Un attacco di Israele contro l’Iran: militarmente, un suicidio!

di Ismail Salami*, Global Research | Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

 

israele iran_missiliVi sono forti congetture su come Israele sia obbligata a mettere in scena un attacco contro i siti nucleari iraniani, una minaccia che il regime sionista ha spesso evocato e un’idea che, se tradotta in azione, porterà a conseguenze apocalittiche per l’entità sionista.

Secondo quanto riferito, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha recentemente cercato di ottenere consensi all’interno del consiglio dei ministri per un attacco militare contro i siti nucleari della Repubblica islamica dell’Iran. In collaborazione con il ministro della difesa Ehud Barak, Netanyahu è riuscito a strappare l’appoggio per un atto così sconsiderato agli scettici che si erano già opposti a lanciare un attacco contro l’Iran. Tra coloro che è riuscito a convincere troviamo il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.

Ci sono ancora quelli all’interno del governo israeliano che sono contrari a una tale mossa, compresi il ministro dell’Interno Eli Yishai dell’ ultra-ortodosso partito Shas, il ministro ai Servizi Informativi Dan Meridor, il ministro per gli Affari Strategici e confidente di Netanyahu Moshe Yaalon, il ministro delle FinanzeYuval Steinitz, il comandante delle forze armate Benny Gantz , il direttore dell’agenzia di intelligence israeliana Tamir Pardo, il comandante dell’intelligence militare Aviv Kochavi, e il direttore dell’agenzia oer l’intelligence domestica di Israele Yoram Cohen.

Tuttavia, il sostegno espresso dal ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman è considerato un asso nella manica per Netanyahu, che gode anche il sostegno a piena gola di Washington.

In uno show di prodezza militare e di un’apparente politica del rischio calcolato, mercoledì 2 novembre Israele ha sperimentato un missile con possibilità di testata nucleare, fatto che non può essere considerato una mera coincidenza, considerando la minaccia lanciata da Netanyahu.

“Oggi, dalla base Palmachim, Israele ha effettuato il test di lancio di un sistema di propulsione missilistico”, così recita un comunicato del ministero della Difesa. “Questo era stato pianificato da tempo dai responsabili della Difesa e tutto si è svolto secondo programma.”

Facendo eco ai suoi ormai impudenti vecchi commenti contro l’Iran, lunedì scorso Netanyahu affermava in una comunicazione parlamentare: “Un Iran nucleare rappresenterà una seria minaccia per il Medio Oriente e per il mondo intero, e, naturalmente, una minaccia diretta e pesante soprattutto per noi.”

Anche mercoledì, il Ministro degli Esteri israeliano ha accusato l’Iran di essere “la più grande, la più pericolosa minaccia per l’ordine mondiale attuale”, aggiungendo che Israele si aspetta che la comunità internazionale “intensifichi gli sforzi per agire contro l’Iran.”

Moshe Yaalon, ministro per gli affari strategici di Israele, martedì così si pronunciava alla radio dell’esercito: “L’opzione militare (contro l’Iran) non è una minaccia a vuoto, ma Israele non dovrebbe fare i salti per condurla. Il tutto dovrebbe essere guidato dagli Stati Uniti, e solo come ultima risorsa.”

Sembra che nel consiglio dei ministri di Israele si sia costituito un fronte unito contro l’Iran, ma per quanto si palesi l’intenzione ad un attacco militare, esistono divergenze di opinione riguardo alla ragionevolezza di un tale atto e le conseguenze che possono profilarsi all’orizzonte.

Sia come sia, uno dei principali fattori che rendono un tale atto non plausibile è che Israele è ben consapevole della competenza dell’Iran e della sua autosufficienza dal punto di vista militare.

Da questo punto di vista, l’Iran è conosciuto come il paese migliore della regione e uno dei migliori al mondo in termini di produzione missilistica.

L’ottima produzione di missili a corto-, medio-, e lungo- raggio, Shahab (Meteor) e Sejjil (Baked Clay), Saqeb (Falling Stone) e Sayyad (Hunter), Fateh (Conqueror) e Zelzal (Temblor), Misaq (Covenant) e Ra’ad (Thunder), Toufan (Storm) e Safar (Journey), testimonia questa affermazione.

Il paese è finora riuscito a produrre oltre 50 tipi di missili ad alta tecnologia, come parte della sua strategia deterrente per migliorare la sua forza militare, visto che è sempre stato esposto alle minacce da parte del regime sionista e di Washington.

