Ucraina, la linea di condotta

di Aginform

E’ ora di bilanci sulla vicenda dell’operazione militare speciale russa in Ucraina dopo la caduta di Bakhmut. Anche se la guerra è ancora in corso è possibile azzardare qualche conclusione.

Partiamo innanzitutto dalle valutazioni al momento dell’inizio delle operazioni militari. Da un lato la tesi dell’aggressione russa ‘non provocata’, dall’altro la posizione di chi come noi ha da subito messo in chiaro che l’intervento russo era ben motivato, sia per la guerra civile che il governo Zelensky aveva scatenato da anni contro il Donbass, sia per il fatto che le vicende ucraine si inserivano in un piano strategico americano di accerchiamento militare della Russia con l’espansione ad est della NATO. L’operazione militare speciale metteva in chiaro che il limite era stato abbondantemente superato e bisognava reagire. Una scelta difficile, ma inevitabile.

Le valutazioni sul significato della scelta di Putin si basavano dunque su necessità oggettive che lo hanno reso credibile e chi ne ha riconosciuto l’inevitabilità ha basato i suoi ragionamenti non su un’ideologia filorussa, ma sui dati di fatto. E’ bene sottolineare questo aspetto della questione per evitare che una posizione come la nostra venga confusa con manifestazioni di ‘filoputinismo’ che appaiono fuori luogo (e basterebbe leggere Zyuganov, di cui citiamo frequentemente dichiarazioni e articoli, per capirlo).

La decisione russa di intervento in Ucraina ha segnato dunque il punto di crisi di una strategia imperialista a guida americana che credeva, e ancora crede, che in Europa, come in Asia rispetto alla Cina, si possano capovolgere i rapporti di forza militari e bloccare la crisi di egemonia degli americani. La risposta militare russa ha posto concretamente fine a questa illusione.

Forte di queste motivazioni, in Italia una rete informativa antimperialista è stata capace di documentare come gli avvenimenti bellici fossero frutto della politica aggressiva americana e di mostrare che l’Europa è solo il servo sciocco di quella politica. La controinformazione ha sortito un efficace risultato, riuscendo anche a bloccare il tentativo della solita sinistra né..né di condannare in contemporanea sia gli americani che gli ‘aggressori’ russi. Per questo oggi a sinistra si parla essenzialmente di blocco dell’invio delle armi italiane e di uscire dalla guerra e dietro questo orientamento c’è la convinzione che la storiella di Zelensky vittima ed eroico resistente non funziona. Anche se bisogna ammettere che la propaganda bellicista della NATO è assordante e pervasiva e rende ancora difficile passare dalle parole alla lotta aperta contro i governi italiani schierati per la guerra.

Anche stavolta però l’area comunista, salvo eccezioni, per le difficoltà che conosciamo non è riuscita a svolgere un’opera seria e organica di messa a punto del significato di questa guerra, su cui fondare l’asse strategico della lotta antimperialista e determinare una crescita politica e di influenza. Siamo rimasti insomma su un terreno minoritario, anche se la campagna contro le responsabilità americane e NATO nella guerra d’Ucraina, soprattutto nel settore dell’informazione, è andata ben oltre questi limiti, come dimostra il ruolo di personaggi come il prof. Orsini, il generale Mini, e molti altri.

Sul piano strettamente militare, analizzando ciò che sta accadendo sul campo e tenendo conto che aprire uno scontro armato nel centro dell’Europa comporta certamente rischi enormi di estensione del conflitto, i fatti hanno dimostrato che chi pensava di procedere tranquillamente col riarmo dell’Ucraina e la guerra contro le repubbliche del Donbass aveva calcolato male le conseguenze e la reazione che ne sarebbe derivata. E’ vero che la NATO, cioè gli USA, hanno rapidamente provveduto a organizzare una mole impressionante di forniture militari e di assistenza tecnica e logistica a Kiev, ma questo non ha ottenuto il risultato di bloccare la determinazione russa di realizzare gli obiettivi che l’operazione militare speciale si proponeva. Avanzare in queste condizioni certamente non è stato facile, ma Bakhmut dimostra che la Russia non può essere battuta anche se gli ucraini hanno dietro tutto il sostegno dell’area imperialista occidentale. La NATO e gli USA modificando l’impostazione di partenza: ucraini + armi = vittoria devono ora rischiare di aprire uno scenario di guerra globale. Accetteranno la sconfitta o rilanceranno in modo diverso lo scontro, visto che sul campo non riescono a progredire e questo è sempre più palese?

Senza voler sottovalutare i rischi della situazione, il modo con cui gli ucraini stanno tentando di uscire dal tunnel in cui si sono cacciati dimostra che hanno rinunciato a misurarsi direttamente sul campo di battaglia e puntano a forme spettacolari di azione, come se questo potesse modificare i rapporti di forza. I droni sul Cremlino, gli attentati in Russia a esponenti ritenuti troppo nazionalisti, la ‘invasione’ della Russia da parte di gruppi di mercenari, sembrano le trovate di chi cerca una via d’uscita non sapendo come affrontare una situazione strategicamente compromessa. Non dobbiamo cadere vittime della propaganda occidentale e credere che questi fatti possano cambiare il corso degli avvenimenti. Non dobbiamo però neanche rimanere spettatori, sia pure di parte, di fronte alla guerra. E’ bene che si abbia la consapevolezza che la guerra in Ucraina, come all’epoca quella del Vietnam, rappresenta uno spartiacque e per certi versi la posta in gioco a livello mondiale è molto più alta di allora e insieme i rischi, benchè ineluttabili, sono maggiori.

Di qui la necessità che i comunisti e le forze antimperialiste svolgano un ruolo, come avvenne appunto col Vietnam, e incidano nello svolgimento degli avvenimenti. Non dimentichiamo che la guerra contro gli americani in Vietnam fu vinta non solo sul piano militare, ma anche su quello politico e diplomatico, come i vietnamiti hanno sempre ripetuto. Quindi dobbiamo oggi, come movimento mondiale contro la guerra americana in Ucraina riprendere un percorso già sperimentato.

Solo che rispetto ad allora partiamo da una situazione totalmente differente. Quel mondo occidentale che seppe esprimere un grande movimento contro la guerra americana nel Vietnam, oggi non si vede ancora all’orizzonte, ma può diventare un fattore decisivo. Per questo, se è il momento di bilanci militari, è anche il momento di fare una valutazione su come sono andate le cose sul piano politico e della mobilitazione.

Siamo fiduciosi che la Russia reggerà l’urto di questa guerra per procura della NATO, come siamo fiduciosi che questo avvenga in un contesto internazionale in cui aumenta l’isolamento dell’occidente imperialista. Non vediamo però ancora all’orizzonte quella spallata che indurrebbe gli americani a retrocedere. Riflettiamo dunque anche sulle nostre responsabilità.

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