A PROPOSITO DELLA LISTA SANTORO-LA VALLE

pubblichiamo come contributo alla discussione

di Roberto Gabriele

Il compagno Andrea Vannini ha pubblicato su questo sito una nota polemica sulla possibile presentazione di una lista Santoro-La Valle alle prossime elezioni europee. La nota era anche una risposta alle considerazioni positive fatte in proposito dal compagno Fausto Sorini sempre su Marx 21.

Per valutare la questione in maniera oggettiva bisogna sgombrare il terreno da cose che fanno parte di una certa archeologia politica che caratterizza l’area di sinistra e anche di quelli che si considerano comunisti. Questo per dire che quando si apre una discussione invece di entrare nel merito della questione concreta si parla di cose che andrebbero invece valutate separatamente.

E’ il caso appunto della lista per le elezioni europee proposta da Michele Santoro e da Raniero La Valle. Avendo partecipato all’incontro al teatro Ghione di Roma e seguito con una certa continuità la vicenda mi sento di dire, salvo smentite di cui dovrò prendere atto, che la proposta di una Lista per la pace alle elezioni ha un significato politico e non elettorale. E’ questa distinzione che fa la differenza. Sembrerebbe una questione di lana caprina, ma così non è. E qui cerco di spiegare il perchè.

Personalmente concordo con la posizione del compagno Vannini sul fatto che bisogna prendere le distanze da tentativi elettoralistici che servono a soddisfare le pruderie di qualche gruppo incapace di capire come andrebbe impostata, in termini oggettivi e politici, la questione elettorale in Italia. Non è un caso che dopo il disastro Cossutta-Bertinotti le liste ‘alternative’ viaggiano quasi sempre sullo zero virgola. Riproporre esperienze di questo tipo non ha senso ed è una operazione poco credibile e strumentale.

La diversità sta nel fatto che si tratta di elezioni europee che riguardano appunto il cuore della gestione imperialista della guerra in Ucraina (e ora anche in Palestina) e che ci impone di trovare un modo di manifestare in una forma non minoritaria e occasionale la volontà di pace di milioni di italiani. Le elezioni europee con una lista che chiede l’uscita dell’Italia dalla guerra e il rispetto dell’art.11 della Costituzione diventa una sorta di Referendum contro la guerra. E’ politicamente valida questa proposta? Io penso di sì ed anzi su questo nodo interpretativo bisogna portare avanti la discussione e fare chiarezza.

E’ evidente che in un fronte comune per portare l’Italia fuori dalla guerra e rispettare l’art.11 – un approccio condiviso dalla maggioranza del popolo italiano – convivono opinioni e culture politiche tra loro anche molto diverse (comunisti, eco-socialisti, cattolici, democratici, anche moderati), come fu del resto nei CLN durante la Resistenza al nazifascismo. L’essenziale non è fare le pulci a questo o quell’esponente più o meno sgradito, ma valutare se il minimo comun denominatore raggiunto è adeguato oppure no, e se la massa critica che si mette in movimento ha una sua consistenza o si rivela, come lo sono alcune iniziative, ultra-radicale nei contenuti, ma con una rappresentatività da prefisso telefonico, che si risolve infine in un inno all’impotenza.

E a proposito di Referendum, visto che il compagno Vannini ha posto la questione rispetto alle ultime iniziative andate a vuoto, bisogna dire che il parallelo non ha senso rispetto al significato della Lista per la pace. Le modalità di pronunciamento della gente sono completamente differenti e i fallimenti di altri tentativi vanno analizzati rispetto ai relativi contenuti e credibilità. Ed essi semmai confermano che quando la rappresentatività dei promotori di talune iniziative è troppo marginale, nonostante la bontà delle parole d’ordine, il risultato è deludente.

Detto questo, la soluzione però non è quella di dire che c’è la Lista per la pace e tutto va bene. Anche io ritengo che prima di partire bisogna verificare la correttezza di tutta l’operazione. In termini di rappresentanza in primo luogo, sia per evitare che rispunti il furbetto di ‘sinistra’ che cerca di lucrare sull’iniziativa, sia che si ripresenti la solita minestra riscaldata. La rappresentanza deve essere ampia e fatta di soggetti che pur provenendo da esperienze e posizioni diverse si riconoscono nella necessità di fare uscire l’Italia dalla guerra e di far rispettare l’art.11 della Costituzione.

Ma questo non basta. Ci sono altre due cose da chiarire in questa vicenda.

Una riguarda il fatto che non si vada a costruire un movimento politico che esuli dal significato stesso del voto. Sarebbe un tentativo velleitario, sbagliato e ingannevole nei confronti degli elettori. Il nostro slogan è: uniti per la pace !

La seconda e ultima cosa da chiarire è che per assicurare il risultato alla lista bisogna puntare allo sviluppo del movimento contro la guerra che prepari questo risultato. Non è un problema di tecniche elettorali, ma di coinvolgimento delle gente che si deve trovare unita nel comune obiettivo e vedere il voto alle europee come un risultato di un vasto lavoro di massa, che continua dopo le elezioni, con qualche strumento in più che non guasta.

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