Sulla risoluzione del Parlamento Europeo

di Lenny Bottai

da https://www.facebook.com/

L’impietosa vicenda della risoluzione del Parlamento Europeo, con la quale si definisce la Russia uno stato terrorista, ricade essenzialmente – come responsabilità politica e morale – sulle spalle della cosiddetta sinistra. E non mi riferisco tanto a quella liberal, ormai defunta in tutte le sue funzioni reazionarie, quanto a quella che invece si promette di portare avanti le istanze delle masse che la prima ha chiaramente tradito, e che la guerra la pagheranno cara.

Fin dal 24 febbraio era difatti chiaro, a tutti coloro che volevano capire, come stavano le cose. A meno che uno non vive in un mondo parallelo, tipo dentro un videogioco per bambini 24 ore al giorno, ognuno di noi ha sentito parlare di Donbass e di cosa accade in Ucraina, da ben otto anni, alla larga fetta di russofoni che la abitano da sempre, perché se questo stato oggi esiste, bisogna ricordare che la sua suddivisione non è tanto storica, quanto politica, e dovuta alle scelte della defunta URSS che la suddivisero da Mosca in quanto Repubblica Socialista dell’Unione Sovietica secondo loro crismi, e mai potevano immaginare una suddivisione dal cuore della Russia. Così come era chiaro l’accerchiamento che la NATO stava preparando alla Russia, con esercitazioni ai confini e volontà di inglobare anche questa nazione, dopo tante altre storiche ex repubbliche, nell’Unione militare atlantica che non ha mai smesso di avere una funzione bellica anti-russa.

Il problema di fondo è che la tutela delle minoranze e la pace sono strumenti geopolitici utilizzati a geometria variabile a seconda delle situazioni, sapientemente illuminate quando serve, oppure totalmente oscurate quando scomode ai riflettori dei media che vanno per la maggiore. Paradigmatica la questione curda, totalmente ignorata e repressa negli anni del PKK di Ocalan (definito partito terrorista, difatti in clandestinità), ma divenuta argomento da mainstream e riabilitata durante l’inciso della fase odierna, nella quale YPG e JPG, quando sono diventati funzionali allo spezzettamento della Siria, oltreché comoda carne da macello per arginare l’Isis (insieme all’esercito siriano), sono stati sostenuti dalla stessa NATO che, dopo averli usati, adesso li ha lasciati attaccare perché gli scenari geopolitici sono cambiati nuovamente.

Stessa identica situazione vale per le guerre di aggressione, quelle che quando vengono portate avanti da stati “amici” dell’Occidente, oltre a non fare troppo rumore nei nostri TG, non causano nessuna discussione e/o indignazione (Arabia Saudita nello Yemen docet), né l’estromissione di atleti dalle competizioni sportive internazionali, e non si vedono in giro neppure tante testimonianze di umanitarismo eroico tipo quello della Germania ai mondiali.

Nella cultura della sinistra di classe, tuttavia, c’è sempre stata una funzione di bilanciamento di questa tendenza, di illuminazione delle parti volutamente lasciate all’oscuro, dei popoli e delle minoranze massacrati tra il silenzio generale dei cosiddetti stati democratici, quelli che da sempre si ergono a giudici indiscussi ed indiscutibili di ciò che di giusto o sbagliato, di buono o di cattivo, accade oggi nel globo terrestre. Nella cultura della stessa sinistra, però, purtroppo, si debbono registrare anche in enormità di Tabù e di sindromi da potere, da «dittatura». Forse perché non è ben chiaro che, una volta al potere, uno stato socialista e soprattutto anti-imperialista deve difendersi costantemente dagli attacchi esterni e da quelli interni, o forse perché qualcuno è ancora fermo all’inconcludenza movimentista che ci ha donato una serie interminabile di mostri politici che ancora oggi scontiamo (i Fratoianni ed i Casarini, per capirsi…).

È una sindrome che talvolta colpisce gli stessi ex-sostenitori di alcuni movimenti rivoluzionari, ma che una volta che questi prendono il potere, dopo anni di patimenti, tutta la cattiveria esclamata nei cori dei cortei dove si gridava alle ghigliottine per sostenerli, diventa un’incredibile paranoia di essere diventati i nuovi fiancheggiatori della “favola tradita”. Questo paradigma lo abbiamo vissuto nelle tante realtà sudamericane, le quali una volta salite al potere e colpite dalle crisi indotte dall’esterno, sono state additate per non aver permesso ai manifestanti coccolati dall’imperialismo nordamericano ed europeo (Cuba, Veneziana, Nicaragua…) di fare il loro sporco gioco nel nome dei cosiddetti diritti di esercitare un’opposizione, magari a suon di democratici Golpe.

Ed è sempre dentro la stessa dinamica paranoica che si inserisce il tabù di dover difendere la Russia oggi, non è un caso che i paesi succitati al contrario di tanti occidentali sono stati i primi a prendere una posizione netta a favore della sua causa, forse perché conoscono bene il fenomeno da combattere, cioè la contraddizione primaria [cit]: l’imperialismo, anche senza la necessità di adulare lo “Zio Vlad” che non è chiesta a nessuno.