Il recente missile iraniano Qader (Potente), un risultato formidabile, un missile da crociera che può essere lanciato dal mare, ha una potenza altamente distruttiva e può eliminare fregate, navi da guerra, così come eventuali obiettivi costieri. Con raggio di azione di oltre 200 chilometri, il missile può eludere tutti i sistemi radar più avanzati.

Progettato sul modello del Nodong-1, Shahab (Meteora), III, uno dei risultati missilistici più importanti del paese, è un missile balistico a medio raggio destinato a colpire obiettivi all’interno di un raggio fino a 2000 chilometri. Generalmente considerato come un incubo per Israele, il missile è stato testato l’8 luglio 2008 ed è stato aggiornato da allora fino a conseguire uno standard impeccabile.

Un alto comandante dell’Esercito dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), il generale di brigata Amir Ali Hajizadeh, ha dichiarato che l’Iran già possiede il know-how per costruire missili con gittata superiore ai 2.000 chilometri, ma dato che gli obiettivi statunitensi e israeliani sono alla portata degli attuali missili, il paese non vede la ragione per farlo.

Hajizadeh ha affermato: “L’Iran ha missili con una portata fino a 2.000 chilometri, che sono stati progettati per colpire le basi degli Stati Uniti e del regime sionista (Israele) nella regione.”

Secondo il comandante iraniano, vista la distanza di 1.200 chilometri tra Iran e Israele, l’Iran è già in grado di colpire il regime sionista con i missili in suo possesso. Inutile dire che Sejjil (Argilla Cotta) e i missili Shahab si vanno a collocare tra i missili capaci di colpire obiettivi entro un raggio di 2.000 chilometri.

Con oltre 50 tipi di missili all’avanguardia a sua disposizione, l’Iran è sicuramente in grado di vibrare un colpo mortale a qualsiasi aggressore che si avventuri a violare il suo territorio. Tuttavia, l’Iran ha spesso ribadito che la sua potenza militare non rappresenta una minaccia per altri paesi e che la sua dottrina di difesa si basa sulla deterrenza.

Come dichiarato dal Leader della rivoluzione islamica Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, “l’obiettivo principale di produrre armi in Iran è la difesa del paese contro il bullismo dei nemici\”, mentre in Occidente, “la ragione principale per la produzione di armi sta nell’aumentare la ricchezza dei cartelli degli armamenti.”

Indipendentemente dalla potenza militare dell’Iran nel contrastare ogni aggressione avventata, Israele deve fare un attimo di riflessione, dato che la povertà e i conflitti sociali stanno dilagando al suo interno e la gente ha già iniziato a stringere le mani alla gola di Tel Aviv.

Poco importa per quali ragioni l’idea di attaccare l’Iran si sia articolata nelle menti degli Israeliani, o chi sia stato il primo a partorire questa idea imbecille.

Ciò che importa è che un attacco israeliano non solo sconvolgerà gli equilibri politici in Medio Oriente, ma verranno inflitte perdite di proporzioni inconcepibili anche all’entità sionista. Un attacco militare da parte di Israele contro l’Iran equivale ad un ultimo chiodo nella bara del sionismo.

* Il Dr. Ismail Salami è un autore iraniano e analista politico. Scrittore prolifico, ha pubblicato numerosi libri ed articoli sul Medio Oriente. I suoi articoli sono stati tradotti in diverse lingue. Ismail Salami è un collaboratore sollecito di Global Research.

 

 


 

 

 

Operazioni segrete di Washington contro l’Iran


 

di Ismail Salami *, Global Research | Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

 

 

Un’ampia gamma di operazioni sotto copertura pianificate dal Congresso degli Stati Uniti

 

 

L’agenda segreta degli Stati Uniti per stringere la sua morsa sulla Repubblica islamica dell’Iran ha assunto apparentemente una forma nuova, dopo il presunto tentativo, imputato all’Iran, di assassinare l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, Adel al-Jubeir, e questo ha sollevato molte perplessità fra esperti e analisti di tutto il mondo.

Con una forte inclinazione a sollecitare un’azione più incisiva contro l’Iran, l’amministrazione Obama ha già imposto una serie di sanzioni contro la Repubblica islamica. Tuttavia, una commissione del Congresso controllata dai repubblicani ha recentemente avuto conferma della richiesta dell’amministrazione per una vasta gamma di operazioni segrete contro l’Iran.

La messa a punto delle operazioni, che spaziano da attacchi informatici agli omicidi politici, viene condotta sulla scia della scusa abbastanza debole che l’Iran abbia presuntivamente architettato un attentato contro l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti.

