“Lo stato profondo”, un libro di Germana Leoni

leoni lostatoprofondo copertinaPresentazione a cura dell’autrice

Storico-investigativo, LO STATO PROFONDO è un saggio che contestualizza i conflitti degli ultimi decenni, tracciandone la linea rossa che collega l’Indocina al Caucaso, l’Afghanistan al Centro America, i Balcani al Medio Oriente: non già dunque conflitti a sé stanti, ma tasselli di un puzzle che evidenzia un sinistro disegno geopolitico strumentale al controllo dell’Eurasia. E’ il “Grande Gioco” anglo-americano, una riedizione del vecchio “Grande Gioco”, quel “Torneo delle Ombre” che già nel XIX secolo aveva contrapposto la Russia zarista all’impero britannico per il controllo dell’Asia centrale, tassello vitale alla sopravvivenza dell’impero coloniale per Sir Halford Mackinder, il padre della geopolitica moderna. Sua la celebre formula di inizio secolo (scorso), in seguito ereditata dagli Stati Uniti ed eletta a mantra della sua politica estera: “Chi controlla l’Heartland (cuore della terra) controlla l’Isola-mondo, chi controlla l’Isola-mondo comanda il mondo.” Ma l’Heartland corrisponde grossomodo al territorio occupato prima dall’Unione Sovietica e poi dalla Russia e paesi limitrofi. Da qui l’attacco a Mosca dell’Occidente!


E gli anglo-americani avrebbero gradualmente tentato di sottrarre alla sfera di influenza russa intere regioni, ivi incluse le repubbliche dell’Asia Centrale, già il “ventre molle” dell’Unione Sovietica, il così detto Arco della Crisi: o l’Arco dell’Islam.

Washington e Londra iniziavano così a sponsorizzare in Afghanistan le frange più radicali e oscurantiste dell’Islam trasformandole in un’arma letale. Giocavano insomma l’islamismo contro l’Islam come già nell’immediato dopoguerra, quando al panarabismo secolare socialista avevano contrapposto il panislamismo teocratico di stampo salafita: ideologia formulata nel XIX secolo da Jamal Eddine al Afghani, il primo ideologo del Islam Politico. Era un ateo, ma aveva ben compreso l’utilità sociale delle religioni.

Mackinder aveva paventato l’espansione della Russia, ma soprattutto aveva temuto una sua convergenza con la Germania: “Ci siamo opposti all’impero russo, ci siamo opposti all’impero germanico… Se la Germania dovesse allearsi alla Russia un impero mondiale sarebbe in formazione.”

Un assioma oggi riscontrabile nel tentativo di giocare l’Unione Europea contro Mosca, una politica strumentale ad accerchiare militarmente la Russia anche tramite l’estensione a Est della Nato: una macchina da guerra in espansione.

Nel 1991 l’Unione Sovietica era implosa, ma la Russia era ancora percepita come rivale nel contesto di un ordine mondiale rigorosamente unipolare, che aveva bisogno di un nemico per sopravvivere come tale. E alla base si delineava apertamente la necessità di prevenire la naturale convergenza fra Europa e Russia dividendo il Vecchio Continente ed erigendo un nuovo muro in sostituzione di quello caduto a Berlino. “La cortina di velluto della cultura” avrebbe così sostituito la “cortina di ferro dell’ideologia” come linea di demarcazione in Europa.

E la strategia dell’Arco della Crisi mobilitava l’Arco dell’Islam anche nei Balcani. Orde di mujaheddin convergevano ora sulla Bosnia nel contesto di una campagna militare fatta di inganni e costellata da documentate operazioni sotto falsa bandiera, le cosi dette ‘false-flag’, attentati auto-inflitti da addebitare ai serbi per demonizzare gli alleati storici dei russi: una prassi riprodotta in Kosovo, nuovo Stato indipendente in una Jugoslavia smembrata e curiosamente un sia pur parziale ripristino degli assetti geopolitici del 1941, epoca in cui Hitler progettava la Grande Albania.

Ma l’Arco dell’Islam non si limitava ai Balcani. Si estendeva al Caucaso, territorio di transito di vitali rotte energetiche. E poi dal Caucaso a Nord Africa e Medio Oriente fino alla Siria…. perché chi controlla la Siria controlla le risorse energetiche del Mediterraneo e del Golfo. Ed è singolare come la mappa dei territori solcati da gasdotti e oleodotti coincida con quella delle rotte della jihad…

Come inoltre già intuito da Caterina la Grande, chi controlla la Siria “possiede le chiavi della Casa Russia”, e cioè di quell’Heartland che include l’Ucraina, ennesimo tassello di un cordone sanitario che accerchia la Russia e si estende dal Baltico al Mar Nero: una faglia nel cuore di un’Europa in avanzata fase di collisione. Ma anche un tassello del piano finale di smembramento in tre parti della stessa Madre Russia: una Russia Europea, una Repubblica Siberiana e una Repubblica Estremo-orientale.

All’apparenza contro-informazione, LO STATO PROFONDO è in realtà basato non su opinioni o illazioni, ma su fatti suffragati da documenti, rapporti di commissioni d’inchiesta in prevalenza anglo-americane e testimonianze di autorevoli giornalisti e personaggi al di sopra di ogni sospetto.

Ne emerge un quadro che evidenzia l’esistenza di ciò che oggi è conosciuto come Stato Profondo: una creatura ibrida e transnazionale universalmente riconosciuta, ciò che la reporter del New York Times e premio Pulitzer Dana Priest ha definito:

“Un secondo governo segreto parallelo, le cui parti si sono moltiplicate fino a formare un universo gigantesco a stante, visibile solo a determinati quadri.”

Una diversa chiave di lettura dunque, contrapposta alla campagna mediatica di una stampa mainstream che si erge a guardiana del potere dello Stato Profondo. Una stampa ridotta a organo di diffusione di una narrativa strumentale alla manipolazione dell’opinione pubblica, alla fabbrica del consenso, alla precostituzione di alibi da addurre a giustificazione di guerre, colpi di Stato e operazioni di “Regime Change” mistificate da “rivoluzioni colorate” o “primavere arabe”. Una narrativa che ci ha traghettati in una società modellata a realizzazione del peggior incubo orwelliano: una realtà dove “La pace è guerra, la libertà è schiavitù e l’ignoranza è forza.” La nostra ignoranza è la loro forza!