Un male oggi esercitato da due poli distinti, ma solo in apparenza, in realtà da tempo uniformati, che si chiamano USA e UE. Essi (in realtà il secondo è subalterno al primo) che hanno la volontà di costruire un mondo unipolare e lottano contro gli stati emergenti che spingono per avere la loro legittima fase di progresso, la loro sovranità, e sono da tempo schierati con potenze come Cina e Russia, le quali, seppur sono due realtà ben diverse, assumono una chiara funzione unitaria anti imperialista di rivendicazione di un mondo multipolare. Non veder questo, mi spiace tanto per gli amici settari amanti delle teorie ottocentesche applicate male, è avere una funzione anti storica nella fase attuale. Non lo dice di certo il sottoscritto ma lo spiegava bene gente come Fidel, il quale, a questo punto, sarebbe allora da considerarsi un filo imperialista?

Insieme a tutto questo, a creare il nemico che fa cose intollerabili, ci si mette l’annosa funzione della sovrastruttura, quella che crea ostilità e confusione nelle masse attraverso temi secondari, oggi resi predominanti, non senza una buona dose di esagerazione, come i diritti civili e la democrazia negata in Russia dove da sempre si svolgono regolari elezioni, e per dirla tutta, il Partito Comunista, che è il secondo del paese e governa intere regioni, si schiera in politica estera dalla stessa identica parte di Putin, ed è quello che ha più riprese ha chiesto di intervenire nel Donbass da anni.

Anche la questione dei diritti civili (sia chiaro sacrosanti, ma se inseriti in un contesto Socialista come a Cuba, in Venezuela, altrimenti possono essere specchi per le allodole, oppure i cavalli di Troia) sono validi a geometria variabile per molti “compagni”. Lessi tempo fa, in una chat sulla guerra, un commento di un compagno gay, orgogliosamente gay, ma marxista, che non tollerava – giustamente – il sostegno ad un governo nazista che dopo anni di caccia al “diverso” annunciava un’ipocrita conversione arcobaleno per far felici i sostenitori europei. Dopo spiegò bene la situazione in Russia, largamente esagerata, ma sicuramente non quella che vive Cuba. E se dovessimo prendere queste contraddizioni secondarie come unico metodo di paragone per le controversie geopolitiche, che fine farebbero quelle bandiere palestinesi che da sempre si portano il corteo?

Volete provare a proporre ad Hamas i diritti LGBT?

È ovvio che in questo molti paesi sono arretrati, così come in Occidente c’è una sovrastima totale del “valore” della Libertà individuale, che ha da sempre una funzione di parcellizzazione e atomizzazione della società, ed ha raggiunto livelli talvolta macchiettistici. Ma questa impalcatura serve solo a costruire “il nemico dei diritti” contro il quale tutti devono tifare per fargli la guerra e condannare, eventualmente, tutti i cittadini di quei paesi (LGBT compresi).

Questa è l’impalcatura su cui si costruisce tutto l’inganno, quello che ci fa vedere la Russia come un pericolo per la pace nel mondo, sotto i dettami di una nazione che, come si vede in questa immagine, l’unica cosa che produce costantemente da un secolo è la guerra. Nonostante questo, nessuno stato si sogna minimamente di dire di no ad un loro atleta che vuole partecipare ad una competizione internazionale, nessun governo si rifiuta di elargire i propri miliardi, magari destinati al Sociale, per sostenerne i piani guerrafondai, ed anche se come successo recentemente in sede ONU, tutte le nazioni votano contro lo stritolamento economico che questa opera da sempre su altre nazioni inermi, come vale per Cuba ma non solo, loro lo fanno lo stesso, tanto agli USA di sanzioni non gliene infligge nessuno.

Così, mentre le paranoie di essere ritenuti dei sostenitori del diavolo Putin hanno impedito a una certa sinistra di prendere la giusta posizione, quella che invece hanno preso Cuba e tanti altri paesi, ovvero non di fomentare la guerra (sia mai!) ma di determinare la legittimità della Russia di rompere l’accerchiamento della NATO e rivendicare, liberare, i territori abitati prevalentemente da russofoni per porre fine a otto anni di martiri, il parlamento europeo decreta che è la Russia lo stato terrorista nel silenzio totale. Se oggi l’Italia è arretrata sul tema della guerra, ed al massimo assistiamo a manifestazioni come quella di Roma, dove a rivendicare la pace era chi parlava di eliminare i russi, oppure fino a pochi mesi fa, sosteneva la stessa causa del governo attuale, è perché la sinistra che DOVEVA seguire gli esempi dei paesi socialisti, si è avvitata nei suoi tabù occidentali e nell’incapacità di leggere lucidamente gli eventi e dirigere le masse, tenendo a bada le contaminazioni di un falso pacifismo che produrrà molta più guerra di un qualsiasi Putin, che fino ad oggi non aveva invaso nessuno, al contrario di questi sotto.

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