di Angelo D’Orsi
da il fatto quotidiano 8 novembre 2024
La sinistra italiana, o piuttosto il centrosinistra, o se si preferisce il campo progressista, può trarre utili insegnamenti dalle elezioni che hanno portato al clamoroso ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Perciò, invece di addentrarmi nella geografia elettorale di un sistema confuso e per molti versi grottesco come quello degli Usa, e dando per scontato un severo giudizio morale sul miliardario-presidente, tenterò di enucleare alcuni punti sui quali non sarebbe fuori luogo una seria riflessione. Premetto che da gennaio gli Usa avranno, oltre a Trump, un secondo presidente, che di nome fa Elon Musk, casualmente l’uomo più ricco del mondo.
Propongo innanzi tutto la domanda canonica: perché il campo progressista (insomma i Dem statunitensi) è stato sconfitto? Gramsci ci inviterebbe a far seguire a questa, una seconda domanda: perché Trump ha vinto? E che cosa la sua vittoria (e per converso, la sconfitta, anzi la disfatta della sua rivale) ci insegna? Naturalmente i due interrogativi sono strettamente connessi. Un formidabile assist per rispondere è venuto, ieri, in un talk tv, da un personaggio ormai di casa da noi, di nazionalità statunitense, Alan Friedman. Alla domanda del conduttore su chi avesse votato (voto per posta, che è possibile negli Usa), il simpatico Friedman (che la sera prima si era esibito in altro programma tv in canti e balli), ha risposto: “Ho votato per la democrazia”. Gli fa eco nel suo podcast, lo stesso giorno, Massimo Giannini che tuona: “In America c’era una volta la democrazia, ora non c’è più”. Affermazioni-fotocopia troviamo su tutti i fogli e i siti “democratici”. Una collega della New York University tiene un blog (a pagamento!) nel quale, da anni, demonizza Trump come fascista. E così via.
Ebbene, simili argomentazioni sono la migliore spiegazione della sconfitta dei Democratici, i quali con l’inesperta e garrula Harris, hanno condotto tutta la loro campagna sui grandi valori, democrazia, da un lato, autoritarismo dall’altro, agitando di continuo lo spettro del fascismo, dimenticando del tutto le questioni vitali delle classi popolari. Esattamente come ha fatto il centrosinistra italiano nello scontro elettorale del 2022. Intanto Trump parlava di economia, di inflazione, di migranti, di ricchezza e povertà e anche di guerra, in particolare quella in Ucraina, denunciata come spreco di risorse economiche concesse al “piazzista” Zelensky. La Harris sulla guerra era balbettante o silente del tutto. In Italia, del resto, gli esponenti del campo progressista – campo stretto o largo che sia – a chi poneva il problema della guerra sotto l’aspetto economico (sia per le sanzioni alla Federazione Russa da cui siamo stati danneggiati noi europei, sia per il denaro a fondo perduto e le armi donate graziosamente a Zelensky), rispondevano alzando le spalle: “Ci sono valori più alti, la libertà, la democrazia…”. Era in fondo l’indimenticabile paradosso del guru Draghi: “Preferite i condizionatori accesi o la pace?”, dove pace stava per la famigerata “pace giusta”, ossia guerra infinita di Zelensky. Infatti, la guerra è continuata e accendere i condizionatori ci è costato assai di più, da quando abbiamo rinunciato al gas russo. Continuiamo. Mentre il vecchio e francamente orrido Donald, con il suo grezzo ma efficace argomentare, parlava di problemi sociali, di vita quotidiana, di disoccupazione e pieno impiego, e costruiva un vero blocco sociale interclassista, certo sotto il segno della paura, da un canto, e del sogno dell’america First, dall’altro lato, intorno alla difesa del portafogli, o alla tutela del lavoro, che faceva la sua rivale? La signora Harris – che con la sua risata che invece di seppellire Trump ha seppellito un intero partito, quello democratico – insisteva sui diritti civili, con particolare attenzione al tema dell’aborto, alla libertà delle donne e ai diritti della comunità Lbgq+: tutte cose sacrosante, ma che certo non appassionano le masse popolari, alle prese con problematiche più rozze, ma vitali, e che quelle tematiche considerano “roba da ricchi”. Esattamente la politica della sinistra italiana ormai concentrata sui diritti civili e dimentica quelli sociali. Sicché con lo spettro del fascismo e l’oblio dei bisogni primari dei ceti più deboli, il campo progressista italiano è finito tra le fauci dei La Russa, Meloni, Salvini, Tajani e compagnia cantante. Insomma, come altre volte nella storia, quando la sinistra smette di fare il suo lavoro, ossia di rappresentare i bisogni dei ceti subalterni, arriva la destra a impadronirsi di quel tema, con argomenti demagogici e ne fa la sua narrazione vincente. La risposta di colei che viene etichettata come leader dell’opposizione, la signora Schlein, è scoraggiante: ieri è andata, come aveva fatto prima di lei la neocavaliere Marina Berlusconi, a rendere visita/omaggio a Mario Draghi. Come dire: ha proprio capito tutto… E se la sinistra ritornasse a fare la sinistra?
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