di Giulio Chinappi
da https://giuliochinappi.wordpress.com
Il presidente in carica Aleksandar Vučić ha ottenuto la conferma alla guida della Serbia, risultato che in molti considerano anche come una vittoria indiretta di Vladimir Putin.
Alla guida della Serbia da cinque anni, Aleksandar Vučić si presentava come grande favorito per la riconferma alle elezioni generali dello scorso 3 aprile. Leader del Partito Progressista Serbo (Српска напредна странка, СНС; Srpska napredna stranka, SNS) e della coalizione Aleksandar Vučić – Insieme Possiamo Fare Tutto (Александар Вучић – Заједно можемо све; Aleksandar Vučić – Zajedno možemo sve), Vučić si era presentato nel 2017 come un leader europeista e ben visto dall’Occidente.
Tuttavia, la realtà dei fatti, nonché la storica amicizia che lega la Serbia alla Russia, hanno portato Vučić a rivedere il suo orientamento in politica estera, orientandosi sempre più verso Mosca. Questo si è visto soprattutto nel corso della pandemia, quando il governo serbo si è rivolto alla Russia per la fornitura di vaccini Sputnik, con lo stesso presidente che si è fatto inoculare il siero prodotto dall’Istituto Federale di Ricerca Gamaleja.
Anche sul conflitto ucraino, i governi europei hanno fatto pressione affinché Belgrado si allineasse con la posizione antirussa di tutti i Paesi occidentali, ma Vučić non ha mai rilasciato dichiarazioni in questo senso. Quando l’ambasciatore di Kiev in Serbia ha chiesto al presidente di condannare “l’aggressione russa”, Vučić ha risposto quanto segue: “Siamo un piccolo Paese e non vogliamo precluderci la possibilità di continuare le nostre amicizie con alcuni Paesi. Non siamo noi quelli che decideranno sul destino dell’Ucraina. Lo esorto a chiedere al suo presidente Zelens’kyj di condannare l’orribile e tragica aggressione alla Serbia commessa da Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi“, con riferimento ai bombardamenti del 1999. “Ma una tale reazione non accadrà perché i loro interessi si trovano in Occidente e sono completamente diversi dai nostri“, ha aggiunto il presidente serbo.
In quella stessa occasione, Aleksandar Vučić ha chiarito la linea di politica estera del suo governo, da molti giudicata ambigua, ma in realtà intelligente e volta a garantire gli interessi nazionali del suo Paese: “La nostra politica è quella di procedere verso l’UE ma senza erodere le nostre relazioni con Russia e Cina: questa politica ha affrontato sfide difficili e sono fiducioso che resisterà anche a quelle che sono ancora davanti a noi“. In pratica, non una presa di posizione ideologica, bensÌ legata alla necessità di avere buoni rapporti con tutte le potenze regionali e mondiali.
Evidentemente, questa linea che in Occidente viene tanto criticata e giudicata come “filoputiniana” deve avere un gran numero di sostenitori in Serbia, visto che Vučić ha ottenuto la conferma sin dal primo turno, senza nemmeno dover ricorrere ad un ballottaggio. Secondo i risultati attualmente disponibili, con il 97,94% delle schede scrutinate, il presidente in carica ha ottenuto il 60,01% dei voti validi, mentre il suo principale rivale, Zdravko Ponoš, si ferma al 18,80% in rappresentanza della coalizione centrista Serbia Unita (Уједињена Србија – УС; Ujedinjena Srbija – US).
Tra gli altri candidati, al terzo posto troviamo Miloš Jovanović dell’Alleanza Democratica Nazionale (Национално демократска алтернатива; Nacionalno demokratska alternativa, NADA), con il 6,11%, che precede Boško Obradović (4,48%), Milica Đurđević Stamenkovski (4,35%) e Biljana Stojković (3,29%). Completano il novero dei candidati Branka Stamenković (2,08%) e Miša Vacić (0,89%).
Per quanto riguarda le elezioni legislative, la coalizione di governo mantiene nettamente il primato, anche se perde la maggioranza assoluta, eleggendo 120 deputati sui 250 seggi che compongono l’emiciclo di Belgrado. Il 44,31% ottenuto dalla coalizione di governo dimostra anche come il consenso nei confronti del presidente Vučić sia ben più alto rispetto a quello delle singole forze politiche che lo appoggiano. Ad ogni modo, Vučić non avrà problemi a raggiungere la maggioranza dei voti in parlamento con il sostegno dei partiti delle minoranze etniche, che dispongono di un totale di 13 deputati.
Guardando ai principali partiti di opposizione, la coalizione guidata da Serbia Unita ha ottenuto 37 seggi con il 14,01% dei consensi, mentre il raggruppamento di centro-sinistra, condotto dal Partito Socialista di Serbia (Социјалистичка партија Србије, СПС; Socijalistička partija Srbije, SPS) conserva i suoi 32 scranni con l’11,82% dei consensi.
“Sono riuscito a fare ciò che nessuno in Serbia è mai stato in grado di ottenere. Sono l’unico a vincere due volte le elezioni al primo turno“, ha dichiarato Vučić dopo la pubblicazione dei primi risultati. “Credo che stiamo affrontando numerose sfide, ma è più importante che la Serbia abbia buone relazioni nella regione e continui sulla strada europea e, allo stesso tempo, si astenga dal tagliare i legami con i nostri amici tradizionali“, ha sottolineato il presidente, facendo riferimento all’attuale situazione internazionale. “Ciò che è importante per europei, russi e americani, è che continueremo a perseguire la politica della neutralità militare, che ha ricevuto un enorme sostegno, e non aderiremo ad alcuna alleanza militare“, ha concluso.
Come prevedibile, il presidente russo Vladimir Putin è stato tra i primi a congratularsi con il suo omologo serbo per il risultato delle elezioni. “Il presidente della Russia ha osservato che l’esito delle elezioni riflette pienamente l’ampio sostegno del popolo serbo al corso di Aleksandar Vučić, volto a risolvere urgenti compiti sociali ed economici e a realizzare una politica estera indipendente“, afferma la nota rilasciata dall’ufficio stampa del Cremlino. “Mi aspetto che il suo lavoro come leader nazionale continuerà a facilitare il rafforzamento delle relazioni di partenariato strategico esistenti tra i nostri paesi. Ciò corrisponde indubbiamente agli interessi dei popoli fraterni di Russia e Serbia“, ha affermato Putin.
La vittoria di Aleksandar Vučić, unitamente ai risultati delle elezioni ungheresi che tratteremo in un prossimo articolo, rappresentano indubbiamente la conferma che in Europa esistono forze che rifiutano di allinearsi con la posizione ideologicamente antirussa perorata dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
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