
di Vincent Boulet, membro del Comitato Relazioni Internazionali del PCF, responsabile delle questioni europee
Traduzione di Lorenzo Battisti
La questione della NATO è una questione internazionale di primaria importanza, sullo sfondo delle crescenti tensioni internazionali in Europa orientale e nell’Indo-Pacifico, la strategia NATO 2030, e le discussioni sulla “bussola strategica” dell’Unione europea, una prima versione della quale è attualmente in discussione. I prossimi mesi saranno segnati da scadenze importanti: come la pubblicazione di una nuova dichiarazione congiunta UE-NATO a dicembre, lo svolgimento di un vertice europeo sulle questioni di difesa durante la presidenza francese del Consiglio UE e il prossimo vertice NATO previsto a Madrid nel giugno 2022.
Soprattutto, non si tratta solo di documenti strategici e riunioni al vertice. La storia ha dimostrato che i discorsi di guerra possono rapidamente trasformarsi in scintille con conseguenze incontrollabili. Quando il vecchio Catone ripeté che Cartagine doveva essere distrutta, l’imperialismo romano alla fine scatenò il conflitto. Non si vuole la pace preparandosi alla guerra. La situazione è quindi molto pericolosa. L’espulsione dei diplomatici dell’ambasciata russa alla NATO, che ha portato alla decisione di Mosca di chiudere l’ambasciata, e la richiesta dei governi atlantisti di Polonia, Lituania e Lettonia di attivare l’articolo 4 della NATO, usando come pretesto il drammatico, vergognoso e vergognoso uso dei migranti ai confini bielorussi, sono ulteriori passi nell’escalation delle tensioni.
Tutto questo rende la questione della NATO un problema immediato e molto importante nella campagna presidenziale e legislativa del 2022. Il PCF e il suo candidato Fabien Roussel portano nel dibattito pubblico proposte precise, capaci di spostare le linee a sinistra e nella società francese. Le contraddizioni che esistono in Europa sulla questione della NATO, che si sono cristallizzate con l’alleanza AUKUS, permettono di dare una nuova dimensione alle nostre proposte.
Uscire dalla NATO, questo strumento dell’imperialismo atlantista, non è solo una necessità storica, ma un’emergenza politica. L’uscita della Francia dal comando militare integrato dell’alleanza atlantica è un primo passo. È possibile. La Francia l’ha già fatto nel 1966.
Tale approccio deve essere completato da un’alternativa concreta. Quella della sicurezza collettiva dei popoli e delle nazioni. La Francia deve aprire la prospettiva di un nuovo trattato sulla pace, la cooperazione e la sicurezza collettiva proponendo tale obiettivo ai paesi europei e ai loro vicini, compresa la Russia. Siamo chiari: non sarà possibile raggiungere questo obiettivo nel quadro dei meccanismi dell’Unione Europea, dove il peso dei governi filo-americani dell’Europa dell’Est pesa molto nel panorama politico attuale. Sarà quindi un processo proposto agli stati volontari e ai loro cittadini. Questo trattato dovrà affrontare tutte le questioni di tensione, per esempio con la Russia. I negoziati saranno senza dubbio lunghi. L’atto finale della conferenza di Helsinki ha richiesto quattro anni di discussioni. Ma ciò che era possibile al culmine della guerra fredda è possibile anche oggi. Questo trattato, negoziato nel quadro di una conferenza “paneuropea”, in cui i movimenti dei cittadini avranno un ruolo da svolgere, sarà una pietra importante nella costruzione di una vera sicurezza umana collettiva, e in quella di una sorta di casa comune da Parigi a Mosca di pace, cooperazione e sicurezza collettiva, sotto l’egida della carta delle Nazioni Unite.
Le riunioni interministeriali dei ministri della Difesa e degli Esteri dell’UE che si terranno a Brest il 12-14 gennaio saranno un’occasione importante per mobilitare i comunisti e altri su questi temi.