di Mark Epstein
I fattori più importanti, soprattutto negli USA, anche se il discorso vale per tutti i paesi ‘occidentali avanzati’ (in funzione sia di culture che sul modello imperiale vedono un’integrazione sempre più stretta tra i modelli di promozione dei mondi dello spettacolo, dello sport e della politica, quindi dove la propaganda mediatica tende ad occultare tutte le questioni relative a programmi, passati politici e decisionali concreti, e sostituirli con gossip, pappette scandalistiche, e via dicendo), sono prima di tutto quelli economici, e cioè il capitale a disposizione per competere nelle campagne elettorali: non è certo un caso che negli ultimi decenni le elezioni si tengano con un fortissimo numero di candidati che sono perlomeno milionari.
E le statistiche riguardo redditi ed averi dei membri del Senato e Congresso parlano chiaro (nel 2015 quasi il 51% dei membri del Congresso erano milionari; nel 2012 l’un percento della popolazione statunitense godeva della qualifica di ‘milionario’, ma il 66% dei senatori lo era; per altre statistiche indicative vedi qui e qui). Ovviamente queste statistiche sono solo sintomatiche, nel senso che nella realtà un candidato povero o della classe media può essere fautore di programmi e portatore di ideologie e di valori molto più favorevoli al grande capitale ed alle oligarchie di un milionario (ho scritto “può” non che sia probabile, o che vi sia un determinismo fortissimo tra situazione economica personale e visione del mondo e programmi; altrimenti il fenomeno ultra-diffuso della prostituzione politica non si spiegherebbe).
L’importanza del capitale a disposizione diventa ancora più lampantemente chiaro quando si considerano i costi di ogni campagna elettorale che ad ogni tornata battono i record di quelli precedenti ed ormai sono sull’ordine di svariati miliardi, secondo stime molto conservatrici, che non calcolano i moltissimi costi indiretti, o i contributi in termini di lavoro, volantinaggio, contatti con gli elettori, da parte di centinaia di migliaia, se non milioni, di volontari, ecc.
Quindi un primo fattore fondamentale che costituisce un ostacolo fondamentale a che qualsiasi cittadino possa pensare realisticamente di candidarsi per diventare presidente (in realtà anche per la maggioranza delle altre importanti cariche politiche federali) è semplicemente la ricchezza, l’accesso a capitali, propri, altrui, di organizzazioni politiche e economiche. Il continuo aumento a livelli stratosferici dei costi delle campagne elettorali comporta due fenomenti ‘sottoprodotto’ di integrazione: integrazione ai media (fenomeno già mostrato come importantissimo nel celeberrimo Citizen Kane (Quarto Potere) di Orson Welles) e quindi a chi li controlla, ed integrazione a tutti i maggiori enti capitalistici come fonti appunto di capitale per le campagne elettorali. Queste varie forme di filtro, barriere all’accesso ed alla partecipazione, e di tacita accettazione della sudditanza ad interessi ‘altri’, sono de facto manipolazioni preventive riguardo la democraticità e la ‘equal opportunity’ per quanto riguarda le candidature a posizioni politiche (non è certo un caso che gli interessi dominanti di entrambe le ali della Duopoly, democratici quanto repubblicani, si siano opposti al finanziamento pubblico delle campagne elettorali, che eliminerebbe in gran parte il peso ricattatorio e coercitivo diretto (!; rimangono, è ovvio, le molte forme indirette relative ad accesso, interazioni, ecc. con i poteri economici e mediatici, o quelli evidenti ma non sempre ovvi di persuasioni ideologiche, economiche e via dicendo) delle vari lobbies e della corporate lobbying come attività professional-parassitaria tra le più diffuse a Washington).
In secondo luogo ci sono le restrizioni storico istituzionali, e nel caso degli USA ci troviamo confrontati con la degenerazione più perversa del sistema bipartitico di matrice ed origine anglosassone, che in altri saggi per questo sito ho designato con il nome di Duopoly, preso in prestito da Ralph Nader. Oramai da molti decenni nessun candidato indipendente o iscritto ad un partito che non è nè quello Repubblicano nè quello democratico si è anche solo minimamente avvicinato all’ essere nella posizione per competere seriamente.
