Questo articolo di Norberto Natali è stato scritto poche ore dopo la chiusura dei seggi negli Stati Uniti ma rimane un’ottima analisi della situazione politica statunitense
di Norberto Natali
Lo si era detto anche di Berlusconi ventisei anni fa: la sua vittoria veniva considerata una specie di “scherzo” della storia oppure un incidente.
Trump ha di nuovo travolto tutti i sondaggi e -a scrutinio ancora aperto- ha già preso (nel momento in cui scrivo) 4.000.000 di voti in più rispetto a quando fu eletto la prima volta e questi potrebbero diventare anche 10.000.000 a scrutinio ultimato.
Non era un incidente momentaneo; perciò -a prescindere da chi sarà il presidente degli USA- il vincitore “politico” o “morale” di queste elezioni è Trump, nel senso che è effettivamente rappresentativo dei valori morali e della situazione storica della più grande potenza imperialista del mondo.
Resta una questione (che sarebbe troppo lungo affrontare ora) alla quale non mi sembra di aver mai sentito dare risposte convincenti: perché tanta parte del popolo (o dei popoli?) degli USA appare indifferente, quando non apertamente ostile, agli ideali “democratici”, in un certo senso “di sinistra” con cui il nostro sistema di potere ammanta il Partito Democratico statunitense?
Forse sarebbe il caso di conoscere nel merito, punto per punto, la vera storia di Biden e dei suoi sostenitori e i loro veri programmi, per rispondere a tale quesito.
Trump viene descritto come un fascista (e non ho motivi per dubitarne) ma chi ha fatto affari con i nazifascisti ucraini -rappresentando in modo plastico una situazione diversa da quella che vogliono farci credere- è proprio… il figlio di Biden!
Trump viene descritto come guerrafondaio e provocatore (e non ho motivo per dubitarne) ma chi ha dichiarato -in caso di propria elezione- di voler rilanciare la funzione aggressiva della NATO è Biden e sono i democratici che accusano Trump di essere poco “cattivo” con la Cina, la Repubblica Democratica Popolare di Corea ed altri paesi a loro non graditi.
Ecco, gli USA sono un paese nel quale un odioso miliardario reazionario ha degli avversari che convincono poco come alternativa ad esso.
Già con la prima rivoluzione borghese del 1649 in Inghilterra, conclusa con l’uccisione di re Carlo I° (la borghesia ovunque ha preso il potere ha instaurato il terrore e fatto bagni di sangue dei propri avversari, monarchi ed aristocratici compresi), i borghesi hanno sempre avuto bisogno -per consolidare il proprio potere e garantire lo sviluppo industriale capitalistico- del bipartitismo o del bipolarismo.
Inizialmente erano i Tories e i Whigs (conservatori e liberali) i quali esprimevano gli uni gli interessi della proprietà terriera e gli orientamenti ed i costumi più rigidi del passato, gli altri quelli della borghesia urbana con mentalità più aperta e tendenze più laiche e moderne.
Lo stesso accadde in seguito tra Girondini (media ed alta borghesia della provincia francese) e Giacobini (piccola borghesia rivoluzionaria legata a strati popolari parigini) e poi via via ovunque, compreso il nostro Risorgimento.
Alla fine dell’800 sorsero i Partiti Socialisti, quindi il bipartitismo conservatori-liberali fu sostituito da quello con i riformisti ed i socialdemocratici. Per esempio, in Inghilterra i conservatori “assorbirono” i liberali ed iniziò l’alternanza con i laburisti che dura tuttora.
Nella gran parte dei paesi capitalisti, in epoche più recenti, il dominio politico della borghesia e lo sviluppo industriale (e post industriale imperialista) è stato assicurato dal bipartitismo tra partiti liberaldemocratici (laici o di ispirazione cristiana) e pseudo partiti operai, come la SPD, i già citati laburisti, ecc.
La lotta di classe, la rivendicazione dell’indipendenza politica della classe operaia, esige una lotta senza compromessi contro i suddetti tipi di regimi bipartitici o bipolari e non la complicità con essi con il pretesto di fare da “ala sinistra” o “rappresentanza popolare” o dei lavoratori: è sempre stato un modo per politicanti ed intellettuali sgangherati, di ritagliarsi un proprio ruolo nel sistema di potere, contribuendo al mantenimento e al consolidamento del potere borghese e riducendo la funzione di settori del proletariato -nel migliore dei casi- a quella di “clientes” di questo o quel gruppo della borghesia imperialista in lotta con altri.
