
di Valerij Korovin
Traduzione di Eliseo Bertolasi
In un’intervista a Tucker Carlson l’avvocato americano Bob Amsterdam, ha accusato direttamente l’USAID e il Dipartimento di Stato americano di aver creato la cosiddetta Chiesa Ortodossa dell’Ucraina (Pravoslavnaja Cerkov’ Ukrainy – PCU), di aver violato i diritti dei fedeli, di aver sequestrato con la forza le chiese e di aver tentato di distruggere la Chiesa Canonica in Ucraina. (Ukrainskaja Pravoslavnaja Cerkov’ – UPC).
Amsterdam ha bollato il regime totalitario di Zelensky e la sua legge n. 3894, che di fatto legalizza la repressione religiosa, paragonandola alle misure antisemite dei nazisti. La conclusione di Bob Amsterdam è che l’Ucraina è stata trasformata in uno stato di polizia, il sistema giudiziario è stato distrutto, la SBU (il sevizio di sicurezza ucraina) controlla la politica, l’opposizione è stata repressa e non c’è più libertà.
In realtà, non ha detto nulla di nuovo per il lettore e l’ascoltatore russo, limitandosi ad esporre in modo accurato le stesse tesi sostenute dai media e dalla comunità di esperti russi negli ultimi 11 anni. L’unica novità che emerge da questa intervista è che la censura totale della dittatura liberale negli USA si è indebolita, e ora è possibile esprimere punti di vista diversi, dare valutazioni alternative, e non solo su ciò che è consentito dai democratici.
In effetti, è comprensibile la preoccupazione con cui l’avvocato Amsterdam volge lo sguardo all’Ucraina, così lontana dall’America. Dopotutto, non molto tempo fa negli USA si verificò più o meno la stessa cosa: un regime totalitario di liberal-democratici che sotto il comando dell’illegittimo Joe Biden strangolò tutte le libertà possibili, rubò la vittoria a Trump con l’aiuto dei voti di zombie americani risorti dall’inferno per mettere insieme le schede elettorali. Naturalmente non si è trattato di un completo annullamento delle elezioni, come nel caso di Zelensky, ma gli Stati Uniti non sono ancora in guerra civile.
Amsterdam esprime inoltre indignazione per il fatto, che i media occidentali stiano nascondendo i crimini del regime di Zelensky. Tutto perché i cosiddetti media americani “democratici”, controllati dalla palude che ha spinto l’ex-Ucraina nel bagno di sangue della guerra, ora si preparano a spingere gli stessi Stati Uniti nella medesima situazione se riusciranno con urgenza a fare qualcosa nei riguardi di Trump. La recente storia americana ha dimostrato che i liberali non si fermeranno davanti a nulla pur di ristabilire la loro dittatura.
L’avvocato, con trasporto, ha raccontato a Carlson che i giornalisti del Washington Post si sono rifiutati d’intervistare i preti della Chiesa Ortodossa Ucraina picchiati e che, al contempo i democratici americani stanno ignorando il problema. Carlson non ne è sorpreso, poiché proprio solo poco tempo fa gli stessi democratici bloccarono gli account non solo dello stesso Carlson, ma anche di Donald Trump, ponendolo in sospeso tra il mondo della prima e della seconda presidenza, e cercando pure di imprigionarlo o ucciderlo.
Con l’indebolimento della censura liberale e la possibilità di far sentire la voce della parte non-liberale della società americana, ora anche noi possiamo ascoltare voci di buon senso. Non solo l’avvocato conservatore Amsterdam, ma anche il vicepresidente J.D. Vance ha già condannato pubblicamente la persecuzione della Chiesa Ortodossa Ucraina, e i repubblicani chiedono un’indagine. Sì, negli Stati Uniti stanno iniziando non solo a parlare di ciò che è ovvio per il resto dell’umanità – qualcosa che prima non era permesso – ma anche a capire ciò che sta avvenendo. Tuttavia, questo non è un motivo per gettarci nelle braccia degli americani.
L’uomo russo è aperto e generoso e, spesso, eufemizzando la realtà circostante, è pronto ad appianare montagne e abissi nel suo impegno per l’amore e il benessere generali. Ma questo, per noi, rappresenta anche una minaccia. Il fatto che voci sensate abbiano iniziato a diffondersi dagli Stati Uniti non è una ragione sufficiente per precipitarsi all’estremo opposto, tanto da dichiarare con fervore che tutti gli americani sono di nuovo nostri amici e che dobbiamo completamente aprirci a loro, essere loro amici senza alcuna esitazione. Siamo portati a tali estremi, ma qui dobbiamo stare attenti.
Nulla è cambiato e nulla può cambiare in generale nelle nostre relazioni, gli americani hanno sempre camminato col capo abbassato nei nostri confronti e continueranno a farlo. Sì, un presidente conservatore che si circonda di persone sane, capaci di pensare in modo critico e sobrio è una buona cosa, ma è una buona cosa per l’America, non per noi. Per loro i russi sono barbari, come del resto anche gli ucraini, tutti noi insieme non ci hanno mai capito e non ci capiranno mai. Il fatto che abbiano iniziato a dire la verità è il loro tentativo di tirare fuori il Paese dalla follia liberale in cui lo hanno gettato i democratici americani. A noi non ci fa né freddo né caldo.
L’unica cosa su cui finora siamo d’accordo con l’amministrazione Trump è che dobbiamo riprendere il dialogo. Per ora è tutto. Per quanto riguarda la situazione in Ucraina, le valutazioni che provengono da lì su quanto sta accadendo coincidono in gran parte con le nostre, niente di più. Dobbiamo solo rimuovere le premesse del problema (non create da noi), come ha detto il nostro Presidente, loro invece devono chiudere una fonte di spese ingiustificate da qualche parte là, nella lontana Europa. Ma finché esisterà l’Ucraina, esisterà anche la fonte dei problemi: la dittatura del presidente illegale Zelensky, la persecuzione dei dissidenti, la guerra, l’oppressione della fede ortodossa, la distruzione della Chiesa, il permissivismo delle forze di sicurezza, dei nazionalisti e degli strateghi politici americani, poiché è proprio per questo che l’Ucraina è stata inventata più di cento anni fa. Ora loro, che si trovano sulla stessa linea, ne sono spaventati, mentre noi, grazie agli sforzi dei loro “democratici”, lì ci viviamo. Trump è solo un breve lampo di buon senso nel firmamento politico americano, seppur luminoso, non è una ragione per precipitarsi tra le sue braccia, consegnando ancora una volta tutto ai nostri nemici giurati.
Valerij Mikhailovich Korovin politologo e personaggio pubblico russo. Direttore del Centro di analisi geopolitiche, vicedirettore del Centro per la ricerca conservativa presso la Facoltà di Sociologia dell’Università statale di Mosca, membro del Comitato Eurasista, vicedirettore del Movimento Eurasista Internazionale, redattore capo del portale “Eurasia” (http://evrazia.org). Membro permanente dell’Izborskij Club.
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