Il bipartitismo ha anche avuto tuttta una serie di ricadute tra anti-democratiche e totalitarie, nel senso che grandi fette dell’elettorato pensano alla politica ed a molti problemi in termini completamente manichei, duopolistici appunto, come se il possibile fosse limitato alle due facce istituzionalizzate dell’oligarchia. Questo manicheismo duopolistico si ricollega sia a manicheismi moralistici molto diffusi nella cultura anglo-americana (cf. vari saggi di Franco Moretti sulle culture europee dei romanzi di formazione a riguardo; o pensate ai generi più diffusi del cinema mass-mediatico di Hollywood, come il Western o i film del genere gangster, giallo, ecc. che dipendono tutti da un fondamento moralistico di tipo manicheo, bianco vs. nero), sia appunto ai fenomeni di integrazione tra mondi dello spettacolo, sport e politica, che accade in simultanea con la competizione di fonti di informazione digitale rispetto alle tradizionali roccaforti ‘mediatiche’ controllate dal capitale (della carta stampata, ormai in declino così come della TV), e che ha portato a nuove forme di degrado del giornalismo, come piattaforme di vendita di identitarismi appunto manichei e preconfezionati, usati per forme più subdole di controllo tramite l’orchestrazione di ‘opposizioni’ fortissime su questioni per la maggior parte secondarie, in modo da favorire il controllo dietro le quinte per tutte le questioni sociali, politiche, economiche, e strategiche più fondamentali. L’ultimo libro di Matt Taibbi, uno dei migliori ‘investigative journalists’ in assoluto operante negli USA, Hate Inc., parla appunto di questi fenomeni di degrado, e di come il modello della Fox News sia stato in pratica adottato specularmente dalla MSNBC, e via dicendo (per un’intervista con protagonisti due tra i giornalisti migliori e più quotati in un senso professionale e meritato del termine, cioè tra Chris Hedges, e Matt Taibbi, vedi qui e qui).
Una delle ricadute parallele è il fatto di incoraggiare la normalizzazione di queste restrizioni di orizzonti, sugli odi isterici e paranoici duopolistici istigati nella tazzina teatrale preposta dalle elite oligarchiche come sito non di catarsi, ma di investimenti (pseudo)-emotivi manipolati, seguendo appunto questa integrazione tra mondo dello spettacolo (i media oligarchici danno spessissimo le ‘opinioni’ di star hollywoodiane riguardo aree della politica, sebbene ovviamente queste stesse persone non abbiano praticamente mai alcuna competenza specifica, anzi…), dello sport e della politica, dove l’interessarsi ‘di politica’ deve essere ridotto al livello della tifoseria sportiva (e la peggiore…). Si punta all’indottrinamento della cittadinanza: si spera che, parlando di e puntando su ‘calcoli’ che sono assurdi, tutti basati su una logica del ‘male minore’, i votanti non si accorgano che la loro ‘scelta’ è tra due candidati ormai praticamente sempre iper-orripilanti, tutto sommato tendenti sempre più sia nella restrizione della gamma delle scelte possibili, sia nel continuo spostamento verso l’estrema destra del continuum delle opzioni politiche, a scegliere tra Goebbels e Himmler. La stragrande maggioranza della (pseudo)sinistra statunitense postmoderna pensa in questi termini come se fosse la cosa più normale del mondo.
In terzo luogo ci sono le restrizioni dovute ad intenzionali impedimenti istituzionali e legislativi: a) il fatto che sia un sistema maggioritario e non proporzionale significa (soprattutto se sommato all’impatto del bipartitismo e dell’assenteismo) che una grandissima percentuale del voto non conta e-o non esiste, spesso la maggioranza b) la pratica del cosiddetto gerrymandering e cioè la strutturazione dei distretti elettorali all’interno dei singoli stati secondo sofisticati criteri di calcolo in base a risultati passati, reddito, origine etnica, tipo di impiego, ecc. fatta dai partiti vincenti per cercare di, se non garantire il loro dominio futuro, almeno impedire all’altro partito di vincere e (per certi versi soprattutto) impedire l’emergere di partiti non facenti parti della Duopoly c) il fatto che praticamente tutti gli stati costringano candidati di partiti esterni alla Duopoly a raccogliere firme (decine se non centinaia di migliaia) per essere iscritti al ballottaggio, con i relativi costi in termini di volontari, tempo, e soldi crea un’altro grandissimo ostacolo ad una competizione elettorale minimamente democratica d) il sistema della “Electoral College” (in altre parole di come i voti dati nei singoli stati contribuiscano al risultato finale a livello nazionale) significa che in praticamente tutti gli stati il candidato vincente ottiene tutti i voti dello “Electoral College” di quello stato che contano per il voto ‘complessivo’ nazionale (visto che non è un sistema proporzionale può portare a scompensi enormi a livello nazionale: Ross Perot ai tempi vinse il 19% del voto a livello nazionale, ma non vinse un solo voto a livello di “Electoral College”).