Attraverso l’assassinio politico, il Congresso degli Stati Uniti fa intendere fra le righe la liquidazione degli scienziati nucleari iraniani, operazioni che in realtà hanno avuto inizio molto tempo fa.

Mercoledì, il generale della riserva dell’Esercito John Keane ha ribadito in un’audizione presso due importanti sottocommissioni del Consiglio Parlamentare per la Sicurezza Nazionale:

“Dobbiamo stringere le nostre mani intorno alla loro gola, subito! Perché non dovremmo ucciderli? Noi ammazziamo solo persone che ne uccidono altre.”

A quel punto, il repubblicano Jackie Speier (California) ha versato qualche perla di saggezza sui presenti e ha fatto appello per una “sobria, ragionata discussione.” “I leader iraniani devono essere ritenuti responsabili per le loro azioni”, ha continuato, “ma non possiamo intraprendere una qualsiasi azione avventata, che possa scatenare l’apertura di un altro fronte nella ‘Guerra al Terrore’, che il popolo degli Stati Uniti non vuole e non può permettersi.”

Naturalmente, il governo americano, in buona sostanza, non può permettersi di intraprendere una nuova guerra, almeno in vista delle difficoltà economiche che si sono abbattute sui cittadini degli Stati Uniti, indipendentemente da altri fattori.

La pietra che ha iniziato a rotolare è caduta nelle mani del membro del Congresso Peter King di New York che ha rilasciato un commento estremamente bizzarro. Egli ha suggerito che gli Stati Uniti dovrebbero buttar fuori i funzionari iraniani presso le Nazioni Unite a New York e a Washington, e li ha accusati di essere spie, ignaro del fatto che l’ONU è considerata un’organizzazione indipendente internazionale e che gli Stati Uniti non hanno l’autorità di “cacciare a calci” diplomatici accreditati in blocco.

Sopraffatto da un senso di stonato entusiasmo, King rinnovava lo stratagemma anti-iraniano del presunto assassinio, e dichiarava tutto eccitato: “Così come volete perpetrare l’assassinio di un ambasciatore straniero, allo stesso modo avete la volontà di uccidere centinaia di Americani – questo è un atto di guerra. Io non credo che possiamo continuare come al solito a fare affari o come al solito imporre solo sanzioni.”

La raffica di parole al vetriolo contro l’Iran sparata da mr. King puzza di cieca ostilità a lungo istigata da altri falchi di Washington.

In realtà, i movimenti contro l’Iran praticamente hanno avuto inizio nel 2007, quando il Congresso degli Stati Uniti ha accettato che George W. Bush, l’allora presidente degli Stati Uniti, finanziasse un aumento importante di operazioni segrete contro l’Iran.

Secondo funzionari dell’intelligence, che hanno riferito questo su “The Blotter” di ABCNews.com, è stato allora che la CIA ha ricevuto l’approvazione presidenziale per dare inizio alle sue operazioni segrete in “nero” all’interno dell’ Iran.

A tal fine, oltre quattrocento milioni di dollari sono stati depositati su un conto presidenziale a firma di George W. Bush. L’obiettivo finale del finanziamento era di paralizzare il governo dei religiosi iraniani, e le operazioni prevedevano di conquistare l’appoggio delle minoranze degli Arabi Ahwazi, dei Beluci e di altri gruppi di opposizione, e di raccogliere una massa di informazioni spionistiche sui siti nucleari dell’Iran.

Parlando in condizioni di anonimato a causa della natura delicata del soggetto, i funzionari dell’intelligence hanno confermato che Bush aveva firmato un “mandato presidenziale non letale”, che assegnava carta bianca alla CIA di impegnarsi in qualsiasi attività di sabotaggio, tra cui una campagna coordinata di propaganda, disinformazione e manipolazione contro la valuta iraniana e le transazioni finanziarie internazionali, al fine di destabilizzare e per ultimo ottenere un cambiamento di regime in Iran.

“Non posso confermare o smentire se esista un tale programma o se il presidente lo abbia firmato, ma questo sarebbe coerente con un approccio globale degli Stati Uniti, che cercano di trovare il modo per mettere sotto pressione quel regime”, ha dichiarato Bruce Riedel, un ufficiale superiore della CIA, ora a riposo, esperto di Iran e Medio Oriente (ABCNEWS.com 22 maggio 2007).

Nel giugno 2007, anche The New Yorker magazine pubblicava una storia simile a firma di Seymour Hersh, a conferma che il mandato era stato firmato da Bush ed era destinato a destabilizzare il governo islamico.

