La Francia è stata attraversata, da diversi anni, da grandi lotte. L’ultima è quella sulle pensioni. Ma prima ci fu quella contro la riforma del codice del lavoro ai tempi di Hollande, gli scioperi per le ulteriori riforme di Macron, quella contro il cambio di statuto dei ferrovieri, e quelle contro la riforma delle pensioni del 2019. Queste manifestazioni sono state represse con violenza dalla polizia, ricorrendo anche ad arresti arbitrari. Negli ultimi tempi si parla dell’utilizzo dei droni in azioni di ordine pubblico. Tecniche di guerra, che vediamo in atto in Ucraina stanno velocemente passando alla gestione civile quotidiana.
Il Senato francese ha approvato in prima lettura (ma con procedura accelerata) una legge in cui, oltre a limitare (in stile berlusconiano) il diritto di espressione dei magistrati sindacalizzati (in un paese in cui c’è un forte sindacato di sinistra della magistratura, molto attivo nella difesa delle libertà pubbliche e di una visione egalitaria della società), si vuole dare la possibilità alla polizia di attivare i dispositivi teconologici di cui disponiamo per svolgere indagini. La differenza tra ciò che può fare un hacker (meglio, un craker) e quello che può fare la polizia si fa sempre più sottile. D’altra parte diventa palese e chiaro quello che tecnicamente già oggi può essere fatto per la sorveglianza preventiva dei movimenti (tra cui quello sindacale) di protesta e di organizzazione dei lavoratori.
L’aumento della repressione e della sorveglianza sono il segno di un conflitto di classe che aumenta di intensità. La legalizzazione di mezzi prima illegali (e repressi) mostra ancora una volta la disponibilità delle classi dirigenti ad oltrepassare i principi che esse stessi enunciano e che utilizzano per mostrare la superiorità della democrazia liberale occidentale rispetto agli altri regimi mondiali, specialmente quelli del Sud del mondo. Quando gli interessi fondamentali di queste classi cominciano ad essere messi in discussione, come in passato, sono pronte a mettere in discussione qualsiasi principio, compreso quello democratico. Come potranno in futuro denunciare il totalitarismo russo o cinese, quando le stesse pratiche saranno state adottate anche in Occidente ? Ma la priorità ora non è quella della lotta ideologica contro i paesi del Sud, ma domare le proprie classi lavoratrici, che con le loro lotte indeboliscono la base economica delle classi dirigenti occidentali e la loro presa ideologica sulla società.
Il disegno di legge “Orientamento e programmazione del Ministero della Giustizia 2023-2027” ha iniziato ad essere discusso in Senato e l’articolo 3 sta già suscitando polemiche. E a ragione.
In mezzo a disposizioni volte a ratificare, in ordine sparso, l’intervento a distanza dei medici in caso di prolungamento del fermo di polizia e degli interpreti fin dall’inizio del fermo di polizia, o l’estensione delle possibilità di perquisizione notturna ai reati comuni, è stato creato un nuovo strumento investigativo che consente di attivare a distanza i dispositivi elettronici di una persona a sua insaputa, per ottenere la geolocalizzazione in tempo reale o catturare immagini e suoni. Art. 3 punti 12° e 13° e da 17° a 19°.
In parole povere, gli investigatori forensi saranno in grado, ad esempio, di geolocalizzare un’auto in tempo reale utilizzando il suo sistema informatico, di ascoltare e registrare tutto ciò che viene detto nel microfono di un telefono anche se non c’è alcuna chiamata in corso, o di attivare la telecamera di un computer per riprendere ciò che si trova nel campo visivo, anche se il proprietario non la accende. Tecnicamente, la polizia sfrutterà le falle di sicurezza di questi dispositivi (soprattutto se non vengono aggiornati al momento dell’accesso o da remoto) per installare un software che le consenta di prendere il controllo e trasformare i vostri strumenti, quelli dei vostri cari o di vari luoghi in spie.
Per giustificare queste gravi violazioni della privacy, il Ministero della Giustizia invoca il “timore di attirare l’attenzione dei criminali indagati per crimine organizzato, di rivelare la strategia stabilita o semplicemente perché esporrebbe la vita degli agenti incaricati di questa missione” installando strumenti investigativi. In breve, per gli agenti sarebbe troppo rischioso o complicato installare microfoni e segnalatori “fisici”, quindi tanto vale utilizzare tutti gli oggetti connessi esistenti. Tuttavia, questo presunto rischio non è supportato da informazioni serie o esempi specifici.
Soprattutto, bisogna tenere presente che l’hacking dei dispositivi continuerà a comportare l’accesso fisico agli stessi (che è tecnicamente più semplice), quindi gli agenti saranno sempre esposti a questo presunto rischio legato al campo. Inoltre, i limiti fisici imposti all’installazione di un dispositivo sono una salvaguardia necessaria contro la massiccia invasione della privacy.
La misura prevista dall’articolo 3 è particolarmente problematica per i telefoni cellulari e i computer, che fanno parte della nostra vita. Ma il pericolo non finisce qui, poiché il suo campo di applicazione copre tutti i “dispositivi elettronici”, ossia tutti gli oggetti digitali dotati di microfono, fotocamera o sensori di localizzazione. Questa misura investigativa potrebbe quindi rendere possibile :
– suonare”, cioè ascoltare spazi da un televisore collegato, da un baby monitor, da un assistente vocale (come Google Home) o da un microfono integrato in un’automobile;
– ritrasmettere immagini e video da una telecamera di un computer portatile, da uno smartphone o da una telecamera di sicurezza con rilevamento del movimento;
– recuperare la posizione di una persona utilizzando il posizionamento GPS di un’auto, di uno scooter connesso o di un orologio connesso. Anche molti altri dispositivi dotati di questi sensori potrebbero essere violati.
