Pace per la Corea!

coreanord suddi Albano Nunes

da “Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

Solo la firma di un accordo di pace può finalmente porre fine alla situazione di scontro e di guerra che si vive in Corea fin da quando, terminata la II Guerra Mondiale, questo paese cominciò ad essere liberato dall’occupazione giapponese dalle forze patriottiche guidate da Kim Il Sung. La guerra del 1950/53 che è costata la vita a milioni di coreani, terminò con un semplice armistizio. Le truppe statunitensi non sono mai uscite dalla Corea del Sud.

Gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato di firmare un’accordo di pace per porre fine alla situazione di guerra. Nel contesto della loro politica di “contenimento del comunismo”, gli è convenuto conservare nella regione un poderoso dispositivo militare diretto non solo contro il Nord socialista ma soprattutto contro l’Unione Sovietica e la Repubblica Popolare della Cina. E’ stato ciò che, durante la guerra fredda, ha trasformato la Penisola Coreana in un focolaio di tensione tanto pericoloso come quello creato attorno a Berlino Ovest.

E’ importante tenerlo presente nel momento in cui i presidenti della Repubblica Popolare Democratica di Corea, Kim Jong-un e Moon Jae-in si incontrano a Panmunjong e viene annunciato tra alcune settimane un incontro della RPDC con gli USA. Incontri che si svolgono in un clima molto diverso da quello che ancora poco tempo fa pareva collocare il mondo sull’orlo della guerra nucleare. In realtà, non esiste alternativa a una soluzione politica negoziata del conflitto. Gli importanti passi già realizzati nella relazione Nord/Sud e il clima di distensione creato dall’abbandono della demenziale retorica del “fuoco e furia” generano legittime aspettative. Più che speculare sui motivi che hanno portato a questa svolta nella questione coreana, in cui l’apparente imminenza dello scontro militare ha lasciato posto al tavolo negoziale – come quello per cui “Pyongyang sarebbe stata piegata” dal peso delle brutali sanzioni imposte o quello per cui sarebbero stati gli Stati Uniti a essere costretti a riconoscere la RPDC come potenza nucleare -, l’importante ora è cogliere l’opportunità che si apre per l’allentamento dello scontro e compiere passi coraggiosi verso un accordo di pace che ponga finalmente termine alla situazione di guerra esistente.

Non è un percorso facile. Già fu avviato in precedenti occasioni concludendosi con un fallimento, soprattutto perché l’imperialismo statunitense non ha mai rinunciato alla sua pretesa di dominare, in collaborazione con il Giappone, tutta la regione; non si è mai arreso, come fece a Seoul con il fascista Syngman Rhee, tentando di imporre anche al popolo della RPDC un regime fantoccio; non ha mai accettato di ritirare dalla regione le sue poderose forze militari e neppure di mettere fine a manovre militari che sono in realtà i test di un’eventuale invasione del Nord; non ha mai accettato di assicurare le garanzie di sicurezza che la RPDC reclama per mettere da parte il suo programma di difesa nucleare. E’ chiaro che nessuno chiede che le parti dialoganti riconoscano esplicitamente le proprie responsabilità per la pericolosissima situazione a cui si è giunti. Ora ciò che è necessario è il rispetto della Carta dell’ONU e della legalità internazionale, è il rispetto della sovranità della RPDC, è il riconoscimento al popolo coreano del dirittto alla riunificazione sovrana e pacifica della sua patria millenaria.