Subordinazione europea agli Usa: il vero piano del recente vertice NATO

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di Francesco Maringiò

Mentre gli Usa, al di là delle dichiarazioni al vetriolo, continuano a mantenere integrate le catene di approvvigionamento globali con la Cina, anche in settori strategici, l’Europa si imbarca in una linea patriottarda che paga a caro prezzo in termini di sicurezza ed economia. Cosa emerge dal recente vertice NATO nel blocco occidentale e la distanza con la volontà di pace del Sud Globale.

Non c’è tregua per chi spera che il complesso rebus della politica mondiale trovi una sua forma stabile di gestione che rafforzi il desiderio di pace, maggioritario tra i popoli del mondo, ed il bisogno di politiche cooperative, le uniche che permetterebbero agli stati di prosperare economicamente. 

Il vertice NATO di Washington, invece, ha frustrato entrambe le aspettative, segnando un ulteriore (e non necessario) salto nella retorica bellicista e nella corsa al riarmo. Due fattori che, combinati, allontanano la possibilità della pace ed impongono nuovi sacrifici economici. 

Ma non è solo la retorica ad essere bellicista. Le decisioni prese segnano proprio un salto di qualità (in negativo) nel tentativo di alcuni settori delle classi dirigenti occidentali di estendere il conflitto al resto del mondo ed a casa propria, nel tentativo antistorico di mantenere in vita un ordine internazionale basato sul vassallaggio di intere aree del mondo ad un centro dominante. 

Una linea che accomuna “i falchi” dello schieramento occidentale, ma che non rappresenta né la volontà dei popoli, né l’intera classe dirigente continentale. A riprova della dialettica interna al campo euro-atlantico c’è la recente iniziativa del premier ungherese Viktor Orbán che, appena assunta la presidenza di turno dell’UE, si è lanciato in un tour diplomatico che ha messo al centro il bisogno di una soluzione negoziale del conflitto ucraino, visitando anche Pechino, perché ”la Cina – sono le parole del leader magiaro – è una potenza chiave per creare le condizioni di pace tra Russia e Ucraina’’.

È impensabile che un’iniziativa di così vasta scala possa essere solo farina del sacco di un leader europeo. È più probabile, invece, che Orbán si faccia interprete di una linea sostenuta da più soggetti in Europa, che non concordano con l’oltranzismo sbandierato nei vertici ufficiali dove, irresponsabilmente, si persegue una linea di progressiva e continua escalation.

Ma l’escalation marcato dal vertice NATO non riguarda solo il quadrante euro-atlantico e la guerra in Europa. Il documento conclusivo contiene anche un inusitato attacco alla Cina, considerato un paese che sfida gli interessi e la sicurezza atlantica ed approfondisce il partenariato con la Russia, lasciando quindi intendere che ne supporta lo sforzo bellico nel conflitto ucraino. Oltre a ciò, il vertice mostra un marcato interesse geostrategico all’”Asia-Pacifizzazione” della NATO, ovvero il coinvolgimento crescente delle potenze europee negli affari del Pacifico.

È il segno del tentativo di innalzare la tensione globale, forse proprio perché i piani strategici non vanno come i desiderata sbandierati nei documenti: l’Occidente è sempre più isolato nel mondo ed il tentativo di ridurre al silenzio gli avversari usando coercizione ed interventi militari non sta sortendo l’effetto voluto. Ma c’è di più, gli strali che vengono rivolti contro la Repubblica Popolare, sono puntualmente smentiti dagli stessi Stati Uniti.

È stato Biden, a marzo del 2023, ad ammettere l’estraneità della Cina dall’accusa dell’invio delle armi alla Russia. Soprattutto, sono proprio gli Stati Uniti ad avere una base industriale in ambito militare, pienamente integrata con la manifattura cinese. Cosa che, fuori da ogni ragionevole dubbio, dimostra coma la Cina non si muova in base ed una logica da “guerra fredda” e da compartimentazione del mondo in blocchi separati ed in continua competizione politica, militare ed economica. E sebbene questo sia il mantra dei circoli oltranzisti nordamericani, che spingono le imprese europee al decoupling, la realtà americana è più complessa.

È quanto emerge da un rapporto del Pentagono (“Numbers matter: defense acquisition, U.S. production capacity, and deterring China”), realizzato da Govini, un’azienda che ha ricevuto un contratto da 400 milioni di dollari per analizzare la spesa e le catene di approvvigionamento del Dipartimento della Difesa e che rivela una verità decisamente diversa dalla propaganda: l’industria della difesa americana dipende dai fornitori cinesi. I dati del sistema Ark.ai di Govini mostrano un quadruplicarsi dei fornitori cinesi nelle catene di fornitura statunitensi dal 2005 al 2020, con un aumento del 600% della dipendenza elettronica tra il 2014 e il 2022, proprio negli anni nei quali gli Usa obbligavano molte imprese europee ad interrompere i rapporti coi fornitori cinesi, andando in contro a problemi concreti quali l’aumento dei costi e dei tempi di produzione.

Ma al vertice NATO di Washington, oltre a decisioni di natura militare e strategica, sono emersi risvolti economici decisivi. Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha comunicato che gli Stati Uniti manterranno alti i tassi di interesse per attrarre investimenti globali destinati alla propria economia, riaffermando così il ruolo dominante del Dollaro. La stessa affermazione sull’adesione dell’Ucraina alla NATO (un paese distrutto sul piano economico e che necessita di ingenti investimenti per la ricostruzione), contribuisce a rafforzare la tendenza al consolidamento ulteriore della dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti, non solo politicamente e militarmente, ma anche finanziariamente.

Quindi, per riassumere, da un lato abbiamo gli Stati Uniti che, al di là della retorica e delle scelte industriali che impongono ai propri alleati, continua a mantenere catene di fornitura integrate col resto del mondo, anche con quei paesi oggetto dei propri strali sul piano politico. Dall’altro abbiamo l’Europa, con una guerra in casa che paga a caro prezzo in termini di coinvolgimento diretto nello scenario bellico, esplosione dei prezzi di fornitura energetica, con un’economia spinta a separarsi dalle catene del valore globale e subordinata alla centralità della valuta statunitense. Un’Europa spinta ad una corsa al riarmo finanziabile alla lunga soltanto rinunciando allo stato sociale ed investita da un fenomeno migratorio innescato dalle guerre che il così detto “Occidente collettivo” fomenta in giro per il mondo. Processi che, potenzialmente, corrono il rischio di far implodere lo spazio comunitario europeo.

Questo è lo scenario che abbiamo di fronte, se non si inverte la rotta e non si raccoglie il ramoscello d’ulivo che, il Sud Globale guidato dalla Cina, offre al mondo intero. Una forma di cooperazione ed una riforma della governance globale che democratizzi la politica internazionale e metta al centro i bisogni comuni dei popoli. L’alternativa è, drammaticamente, soltanto l’abisso della guerra.

Fonti:

https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_227678.htm

https://thediplomat.com/2024/05/chinas-nato-anxiety

https://www.aljazeera.com/news/2023/3/25/biden-says-no-sign-yet-of-china-sending-weapons-to-russia

https://www.govini.com/insights/numbers-matter-defense-acquisition-u-s-production-capacity-and-deterring-china

https://altreconomia.it/vertice-nato-un-patto-atlantico-a-misura-di-dollaro

https://insidedefense.com/insider/new-govini-ceo-says-company-tripled-employee-count-over-past-year

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