
di: Francesco Maringiò, da CGTN
Dal vertice dei ministri degli Esteri BRICS a Rio, la Cina rilancia il suo modello di cooperazione globale fondato su sovranità, sviluppo condiviso e rifiuto delle logiche di potenza.
I Ministri degli esteri dei paesi BRICS si sono riuniti ad inizio settimana a Rio de Janeiro, Brasile, nella consueta riunione dei maggiorenti della politica internazionale di un insieme di paesi. Il messaggio chiaro che lanciano al mondo è il loro forte impegno per il multilateralismo ed il diritto internazionale, a partire dal ruolo centrale delle Nazioni Unite in un sistema internazionale in cui gli Stati sovrani cooperano per mantenere la pace, la sicurezza e promuovere uno sviluppo sostenibile e garantire i diritti umani per tutti.
Non si tratta delle solite felpate parole della diplomazia, ma di un manifesto politico che parla a tutta l’umanità per costruire un argine al tentativo di scardinare le regole internazionali in tutti i campi per far sprofondare il mondo in una fase di turbolenze governate dalla legge della giungla.
Il documento conclusivo approvato dai Ministri offre spunti significativi sul rapporto tra i Paesi dei Brics, il Sud globale e l’atteggiamento verso alcuni aspetti dell’attuale ordine internazionale. Non menziona espressamente gli Stati Uniti, tuttavia critica alcuni aspetti dell’ordine esistente e promuove un’alternativa ed una riforma dell’attuale ordine globale.
Un punto resta centrale: l’atteggiamento dirompente degli Stati Uniti non è legato alla contingenza della presidenza Trump. Washington infatti sta provando a cambiare le regole mondiali per renderle confacenti ai propri interessi strategici, a scapito di tutti gli altri – alleati inclusi-, nel tentativo antistorico di provare a mettere un’egemonia globale, contro gli interessi della maggioranza del mondo. Un processo, questo, che non fa altro che alimentare le tensioni ed i conflitti nel mondo su più livelli: militare, economico, diplomatico, finanziario, etc.
Proprio il bullismo statunitense sull’imposizione unilaterale di dazi sul commercio globale, la pretesa che il mondo continui a comprare il debito americano ed alimentarne i consumi interni e, nel contempo, la pretesa di escludere tutti gli altri dai frutti condivisi di una globalizzazione economica o dallo sviluppo tecnologico, spinge i BRICS e porsi il problema di rilanciare la prospettiva di un sistema multipolare che scardini la centralità del dollaro e riduca la dipendenza dai circuiti dominati dall’Occidente. L’intenzione è quella di costruire un ecosistema economico BRICS sempre più integrato, basato sull’uso delle valute locali, su nuovi strumenti di pagamento e su un modello di crescita ancorato alla produzione e all’equità sociale. In controluce, si coglie una critica esplicita alla finanziarizzazione e all’instabilità dei mercati globali, percepiti come strumenti di dominio. Pur evitando il confronto diretto, i BRICS delineano un’alternativa sistemica all’ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti, marcando la distanza non solo nei contenuti ma anche nei metodi: meno sanzioni e imposizioni, più cooperazione e pluralismo.
Nel suo intervento al vertice di Rio, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha ribadito la centralità del multilateralismo come fondamento dell’ordine internazionale, denunciando la deriva unilaterale impressa dagli Stati Uniti. Ha affermato che «il multilateralismo è la pietra angolare dell’ordine internazionale del secondo dopoguerra» e pertanto va preservato, altrimenti è legittimo il dubbio che si voglia rimodellare l’ordine economico globale con la forza. Sul piano della sicurezza internazionale, Wang Yi ha avanzato una visione alternativa fondata sulla «sicurezza universale», opponendosi alla logica dello scontro tra blocchi e alla politica delle alleanze esclusive. Wang Yi ha avanzato una visione alternativa fondata sulla «sicurezza universale», opponendosi alla logica dello scontro tra blocchi e alla politica delle alleanze esclusive. Rispetto ai due grandi conflitti del mondo contemporaneo ha espresso l’impegno cinese ad appoggiare «tutti gli sforzi dedicati a una soluzione pacifica della crisi ucraina, e spera che le parti in causa possano risolvere i problemi radicati della crisi e raggiungere il più presto possibile un accordo di pace equo, duraturo, vincolante e accettato da tutte le parti in causa». Per quanto riguarda la questione mediorientale, il capo della diplomazia cinese ha ribadito che «la priorità urgente è promuovere un cessate il fuoco completo in Gaza. La soluzione a lungo termine è promuovere il “programma di due Stati”, in modo che lo Stato palestinese e lo Stato di Israele possano vivere in pace. La Cina è disposta a lavorare con i membri del BRICS per la stabilità e la sicurezza durature in Medio Oriente». Questa visione si lega a una proposta di “modernizzazione senza egemonismo”, un concetto che è molto più di una formula diplomatica: è una dichiarazione di principio e una strategia di posizionamento globale. Wang Yi presenta Beijing come un partner disposto ad accompagnare altri Paesi nel percorso di sviluppo senza riprodurre le dinamiche storiche del dominio coloniale o neocoloniale. Questo approccio si fonda su alcuni pilastri: l’assenza di condizionalità politiche, il rispetto assoluto della sovranità nazionale, la condivisione delle opportunità di crescita e il rifiuto esplicito della competizione tra grandi potenze. «La Cina – ha chiarito il capo della diplomazia cinese – non partecipa alla competizione tra grandi potenze e non prende parte alla rivalità geopolitica». Si tratta quindi di un modus operandi alternativo a quello occidentale, in cui modernità e autonomia possono coesistere, permettendo a tutti di cogliere i frutti dello sviluppo umano.
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