In quarto luogo all’interno dei partiti stessi ci sono tutta una serie di pratiche per impedire l’emergere di candidati e correnti non completamente ligi agli interessi dell’oligarchia: l’uso di superdelegates, delle cosidette ‘primarie chiuse’, l’abuso e la selettività nei conteggi dei voti e nel dare l’accesso ai votanti nelle primarie, oltre chiaramente alle manovre completamente abusive e-o criminali durante le primarie stesse come è successo in maniera provata in miriadi di modi e su molti fronti durante le primarie tra Shillary e Bernie Sanders. In realtà queste pratiche differiscono tra il partito repubblicano e quello democratico, e le pratiche appena descritte sono quelle in vigore nel partito ‘democratico’… Queste pratiche differiscono anche in base agli stati e persino a pratiche locali e regionali.
In quinto luogo troviamo la manipolazione nel senso forse più ovvio e letterale del termine: la manipolazione fraudolenta di conteggi, la soppressione e/o distruzione delle schede e via dicendo. Ecco un link ad una storia sulle macchine elettorali e come hanno incluso senza dichiararlo capacita’ di accesso da siti remoti (qui, da notare tutto l’innuendo completamente russofobo, benchè basato tutto solo su pregiudizi); altro link, sulle molte manovre fraudolente della Diebold e società derivate (che sono responsabili del conteggio di ca. l’80% dei voti nell’Impero), sulla rimozione della documentazione cartacea di come si è votato (qui) ed inoltre questo documentario.
Da notare che tutti questi episodi sono antecedenti di quasi 15 anni tutto lo Ueber-complottismo, l’isteria e la paranoia indotta di Russiagate e dintorni.
Nel caso di un’elezione che vedeva Tim Canova opposto alla famigerata Debbie Wasserman-Schultz, che era stato il personaggio più scandalosamente coinvolto nella manipolazione delle primarie e della DNC (Democratic National Committee) a favore della Shillary Clinton, vi è stata una nuova scandalosa distruzione delle schede elettorali da parte della “supervisor” del distretto Brenda Snipes (vedi qui) il che è sintomatico non solo dello stato della manipolazione elettorale nello stato della Florida (famigerato per le famose manipolazioni e contestazioni che vedevano Al Gore contestare la presidenza contro George W. Bush nel 2000, dove poi i Dem invece che contestare in tutti i modi legalmente la situazione, ed obbligare a conteggi minuziosi delle schede, si sono defilati, scaricando in modo completamente pretestuoso e falso la ragione della sconfitta sul fatto che Ralph Nader avesse “osato” candidarsi alle presidenziali con i Verdi, il che la dice lunga su quale concezione della ‘democrazia’ abbia la elite oligarchica dell’Impero), ma in genere per tutto l’Impero.
Esiste poi tutta una serie di altri ostacoli e modifiche istituzionali che tutti o rendono più difficoltoso il voto in genere per qualsiasi votante o specificamente mirano a forme di controllo sempre più esclusivo a vantaggio del bipartitismo della Duopoly.
Le elezioni si tengono in giorni feriali e non festivi, scelta ovviamente intesa ad impedire o comunque rendere più difficoltosa l’affluenza alle urne.
Bisogna iscriversi alle liste dichiarandosi come o Dem o Rep o indipendente (categorizzazione già di per sè molto rivelatrice), ed è possibile votare nelle cosidette ‘primarie’ (cioè per i candidati che si preferiscono all’interno di uno dei partiti della Duopoly) in molti casi SOLO se si è iscritti alle liste come votanti per quel partito (sono le cosidette “closed primaries”).
Viene imposto un ostacolo molto oneroso a partiti minori ed a candidati indipendenti: la raccolta di firme per ogni stato in cui un candidato vuole candidarsi alle elezioni, che importa investimenti in termini sia di organizzazione, personale e soldi tutt’altro che indifferenti, e che quindi rende molto difficile le candidature esterne alla Duopoly soprattutto a livelli superiore al municipale (contea, regione, stato e federale).
