Quante favole in tv su cause, azioni ed effetti del “golpe”

di Fabio Mini

da il fatto quotidiano 28 giugno 2023

Il giorno dopo la rivolta mercenaria, le pagine e i salotti dei talk show pullulano di ipotesi e illazioni basate su versioni dei fatti di cui poco si sa. Gli stessi eventi dell’inizio della rivolta e della sua conclusione sono tutt’altro che capisaldi di verità. Lo scriveva e documentava tale Simplicius nel suo Lyceum del pensatore.

Lo pseudonimo è già un segno del modo di pensare. Simplicio, filosofo neoplatonico del VI secolo d.c. scrisse di Aristotele e della sua Scuola peripatetica e fu vittima della campagna contro il paganesimo di Giustiniano. Simplicio analizzava tutto, anche ciò su cui aveva idee diverse. Diceva: “Un filosofo che abbia torto non giustifica che sia ignorato”. Simplicius analizza gli eventi mentre accadono e offre i suoi pensieri gratis o giusto per un caffè. Poi, il giorno dopo, sembra che la fonte originale di tutti i commenti dei media sia proprio lui. Più o meno interpretati.

AUTOREVOLI commentatori stanno in pensiero per la sorte del povero Prigozhin. Tifano ancora per lui e si arrampicano sugli specchi per giustificare la sua rivolta e la sua marcia indietro. Cercano di coprire il proprio caos con quello della Russia, le proprie vulnerabilità con quelle altrui. Dicono che voleva fare un golpe sperando nell’aiuto di militari russi e oligarchi guerrafondai, che ha mandato avanti un drappello per entrare a Mosca mentre lui aspettava nel bunker di Rostov a 40 metri di profondità. Dopo alcune centinaia di chilometri di autostrada senza pedaggio si è accorto che nessuno lo aiuta e che il suo drappello forse non ha nemmeno la benzina per arrivare a Mosca e tornare vincitore. E allora lo richiama e accetta il compromesso di Lukashenko (?) che gli promette protezione, forse un contratto e l’impunità. Accetta di andare in Bielorussia e forse pensa di tornare nella “sua” Africa.

SE LA FAVOLA è questa conviene rivedere qualche riflessione di Simplicius e comunque inserire Prigozhin tra gli scemi di guerra di Travaglio.

La dimostrazione di forza non è stata una sorpresa. Prigozhin da tempo era ai ferri corti con i vertici militari e si era distinto per le cavolate su Bakhmut. Era chiaro che volesse far silurare il ministro Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov, ma era anche chiaro che questo l’avrebbe potuto fare solo Putin e non lui.

Wagner con i suoi presunti 25.000 uomini era divenuta una spina nel fianco delle forze armate che ne avevano già fissato per il 23 giugno lo scioglimento e l’incorporazione nelle unità regolari degli eventuali “volontari”. E molti di essi avevano già accettato. Il sospetto di Mosca non riguardava tanto cosa potesse fare Wagner al fronte, quanto cosa e chi potesse fare contro il potere di Putin a Mosca e altrove.

Qualche commentatore ha avanzato l’ipotesi di un finto golpe organizzato da Putin e Prigozhin per far uscire allo scoperto i traditori. “Organizzare un finto colpo di Stato e vedere chi si eccita, chi cambia schieramento e chi inizia a fare telefonate agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Tutta questa storia è surreale e folle, quindi perché no?” (Simplicius).

Altri hanno ipotizzato un colpo di Stato sostenuto dall’occidente per far fuori Putin. “Nel corso della giornata mi è sembrato sempre più che la trovata di Prigozhin fosse in realtà un vero e proprio colpo di Stato occidentale volto a rovesciare Vladimir Putin.

Da mesi circolavano voci secondo cui Prigozhin stesse lavorando con alcuni oligarchi che avrebbero voluto porre fine alla guerra. Prigozhin ha mentito apertamente di recente affermando che l’intero conflitto nel Donbass è stato avviato da oligarchi che volevano la guerra, mentre in realtà è l’esatto contrario, come dimostra il fatto che molti oligarchi sono fuggiti dalla Russia all’inizio dell’operazione militare speciale, trasformandosi in propagandisti anti-russi nelle loro nuove case all’estero”. Medvedev ha dichiarato probabile che “i servizi segreti occidentali stessero lavorando con Prigozhin”. Perché questo sia accertato occorre tempo. Molto.

INTANTO è certo che “Wagner stava cercando di corrompere le forze speciali russe non solo per unirsi alla sua ribellione, ma anche per consegnare segreti e dettagli sul ministero della Difesa russo”. È anche accertato che molti nelle file di Wagner non sapevano delle intenzioni golpiste (autonome o eterodirette) e che durante il cosiddetto e presunto negoziato molti si sono dissociati.

Se lo scopo di Prigozhin era quello di assumere una qualche forma di potere in Russia non ha funzionato e se invece volesse soltanto far silurare Shoigu e Gerasimov forse è riuscito, ma a svantaggio suo, dell’ucraina e dell’occidente. Eventuali cambi al vertice potrebbero essere presi con calma e in maniera non traumatica una volta chiarite le posizioni dei “traditori”. Non tanto per l’azione di Wagner quanto per le pressioni su

Putin perché marchi un cambio di passo nelle operazioni. E visto che non stanno andando proprio bene in Ucraina, il cambio significherebbe il peggio.

PER QUANTO riguarda il futuro di Prigozhin sono aperte due vie: nel caso improbabile e folle che ci fosse un accordo tra lui e Putin ci saranno in Russia purghe tanto feroci quanto silenti mentre “l’esilio” in Bielorussia può essere preliminare per ciò che Zelensky teme: una ripresa delle operazioni contro Kiev da Nord.

Se l’accordo non c’è stato, l’esilio è l’anticamera della sua eliminazione e lo scioglimento di Wagner. Qualche altro oligarca che si offra per costituire un’altra compagnia privata si può trovare. L’ipotesi di una fuga in Africa è razionale, ma non garantisce che lui si salvi. Wagner è lì perché c’è la Russia e non perché c’è Prigozhin. Checché lui ne pensi.

Sono ipotesi, ma i dettagli a disposizione dei commentatori sono come tessere di un mosaico tutto da definire o mattoncini di un Lego che possono servire a costruire qualsiasi cosa. Simplicio, filosofo, non approvava chi ignora volutamente i dettagli che non gli fanno comodo per continuare a dire ciò che vuole spacciandolo per verità.

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