di Gianmarco Pisa, IPRI (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace) – Rete CCP (Corpi Civili di Pace)
Il 28 Giugno cade il 99° anniversario, vigilia del centenario del famoso 28 Giugno 1914, in cui l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria – Ungheria, diede fuoco alle polveri che avrebbero innescato, in una tragica e devastante reazione a catena, la “Grande Guerra”.
Molte fondazioni ed organizzazioni della società civile internazionale hanno annunciato la propria intenzione di promuovere iniziative di commemorazione dello scoppio della prima guerra mondiale. I Wiener Philharmoniker hanno annunciato una esibizione a Sarajevo, nella Vijecnica, il Palazzo di Città, sede della storica, monumentale, Biblioteca, il 28 Giugno 2014 per celebrare il centenario.
Francia e Germania hanno altresì annunciato, lo scorso Aprile, che avrebbero fornito finanziamenti per sostenere la “cabina di regia”, presso la città di Sarajevo, per tutte le iniziative, le ricorrenze e le celebrazioni, da comporre insieme in unico calendario, in occasione dell’anniversario del conflitto.
È stato così stilato un programma di eventi, tutti centrati o gravitanti intorno a Sarajevo, in cui si alterneranno happening di società civile e riflessioni accademiche e scientifiche sul conflitto e il post-conflitto, eventi culturali, iniziative umanitarie e rassegne sportive, tutte per il Giugno 2014.
È stata infine istituita anche una fondazione – denominata, in traduzione italiana, “Sarajevo: Cuore d’Europa” – su iniziativa della Francia, con un supporto finanziario della Francia e della Germania e in coordinamento con la città stessa di Sarajevo, con il compito di organizzare le commemorazioni.
Il progetto è stato concepito dal governo francese, sarà realizzato con il sostegno finanziario del governo tedesco e vedrà l’assistenza delle autorità cittadine di Sarajevo. La “città martire” per eccellenza (come recita un fin troppo abusato pseudonimo) e le principali potenze imperialiste dell’epoca, artefici e protagoniste della Grande Guerra, unite insieme all’insegna della “Pace”.
In contemporanea con il “lancio” del programma di preparazione della rassegna del 2014, il Museo Militare Austriaco di Vienna espone in mostra la camicia macchiata di sangue che l’Arciduca indossava quando fu assassinato, per celebrare, in modo persino macabro, l’anniversario della morte.
Sempre più decisamente a trazione franco-tedesca, la commemorazione della Guerra e la celebrazione dell’ideale di “Pace” finiscono così per trasformarsi nella commemorazione dell’assassinio dell’erede al trono della potenza occupante e nella celebrazione degli Stati nazione molto più che quella della fratellanza e dell’amicizia tra i popoli. Molto più commemorazione della guerra che della pace.
L’iconografia simbolica gioca un ruolo importante, in questi casi. La memoria si condensa spesso intorno ai simboli, e attraverso i simboli si dipana l’onda lunga delle ricostruzioni e delle narrazioni.
A Sarajevo, la targa dedicata a Gavrilo Princip nel luogo dell’attentato è stata rimossa e sostituita ormai da tempo. Non si tratta di una sostituzione banale e, per questo, non è niente affatto indolore.
La vecchia targa jugoslava recitava:
“Da questo posto il 28 Giugno 1914 Gavrilo Princip, sparando, ha manifestato la protesta popolare contro la tirannia e l’aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà”.
La nuova targa bosniaco-musulmana dice invece:
“Da questo posto il 28 Giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l’erede al trono Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia”.
Il sindaco di Sarajevo, Ivo Komsic, ha detto che gli eventi in programma per il 2014 potrebbero rappresentare il primo progetto politico sostenuto da tutto il paese, sia dalla federazione dei croati e musulmani bosniaci, sia dalla repubblica dei serbi di Bosnia, dalla fine della guerra del 1992-1995.
L’interesse prevalente di altre ragioni e altre motivazioni sembra avere già smentito queste premesse.
Da una parte, il peso di Stati non esattamente “pacifici” o “equidistanti” nel corso della Guerra di Bosnia, quali la Francia e la Germania, nella prima linea della organizzazione e delle celebrazioni.
Dall’altra parte, l’incidenza di circuiti accademici che, lungi dal lavorare per “facilitare” una cultura di pace e di nonviolenza, spingono sull’acceleratore delle divisioni e del revanscismo: la storica Margaret MacMillan annuncia l’uscita di un libro sulla guerra e le responsabilità dei serbi (anche “Giochi Pericolosi: usi ed abusi della storia” evocava la stessa direzione) e lo storico Christopher Clark immagina il movimento irredentista “Mlada Bosna” una al-Qaeda ante litteram alimentando un’antica revanche (un’eco era anche nel suo “Sonnambuli: come l’Europa andò alla Guerra nel 1914”).
“Mlada Bosna”, viceversa, era l’organizzazione dei giovani serbi di Bosnia, alla quale apparteneva lo stesso Gavrilo Princip, costituitasi nel 1904 per combattere gli occupanti austro-ungarici e turchi. Si rincorrono due letture e due versioni della storia contrapposte, per non dire del tutto antitetiche.
“Gavrilo Princip era un combattente per la libertà e non un terrorista come ritenuto – calunniosamente – da Sarajevo”, ha dichiarato il presidente della Repubblica Serba, Milorad Dodik, esprimendo, in questo, un sentire comune dell’opinione e dell’intellettualità serba, dentro e fuori i confini bosniaci.
Provocatoria la domanda di Emir Kusturica: “Cosa direbbe lo storico Clark se sapesse che la prima cosa che fecero i nazisti entrando a Sarajevo nel 1941 fu di rimuovere la targa dedicata a “Mlada Bosna” e a Gavrilo Princip?”. Ma forse è solo la provocazione di un geniale e controverso regista.
Prima di “esibire” il vessillo della “pace”, fare chiarezza intorno a termini e presupposti è un esercizio doveroso. Soprattutto in tempi di giochi di parole e leziose mistificazioni, cui perfino qualche ministro della repubblica, che dichiara di “armare la pace per amare la pace”, vorrebbe abituarci.