Zeng Yixin, vicedirettore della Commissione sanitaria nazionale in una conferenza stampa dell’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato sul lavoro di ricerca dell’origine del nuovo coronavirus a Pechino del 22 luglio

da http://www.xinhuanet.com

La Cina ha soddisfatto pienamente i requisiti degli esperti dell’OMS, invitandoli a visitare tutti i luoghi dove volevano andare e di incontrare tutte le persone che volevano vedere.

I risultati dello studio congiunto OMS-Cina sono in grado di resistere alla prova del tempo.

Il piano dell’OMS, concentratosi sulla “fuga dal laboratorio a causa di una violazione dei protocolli”, mostra la mancanza di rispetto per il buon senso e l’arroganza nei confronti della scienza.

La Cina non può accettare l’attuale versione del piano avviata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità finalizzata sulla seconda fase di indagine sulle origini del virus COVID-19. Perché il piano è stato compromesso dalla manipolazione politica e dalla mancanza del rispetto dei fatti scientifici.

Zeng è rimasto molto sorpreso dopo aver letto la proposta per la seconda fase di indagine perché il piano ha elencato l’ipotesi che la Cina abbia violato i protocolli di laboratorio e fatto fuoriuscire il virus come uno dei principali obiettivi della ricerca.

La Cina spera che l’OMS possa prendere seriamente in considerazione i pareri e i suggerimenti avanzati dagli esperti cinesi, considerare il tracciamento dell’origine del virus COVID-19 come una questione scientifica libera da interferenze politiche e condurre attivamente e costantemente indagini sull’origine del virus in vari paesi e luoghi a livello globale.

I lavori per il tracciamento dell’origine del virus dovrebbero essere condotti in modo più esteso in tutto il mondo per cercare i primi casi, effettuare studi di epidemiologia molecolare ed identificare serbatoi animali ed ospiti intermedi.

Non si è verificato un solo incidente di fuga dell’agente patogeno o di persona contagiata nel laboratorio Wuhan P4 dall’avvio della sua operazione nel 2018.

L’Istituto di Virologia di Wuhan non è entrato in contatto, conservato o ricercato il virus COVID-19 prima del 30 dicembre 2019.

Le infrastrutture, il sistema di gestione, la composizione del gruppo e i protocolli di lavoro del laboratorio Wuhan P4 sono identici a quelli degli altri laboratori P4 in funzione nel mondo.

Il laboratorio Wuhan P4 non solo dispone di precauzioni di biosicurezza stabili e affidabili, ma ha anche istituito una serie di sistemi completi di gestione della biosicurezza, nonché un team di professionisti per sostenere, gestire e mantenere il suo funzionamento.

L’affermazione che tre ricercatori dell’Istituto di Virologia di Wuhan siano andati all’ospedale nel novembre 2019 per sintomi identici a quelli dal COVID-19, è stata totalmente creata dal nulla. I media che hanno propagato l’accusa non sono mai stati in grado di fornire i nomi dei presunti ricercatori.

Tali accuse infondate che implicano l’Istituto di Virologia di Wuhan come fonte della pandemia hanno disturbato il lavoro di ricerca scientifica dell’istituto e creato un impatto negativo sui normali scambi accademici e sulle cooperazioni scientifiche e tecnologiche della comunità accademica internazionale.

All’inizio di quest’anno, il gruppo congiunto di esperti Oms-Cina sono stati a Wuhan per la ricerca del tracciamento dell’origine del virus COVID-19.

Il team ha visitato l’Istituto di Virologia di Wuhan e condotto una ricerca molto dettagliata sull’applicazione da parte dell’Istituto delle procedure standardizzate, delle norme di gestione e di sicurezza, nonché sui suoi precedenti e attuali progetti di ricerca.

La missione è giunta alla conclusione che è estremamente improbabile che il virus provenga da un laboratorio.

I ricercatori cinesi hanno suggerito di condurre più ricerche in paesi i cui laboratori P4 non erano stati visitati da esperti internazionali, per verificare i possibili rischi di “fuga” e i problemi di sicurezza.

Proponiamo di investire più sforzi per le ricerche sull’origine del virus COVID-19 agli animali e in paesi e regioni dove ci sono presenze di pipistrelli.

La Cina non ha nascosto i dati originali ed è una consuetudine internazionale di proteggere la privacy dei pazienti.

La Cina ha condiviso con gli esperti internazionali i dati clinici dei primi pazienti COVID-19, comprese le informazioni provenienti dalle indagini epidemiologiche e i risultati dei test di laboratorio, per condurre congiuntamente analisi e ricerche, e le conclusioni sono state successivamente pubblicate nel rapporto dell’OMS.

Rivelare i dati clinici dei pazienti è contrario alle leggi e ai regolamenti pertinenti, siccome questi dati contengono informazioni personali.

La Cina non ha intenzionalmente trattenuto i dati dal gruppo di ricerca e la credibilità delle conclusioni del rapporto congiunto non è compromessa, perché semplicemente la Cina vuole proteggere la privacy dei suoi cittadini non consentendo agli esperti di portare con sé i loro dati personali in altri paesi.