“Il programma era tutto concentrato sul minare le ambizioni nucleari dell’Iran e intendeva indebolire il governo attraverso un cambio di regime”, l’articolo citava una persona che aveva dimestichezza con il suo contenuto per essere stato coinvolto “nelle operazioni con i gruppi di opposizione e nei passaggi di denaro.”

Secondo un punto di vista dell’intelligence, il fatto che il governo usamericano stia ricorrendo a operazioni segrete in “nero” contro l’ Iran dovrebbe escludere la possibilità di un attacco militare contro il paese.

Secondo i rapporti, gli ambasciatori degli Stati Uniti a Islamabad hanno ripetutamente chiesto l’apertura di un consolato nella provincia del Belucistan, una richiesta degli Stati Uniti che desta sospetti. Nel 2011, la richiesta è stata rinnovata dall’ambasciatore statunitense Cameron Munter a Islamabad. La persistenza di questa domanda è da prendere seriamente in considerazione.

Il Belucistan è strategicamente importante, in quanto è un sicuro rifugio per il gruppo terroristico anti-iraniano Jundullah, in primo luogo, e in secondo luogo è una provincia separatista pakistana.

In buona sostanza, Washington favorisce grandemente la creazione di un “Grande Belucistan”, che dovrebbe integrare le aree Beluch del Pakistan con quelle dell’Iran.

Un esperto di cose militari, il tenente colonnello Ralph Peters suggerisce che il Pakistan dovrebbe essere smembrato, portando così alla formazione di un paese separato: il “Grande Belucistan” o “Belucistan libero”‘ (Giugno 2006, The Armed Forces Journal). Come risultato, questo dovrebbe incorporare le province Beluch del Pakistan e dell’Iran in una singola entità politica fatta su misura per soddisfare gli interessi di Washington.

Allora, due sono i motivi principali che inducono gli Stati Uniti a tener conto di queste sollecitazioni. In primo luogo, si realizza il sogno di instaurare il Grande Belucistan, quindi di consolidare la loro stabile presenza in questa parte separatista del Pakistan, e in secondo luogo, acquisiscono una posizione tale da avvalersi di tale influenza per svolgere le attività di sabotaggio all’interno dell’Iran.

All’inizio del 2007, The Blotter su ABCNews.com rivelava il ruolo del governo degli Stati Uniti nel sostenere segretamente il gruppo terroristico iraniano, responsabile di una serie di raccapriccianti omicidi di civili iraniani sul confine Iran-Pakistan-Afghanistan. Il gruppo terroristico non risparmia sforzi per spargere il seme del terrore nella provincia meridionale iraniana del Sistan-Belucistan e la loro sete di assassinio e crudeltà non conosce remissione.

Le vittime che il gruppo ha finora rivendicato includono molte donne e bambini che sono diventati il ​​bersaglio diretto delle loro uccisioni. Nel luglio 2010, il gruppo ha organizzato un paio di attacchi suicidi contro una importante moschea sciita nella città di Zahedan, capitale della provincia iraniana del Sistan-Belocistan, uccidendo decine di fedeli e ferendo oltre 100 persone.

Anche se i funzionari degli Stati Uniti negano qualsiasi “finanziamento diretto” al gruppo terroristico, essi hanno ammesso di essere in contatto con il leader del gruppo quasi regolarmente. Un simile attacco terroristico è stato scatenato dallo stesso gruppo contro una moschea a Zahedan nel maggio 2009, che ha prodotto il martirio di tanti fedeli.

È deplorevole che l’Inter-Service Intelligence (ISI) del Pakistan appoggi implicitamente il gruppo e come riferito protegga alcuni dei membri di primo piano del gruppo, in coordinamento con la CIA. Non è paradossale che Jundullah, un gruppo terroristico e una ramificazione di al-Qaeda, sia direttamente finanziato dal governo degli Stati Uniti, e nel contempo tenuto nella lista dei gruppi mondiali messi al bando nella cosiddetta “guerra al terrorismo”?

Questo dovrebbe essere sufficiente per gli Stati Uniti di andarsene a testa bassa per la vergogna e l’umiliazione!

* Il Dr. Ismail Salami è un autore iraniano e analista politico. Scrittore prolifico, ha pubblicato numerosi libri ed articoli sul Medio Oriente. I suoi articoli sono stati tradotti in diverse lingue. Ismail Salami è un collaboratore sollecito di Global Research.