Le presidenziali negli Stati Uniti. Editoriale

usa clochard bandiera

di Marco Pondrelli

Il dibattito Biden Trump ha messo in luce i tanti limiti della ‘democrazia’ statunitense, per questo motivo il confronto televisivo merita un approfondimento, non certo per iniziare a tifare a favore di questo o quel candidato, anche se capiamo che le scelte più rilevanti per il nostro Paese vengono prese alla Casa Bianca, per cui la tentazione di votare il nostro vero padrone ci sarebbe.

Il livello imbarazzante mostrato da Biden smaschera l’ipocrisia di tanti giornali che derubricavano a fake news le accuse di chi metteva in dubbio la lucidità del Presidente. Questo però è il contorno, che ancora una volta dimostra come i giornali italiani, e non solo, siano strumenti di propaganda e non d’informazione.

Sono due i punti su cui è necessario riflettere. Il primo riguarda la candidatura di Biden, giunti a questo punto la legge che regola le primarie permette un cambio di candidato solo se il Presidente si dovesse ritirare, fu una modifica apportata dopo la turbolenta convention democrativa del 1968, che tolse ai delegati la possibilità di votare per un altro candidato rispetto a quello che avevano sostenuto. In ogni caso se Biden dovesse rinunciare o, ipotesi al momento remota, essere dichiarato incapace decadendo da Presidente, per i democratici si aprirebbero due problemi: uno politico e uno legale. Quello politico sarebbe quello di riuscire a trovare un candidato in grado di unire il partito, molto probabilmente senza una convergenza su un unico candidato la convention si protrarrebbe con interminabili votazioni dando lo spettacolo di un Partito incapace di prendere una decisione. Se questo è il problema politico quello legale è anche più pressante, per candidarsi alla presidenza servono soldi, miliardi non milioni, le donazioni già ricevute da Biden non potrebbero essere girate ad un altro candidato, questo perché si vota la persona non il Partito. Questa situazione porterebbe il futuro candidato a porsi come primo problema quello di raccogliere denaro, è con i soldi che si vincono le elezioni ed ovviamente tutti i presidenti hanno dimostrato la loro gratitudine a chi li ha sostenuti.

Il secondo problema che lo stato di Biden apre riguarda il tema democratico. Ci sentiamo ripetere che quella degli Stati Uniti d’America è la migliore democrazia del mondo, ogni 4 anni gli statunitensi votano (specifichiamo statunitensi e non americani). Chi è eletto governa e al termine del mandato viene giudicato, se ha lavorato bene lo si riconferma altrimenti si sceglie un altro candidato. A parte la descrizione un po’ troppo ottimista della politica a stelle e strisce, noi ci chiediamo che democrazia è quella in cui una persona evidentemente incapace di intendere e di volere governa un Paese. Le scelte degli USA in questi anni sono state razionali viene da chiedersi di conseguenza chi stia prendendo le decisioni e sopratutto viene da chiedersi chi ha scelto queste persone. Di fronte a tutto questo il re è nudo, anche chi non voleva vedere deve riconoscere che la scelte strategiche per il Paese non sono assunte dai poteri scelti dagli elettori e da essi controllati ma sono prese altrove. La tanto decantata democrazia liberale è una democrazia fittizia in cui il voto resta un simulacro di libertà e in cui le decisioni importanti non sono neanche lontanamente condizionate dalla volonta popolare. La tragica e patetica figura di Biden aiuta a svelare questa brutta realtà. Il re è nudo o, come ha scritto qualcuno, il re è rinco.

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