l’accesso alla proprietà individuale. Il Front National non propone degli alloggi sociali, ma propone di dare quelli che esistono ai francesi e di riservare loro l’accesso alla proprietà. E’ la priorità delle priorità per il FN]

 

Anche in questo caso, come in passato, dietro un programma sociale sembra che si celi una visione ultra liberale e ultra liberista dell’economia e della società.

 

Si possono fare osservazioni simili se si legge questo articolo del sito de “Il Megafono, notiziario di opposizione nazionale”. Nell’articolo “Vietare alle banche la creazione di denaro e imporre l’obbligo di riserva del 100%” appare evidente come, partendo da posizioni signoraggiste (4), si arrivi alle stesse conclusioni e alle stesse proposte del padre del neoliberismo, Milton Friedman.

E’ ormai molta diffusa l’idea che le teorie di Friedman siano la causa della crisi, delle diseguaglianze nazionali e internazionali, della precarietà del lavoro, della fine del ceto medio e dello stato sociale. Stupisce che si portino queste stesse teorie come soluzione all’attuale crisi, soprattutto da parte di forze che si definiscono “sociali”.

 

Appare inoltre chiaro che queste teorie neoliberiste e signoraggiste sono l’esatto contrario a quello che serve per uscire dalla crisi in maniera favorevole alle classi popolari: serve infatti un nuovo intervento dello stato nell’economia, finanziato con la creazione di moneta da parte delle banche centrali.

 

Appare in tutta evidenza la natura di classe e antipopolare della destra sociale odierna.

 

(1) Combatre le Front National de Marine Le Pen, LEM , Parti communiste français , http://lem.pcf.fr/13216 , Pg. 25-26

(2) Pg. 29

(3) Pg. 47

(4) Le cosiddette posizioni sul signoraggio bancario sembrano riscuotere molto successo, in tempi di crisi, su internet. E’ bene ricordare che queste derivano dal pensiero del poeta fascista Ezra Pound (da quale,per esempio, prende il nome l’associazione dei fascisti del terzo millennio “Casa Pound”). E’ bene inoltre notare che queste teorie sono una distorsione della realtà delle cose, cioè sono sostanzialmente false. Inoltre non si può non notare che dietro queste si celi appunto una visione corporativista della società, dove operai e padroni dovrebbero combattere insieme il nemico comune, le banche.