“America first”

US and North Korean Flagsdi Albano Nunes, Partito Comunista Portoghese

da avante.pt

Traduzione di Mauro Gemma

La natura di classe del potere negli Stati Uniti è la questione di fondo.

Le dichiarazioni insolenti e minacciose dell’amministrazione statunitense, che hanno messo in discussione le prospettive della distensione nella Penisola Coreana, confermano che l’insolito e ondeggiante comportamento di Trump e del suo governo non è altro che un originale (e per molti scomoda) espressione della pericolosissima deriva reazionaria e guerrafondaia degli USA. Nella politica dei differenti governi della superpotenza ci sono state sempre sfumature da mettere in relazione alla personalità del presidente e al colore della maggioranza del Congresso, sia “Repubblicana” che “Democratica”, le due facce del medesimo partito unico.

E’ evidente che pesa il fatto che la “Casa Bianca” brulica di noti falchi del Pentagono e del “Tea Party”. E ciò che è determinante, tuttavia, è la natura di classe e la logica di un potere che pretende di dominare il mondo, obiettivo che gli Stati Uniti perseguono con particolare arroganza dalla II Guerra Mondiale anche quando hanno dovuto spuntare gli artigli di fronte alla conquista della parità strategica da parte del campo socialista a alla forza della lotta dei popoli e del movimento della pace. Il criminale utilizzo dell’arma nucleare a Hiroshima e Nagasaki e la proclamazione del “nuovo ordine mondiale” da parte di Bush dopo la scomparsa dell’URSS, sono espressioni significative deli obiettivi proposti. E’ in questo contesto che devono essere prese in considerazione le provocazioni di Trump e del suo “America first”.

Se fosse Hillary Clinton, la “regina della guerra”, a occupare la presidenza, la politica degli Stati Uniti sarebbe un’altra? Sarebbe diversa la risposta all’aggravamento della crisi strutturale del capitalismo, al declino dell’egemonia degli USA, all’ascesa internazionale della Cina e al malcontento e alla lotta (da non sottovalutare) del popolo statunitense? Per quanto riguarda l’essenziale certamente no. Trump è un personaggio esecrabile e un pericoloso avventuriero. Ma tuttavia non è sulle sue assurdità e provocazioni che va concentrata l’attenzione, ma nel vero significato e nelle conseguenze della politica interna ed estera degli USA, sapendo che – all’interno di contrasti nella classe dominante statunitense e delle contraddizioni nel campo imperialista – chi comanda è il grande capitale finanziario, Wall Street, il Pentagono, il poderoso complesso militare-industriale. Il comportamento burlesco di Trump serve a puntino a facilitare e banalizzare l’avanzata dell’estrema destra, del razzismo, dell’oscurantismo e del militarismo.

E’ significativo che le decisioni più reazionarie e aggressive dell’amministrazione Trump non suscitino così tanta polemica nella putrida élite dirigente statunitense e che nell’UE non sollevino (almeno per ora) più che preoccupazione e sfiducia. Questo è il momento in cui la sfrenata corsa agli armamenti scatenata dagli Stati Uniti, le sue colossali spese militari, la revisione bellicista della sua dottrina militare che indica esplicitamente la Cina e la Russia come nemici, il perfezionamento delle armi nucleari e la minaccia del loro uso in primo luogo, costituiscono un terribile pericolo per l’umanità. Ed è così perché tale politica è espressione di un sistema che pretende di dominare il mondo nonostante sia indebolito e storicamente condannato.