Se questo testo venisse definitivamente adottato, aumenterebbe pericolosamente le possibilità di intrusione della polizia, trasformando tutti i nostri strumenti informatici in potenziali spie.
A questo proposito, è particolarmente preoccupante vedere sancito il diritto dello Stato di sfruttare le falle di sicurezza del software o dell’hardware utilizzato, anziché cercare di proteggerle informando le persone dell’esistenza di tali falle per porvi rimedio.
Tuttavia, la polizia e i servizi segreti hanno già a disposizione strumenti estremamente invasivi: installare cimici nelle case o nelle automobili (segnalatori GPS, telecamere di videosorveglianza, microfoni a contatto con il pubblico), estrarre informazioni da un computer o da un telefono, ad esempio, e utilizzare registratori di schermo o di battute (keylogger). Queste possibilità molto ampie, particolarmente invasive della privacy, sono già state abusate e utilizzate per sorvegliare attivisti come (nella lotta di Carnet, nell’opposizione ai megabacini, nelle sedi dei militanti a Digione, o nelle fotocopiatrici delle sedi anarchiche, ecc.)
Mentre le rivelazioni sullo spionaggio dei telefoni da parte di Pegasus continuano a suscitare scandalo e il potenziale di spyware è stato condannato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il Ministero della Giustizia lo considera un esempio da seguire. Sta cercando di legittimare questi dispositivi assicurando che solo la criminalità organizzata e il terrorismo saranno presi di mira da queste “tecniche investigative speciali”.
Sebbene il disegno di legge faccia riferimento a reati considerati gravi, ciò non è in grado di dissipare le legittime preoccupazioni. Infatti, questi stessi reati gravi sono già stati utilizzati per perseguire azioni militanti, sia contro persone solidali con i migranti accusate di aver favorito l’ingresso di persone in banda organizzata, sia contro attivisti ambientali, ancora di recente descritti come “eco-terroristi”, o attivisti contro il seppellimento di scorie nucleari a Bure.
Più in generale, la gamma di reati presi di mira può anche andare oltre il regno immaginario del “crimine grave”, e includere la produzione e la vendita di droga su qualsiasi scala, l’approvvigionamento, che può essere definito in modo molto ampio per includere la semplice assistenza a una lavoratrice del sesso, il furto organizzato, ecc.
Per quanto riguarda la geolocalizzazione degli oggetti connessi, lo spettro è ancora più ampio, in quanto l’attivazione a distanza potrebbe riguardare chiunque sia sospettato di aver commesso un reato punibile fino a cinque anni di reclusione, che – a causa dell’inflazione penale delle leggi che si sono succedute – potrebbe spaziare, ad esempio, dal semplice occultamento, alla trasmissione di un documento falso a una pubblica amministrazione, o allo scarico non autorizzato di documenti da un sistema informatico.
Soprattutto, la storia ci ha dimostrato che esiste un “effetto a catena”: una volta adottata una legge o un esperimento di sicurezza, non si può più tornare indietro. Al contrario, la creazione di una misura intrusiva funge generalmente da base per future estensioni della sicurezza, legittimandole con la sua sola esistenza. Un esempio comune è l’estensione graduale di disposizioni inizialmente votate per punire un reato eclatante ad altri reati. Ad esempio, la banca dati del DNA (FNAEG) è stata adottata solo per i reati sessuali, ma da allora è stata estesa praticamente a tutti i reati: oggi, il 10% della popolazione francese di età superiore ai 20 anni è registrato direttamente, e oltre un terzo indirettamente.
Consentire il controllo di tutti gli strumenti digitali ai fini dello spionaggio di polizia apre la porta a rischi gravissimi di abuso o di uso massiccio.
Dato il ruolo crescente degli strumenti digitali nella nostra vita, accettare il principio stesso che essi vengano trasformati in ausiliari della polizia a nostra insaputa pone un grave problema per le nostre società. È un ulteriore passo verso il totalitarismo, che comporta un elevato rischio di autocensura per tutte quelle persone che – sempre più legittimamente – temono di essere registrate da un assistente vocale, di veder tracciati i propri spostamenti o addirittura di veder registrata la propria vita dalla polizia – se, ad esempio, hanno la sfortuna di camminare nudi davanti alla telecamera del proprio telefono o computer.
Per tutti questi motivi, l’articolo 3 della LOPJ suscita serie preoccupazioni per la violazione dei diritti e delle libertà fondamentali (diritto alla sicurezza, diritto alla privacy, segretezza della corrispondenza, diritto di andare e venire liberamente). Per questo chiediamo a tutti i parlamentari di impegnarsi per l’eliminazione di queste disposizioni dal disegno di legge e di agire come baluardo contro questa deriva securitaria.
* Organizzazioni aderenti all’OLN: CECIL, Creis-Terminal, Globenet, La Ligue des Droits de l’Homme, La Quadrature du Net, Le Syndicat des Avocats de France, Le Syndicat de la Magistrature.
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