Non a caso Lenin scrisse in proposito: “(…) una lotta tra imprenditori capitalistici (a volte tra imprenditori di vari paesi, a volte tra distinti gruppi di imprenditori di un determinato paese). Il problema è sempre storicamente determinato e si riduce in realtà al problema di quale sia nel particolare momento storico quel particolare gruppo di imprenditori che esprima meglio gli interessi generali dello sviluppo capitalistico” (Opere Complete vol. II° pag. 177 dell’edizione in russo).
Tuttavia, le suddette opinioni sulla funzione storica del bipartitismo non sono di origine bolscevica: derivano, per esempio, dal pensiero di Maurice Duverger (si veda il suo libro pubblicato da Laterza nel 1978) considerato il padre delle scienze politiche francesi e rilanciato da un altro noto pensatore di orientamento liberaldemocratico, il professor Giorgio Galli, nel suo testo universitario “Storia dei partiti politici europei” (Rizzoli 1989).
Questo carattere di fasulla alternanza (non alternativa), dunque, dei regimi bipolari borghesi è largamente riconosciuto da decenni: strano che nell’ultimo quarto di secolo lo abbiano tutti dimenticato in Italia, anche a sinistra! Nel nostro paese, invece, la Resistenza e la Costituzione hanno generato un sistema diverso, se vogliamo un autentico bipolarismo in senso di classe: ossia il riconoscimento dell’indipendenza politica del movimento operaio e del suo diritto ad essere nelle istituzioni e a determinare le scelte di governo in alternativa agli interessi della borghesia.
Il nuovo regime maggioritario (bipolare), non a caso nato dopo lo scioglimento del PCI, è semplicemente l’esclusione delle masse proletarie dal diritto (almeno formale) di conquistare il governo del paese, la negazione della loro indipendenza politica e la riduzione delle istanze dei lavoratori ad interessi particolari, subalterni alla lotta tra diversi schieramenti borghesi, più o meno reazionari o “progressisti”.
La classe operaia è perdente in partenza in questi giochetti da politicanti ed ha bisogno del rilancio della lotta di classe su tutti i piani contemporaneamente e di un “sistema” del movimento operaio incentrato sulla funzione di avanguardia di un partito realmente di classe (dunque rivoluzionario) ed esteso ad una serie di movimenti di massa, in primis quello sindacale. Un “sistema” capace di far pesare il proletariato in quanto MAGGIORANZA del popolo e sui terreni capaci di conquistare l’egemonia interagendo con le contraddizioni principali del potere borghese.
Tornando agli USA, Sanders è solo una copertura, come lo sono quelle deputate -non caso tanto propagandate dai nostri media- le quali sembrano tanto “antagoniste” perché sono gay o arabe o per motivi simili. Accettando il sistema bipartitico “amerikano” l’unico risultato che possono avere è di portare acqua al mulino di Biden per far vincere, però, Trump.
Questo è il bilancio della storia.
Sono un espediente da marketing, uno specchietto per le allodole, un modo per disorientare e disorganizzare il proletariato. La funzione “di sinistra” del Partito Democratico, illusoriamente attribuita da simili esponenti politici, si riduce a proporre la rappresentanza di singole e distinte minoranze, ciascuna con la propria particolare esclusiva rivendicazione e facendo in modo -in una crisi assai grave dell’imperialismo- di separare (se non di contrapporre) i valori ideali e le prospettive generali di cambiamento della società con il rifiuto di peggioramenti immediati ed ingiusti delle condizioni di vita dei lavoratori.
Con il risultato che buona parte delle “minoranze” non li ha votati mentre tanto legittimo malcontento per l’ingiustizia sociale si è tradotto paradossalmente in un voto per Trump da parte di alcuni settori delle masse popolari.
Non è assolutamente possibile qualsiasi automatismo o confronto meccanico tra la situazione degli USA e quella dell’Italia, tuttavia, anche da questa esperienza, c’è da capire che dobbiamo liberarci al più presto dei “Sanders all’italiana”. Il movimento operaio e la sinistra del nostro paese sono stati distrutti da loro e non potranno risorgere senza un grande Partito Comunista ed una politica che riconquisti non le “minoranze” ma la maggioranza del popolo, cioè il proletariato, ne ristabilisca l’indipendenza politica da tutto il regime bipolare e ponga l’obiettivo del potere politico ed economico degli oppressi e degli sfruttati, ossia quelli che lavorano e producono (quando non vengono costretti alla disoccupazione).