da Desk Globalist
Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen oggi ha lanciato l’allarme presentando il rapporto 2012 sull’Alleanza atlantica: i tagli sono comprensibili, ha detto Rasmussen, ma i singoli paesi non possono ragionare senza tenere contro dell’intera alleanza e della “economia di scala”. Osservazioni pesanti, che però ha voluto sottolineare l’ex premier danese: “Non intendono essere una intromissione negli affari interni dei singoli Stati”.
Intanto, però, l’avvertimento arriva forte e chiaro, soprattutto all’Italia, dove una parte della campagna elettorale è focalizzata proprio sulle spese per la Difesa e in particolare sulla decisione di rinnovre – in piena crisi economica – la flotta aerea con l’acquisto di ben 90 F35, per un costo di ben 15 miliardi di euro.
Per Rasmussen ”la difesa conta” e c’è soprattutto il rischio che le potenze emergenti cambino il rapporto di forze. mentre il budget militare dei paesi Nato è andato in discesa, quello dei Bric, nel nuove potenze come Cina, India e Brasile, è salito. E ammonisce il segretario generale, ”se continua così sono a rischio la capacità militare e la credibilità politica dell’Alleanza Atlantica”. Con rischi sugli equilibri geopolitici del futuro.
”La buona notizia – dice poi Rasmussen- è che la capacità e la flessibilità della Nato oggi sono più grandi che mai”, ricordando che l’Alleanza è la piu’ grande potenza militare del mondo. Ma il problema sono i soldi. E parlando proprio del caso F35 italiano, Rasmussen ha detto che la questione s’inquadra nella necessità di coordinare le spese tra gli Alleati e far sì che il concetto di ”smart defence”, permetta ”quelle che gli economisti chiamano economie di scala”. E quindi, nelle decisioni sugli acquisti di armamenti ”tutti gli alleati dovranno tenere in conto anche un quadro di efficienza generale”.
Più generale è l’avvertimento a tutti i paesi europei dell’Alleanza.Nel 2007, prima della crisi, solo cinque paesi hanno rispettato il target di dedicare il 2% del pil alla difesa, nel 2012 si sono ridotti a 4 (Gran Bretagna Grecia, Francia, Estonia).
Chi paga il prezzo? Principalmente gli Stati uniti, con il rischio che a Washington ”si indebolisca la volontà di partecipare” alle spese che gli europei riducono. E non sappia più fare fronte alle ”minacce imprevedibili”.