Via l’Isis da Palmyra, uno smacco per Usa e Ue

palmyra silhouettedi Diego Angelo Bertozzi
da www.cinaforum.net

Era l’ottobre del 2015 quando Barack Obama ammoniva che l’intervento militare russo in Siria – richiesto dal governo di Damasco – non solo si sarebbe rivelato un disastro, ma avrebbe rafforzato lo Stato islamico (Isis). In quegli stessi giorni il Financial Times chiedeva a Mosca di agire insieme agli Usa piuttosto che contro di loro. Un’azione comune per quale scopo? Per combattere realmente il terrorismo mettendo da parte i propri interessi nazionali (allora pareva che ne avessero solo i russi, per preservare la loro ultima base nel Mediterraneo, in un mondo di potenze dedite all’altruismo).

Tuttavia, se ci basiamo su quanto raccontava il Sole24Ore nel settembre precedente, mentre l’Europa era interessata dall’ondata di profughi, la richiesta di Washington risultava poco credibile: “La causa principale della crisi migratoria è nel caos e nella destabilizzazione che gli Stati Uniti e l’Europa con i loro alleati regionali hanno contribuito a provocare in Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, Afghanistan. Tra questi pessimi alleati – ma ottimi clienti della nostre industrie belliche – si distinguono le monarchie del Golfo: per abbattere Assad hanno appoggiato i peggiori jihadisti ma non prendono in casa neppure un profugo siriano. L’Europa affronta adesso con spirito più fattivo l’emergenza dei rifugiati ma esita ad analizzarne le cause, perché coinvolgono pesantemente le responsabilità occidentali. Accogliendoli gli europei in un certo senso rimediano ai loro micidiali errori: anche questo racconta con il suo lamento la risacca dei profughi del Levante”.

CONTINUA A LEGGERE