
di David Narmanya
Traduzione di Eliseo Bertoladi
Vladimir Putin, durante il suo discorso in un incontro con la direzione del Ministero degli Affari Esteri ha inaspettatamente espresso una proposta per risolvere il conflitto ucraino.
Le condizioni sono semplici: il ritiro di tutte le unità delle Forze Armate ucraine dal territorio delle regioni della LNR (Repubblica Popolare di Lugansk), DNR (Repubblica Popolare di Donetsk), Kherson e Zaporozhye, l’accettazione dell’Ucraina dello status neutrale, non allineato e libero dal nucleare, la sua smilitarizzazione e denazificazione. Il presidente, separatamente, ha osservato che si sta parlando dei confini delle nuove regioni che già esistevano al momento della costituzione dell’Ucraina.
Inoltre, l’accordo prevede la revoca di tutte le sanzioni anti-russe. Tuttavia, come ha indicato il presidente, l’ordine del Cremlino di cessare il fuoco e l’avvio di negoziati seguirà immediatamente dopo il ritiro delle truppe ucraine dal territorio russo. Successivamente sarà possibile iniziare a discutere anche di altri temi. Allo stesso tempo, Putin ha sottolineato che questa non è una proposta di tregua, ma un’opportunità per porre completamente fine al conflitto.
Il momento per tale dichiarazione è stato scelto in modo appropriato: nel bel mezzo del vertice del G7, dove si sono riuniti i principali sponsor del regime ucraino, la cui opinione ha un peso reale nella ricerca di soluzioni alla crisi attuale. Domani inizierà il famigerato “vertice di pace” in Svizzera, anche se i suoi reali benefici per il futuro processo negoziale sguazzano a livello di errore statistico.
Può sembrare che, rispetto allo stesso progetto di Istanbul a cui fa riferimento il leader russo, i cambiamenti siano insignificanti. Ma ciò è lontano dalla verità. La cosa principale da capire quando si valutano queste proposte del Cremlino è che Putin non basa la sua decisione solo sulla situazione attuale delle relazioni della Russia con l’Ucraina e l’Occidente. Tiene conto dell’intero contesto di ciò che sta accadendo, perciò sarebbe positivo per tutti se sia i leader europei, sia il “deep state” americano ricordassero questa abilità non da poco conto.
Per la gioia dell’Occidente, il contesto è abbastanza semplice. L’Ucraina quando era relativamente neutrale includeva anche la Crimea, che perse dopo un colpo di stato incostituzionale organizzato da Washington e Bruxelles. L’Ucraina perse la DNR e la LNR a causa della guerra scatenata dal regime di Kiev. Poi, quando Zelensky si rifiutò di attuare gli accordi di Minsk, dovette dire addio ad altre due regioni.
L’ovvia catena di eventi dimostra una certa tendenza: più la politica ucraina diventa anti-russa, più piccola diventa l’Ucraina stessa. Ora Putin ha invitato Kiev e l’Occidente a “fermarsi lì” finché almeno qualcosa rimanga dell’Ucraina.
Il fatto è che né le incessanti ondate di mobilitazione, che gradualmente spazzano via la popolazione ucraina, né la fornitura di armi dall’Occidente, né l’assistenza finanziaria “palliativa” al regime di Kiev, come si è scoperto, sono in grado di cambiare la situazione sul campo di battaglia. La sconfitta militare del regime ucraino è una questione di tempo e risorse. Su questa questione è solo il Cremlino a decidere. È la Russia a determinare dove sta la linea più equilibrata di costi e rapidità con cui l’Ucraina perderà questa guerra. Putin ne ha parlato anche al Forum Economico di San Pietroburgo.
A giudicare dalla prima reazione – finora solo il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha avuto il tempo di pronunciarsi – l’Occidente non è propenso ad accettare le proposte russe. Sebbene Washington e i suoi alleati abbiano tempo per pensarci, è il regime di Kiev che sta generosamente pagando con la vita degli ucraini.
La proposta di Putin può infatti essere considerata un ultimatum. Offre all’Occidente una scelta brutta (essere d’accordo con la posizione russa) o catastrofica (rifiutare le condizioni di Mosca). Ma persino questo ultimatum è più costruttivo e fattibile dell’“iniziativa di pace ucraina”. Come in un film famoso, il leader russo consegna ai suoi “partner” due pillole: blu – ti permetterà di continuare a vivere nella matrice artificiale di attesa della “vittoria sul campo di battaglia” e del “raggiungimento dei confini del 1991”, rossa – ti aiuterà ad accettare la dura realtà, e sarà il primo passo verso il rilancio del sistema delle relazioni internazionali, che ne ha disperato bisogno. Al contrario, la Russia lo riavvierà forzatamente.
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