I dibattiti che una volta erano organizzati in maniera piu’ imparziale dalla League of Women Voters ora (sono organizzati da un ente de facto controllato dalla Duopoly, la Commission on Presidential Debates (cambiamento che avvenne nel 1987 con dichiarazione della Duopoly che volevano “controllare i dibattiti tra candidati alla presidenza”, stabilita dai capi dei partiti repubblicano e democratico, e funzionante con personale di questi due partiti… Vale la pena notare che gli stessi settori del ‘postmoderno identitario’ che sono così pronti a sollevare polveroni per la minima questione ritenuta ‘pregiudiziale’ a livello linguistico/verbale, non hanno mai fatto nulla riguardo questa manovra anti-democratica ed accentratrice di decenni or sono. Invece per quanto riguarda questioni inerenti al “gerrymandering” e/o alla “Electoral College”, perchè ritenuti ostacoli che hanno avvantaggiato l’ala Rep della Duopoly rispetto a quella Dem, in questi ultimi 12-18 mesi si sono sollevate/organizzate molte maggiori proteste (e ovviamente senza alcuna preoccupazione nei riguardi di partiti e/o candidati esclusi dal monopolio della Duopoly).
In genere quando una delle due ali della Duopoly perde le elezioni, vincendo la maggioranza di voti a livello nazionale, ma perdendo a livello di singoli stati (Gore, Florida e/o Shillary contro Trump), allora, od ora nel caso di Shillary, si cominciano da parte Dem (o Rep, come ai tempi delle vittorie di Bill Clinton ed Obama) e organizzazioni alleate a farsi domande sul sistema non-proporzionale a livello nazionale, o sul gerrmandering. Ma solo perchè si è stati sconfitti, e non quando si era vittoriosi, e, soprattutto, non per motivi di principio, o per via di tutti I modi in cui questo sistema e’ anti-democratico perchè impedisce la presenza di partiti terzi, di candidati non preventivamente accetti alla Duopoly stessa.
Ci sono poi condizionamenti culturali della prassi storiche legate a fattori come la pubblicità e la propaganda elettorale dei partiti, che tendono a condizionamenti e normalizzazioni sempre più asservitrici.
In questi ultimi anni i messaggi e la pubblicità che si riceve dai partiti, loro fazioni, organizzazioni ‘alleate’, o da singoli candidati, spesso si è ridotta a poco più di elenchi di tutte le qualità negative della parte avversa, più che a proposte programmatiche molto specifiche e ‘garantite’ da parte di chi manda il messaggio. Inoltre chi manda questi messaggi ormai ci tratta come se fossimo in un regime aristocratico o monarchico, con mail che richiedono di mandare auguri per compleanni, ringraziare per voti e/o quasi solo perchè questi mittenti esistono, ecc. Per non parlare del costante uso di “celebrities” come se avessero qualche diritto, conoscenza, expertise non concessa ai comuni mortali.
Si tratta di un sistema di pubblicita’ e ca. (pseudo)competizione elettorale basata molto piu’ su elementi personalistici che programmatici, e soprattutto con un sistema che mostra l’elevatissimo livello di convergenza ‘promozionale’ tra i mondi dello spettacolo, della politica e dello sport (rispetto ad altri sistemi occidentali, europei, ecc., anche se questi ultimi stanno per tantissimi aspetti eseguendo la ‘rincorsa al peggio’ nell’ansimare ad imitare l’Impero anche in queste più ‘aggiornate’ forme di corruzione). Ricordiamo che gli USA sono la patria ed origine delle cosiddette “public relations” e del suo ‘massimo’ architetto, parente di Freud, Edward Bernays.
In questi ultimi anni si sono anche sempre più diffuse le pratiche del “voter shaming” (intimidire/far ‘vergognare’ l’elettore) e dell’aggressione mediatica ed istituzionale contro rappresentanti di partiti esterni alla Duopoly, soprattutto a partire dalla sconfitta di Gore in Florida (Nader, Jill Stein, fenomeni durante e dopo il 2016, Florida, e correntemente (ci sono molti video a proposito, ma per un esempio vedi qui).
Si manipolano i sondaggi per fare pensare all’elettorato che candidati specifici siano molto piu’ forti di quello che in realta’ sono (cf. varie documentazioni riguardo la ‘forza’ di Joe Biden quando dichiara la sua candidatura, che omette un’enorme fetta dell’elettorato tra chi ‘sonda’, in questo caso la fascia giovanile fino alla mezza eta’, dove il sostegno di Sanders e’ piu’ forte: tra i molti video vedi qui).
Vi sono poi le illusioni, spesso in buona fede, di chi cerca soluzioni per cambiare l’assetto politico del paese, di cui scriverò brevemente in un altro pezzo.