Napolitano va alla guerra (in Libia)

Napolitano 500di Marx21.it

Il Fatto Quotidiano ricostruisce (10 febbraio, p.4) la riunione d’emergenza con la quale l’Italia ha deciso di partecipare alla guerra di aggressione alla Libia al fianco di Francia e Gran Bretagna.

È giovedì 17 marzo del 2011 e in una sala del Teatro dell’Opera di Roma, dove si tiene la rappresentazione del Nabucco diretto da Riccardo Muti per i 150 anni dell’unità d’Italia, il Presidente della Repubblica dell’epoca, Giorgio Napolitano, convoca una riunione d’emergenza, mentre è in corso all’Onu la discussione in merito alla risoluzione sulla Libia. Presenti, oltre al capo dello stato anche “ il premier Berlusconi, il suo consigliere diplomatico Bruno Archi, Gianni Letta, il presidente del Senato Renato Schifani, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa, mentre quello degli Esteri Franco Frattini era collegato da New York”. Alla riunione partecipa anche Guido Crosetto, all’epoca sottosegretario alla Difesa.

E sono proprio le dichiarazioni di quest’ultimo a fare luce su una vicenda drammatica della storia recente della Repubblica, dove in barba all’art.11 della Costituzione si è dato il via ad una guerra di aggressione che ha seminato morte e distruzione (anche con l’uso di uranio impoverito), gettando il paese nel caos, che ha coperto il brutale assassinio di Gheddafi, ha permesso ai tagliagole dell’Isis e di altri gruppi di fanatici di controllare ampie aree del paese e costretto l’Italia a perdere i ricchi contratti petroliferi in essere e a dover gestire – quasi da sola in Europa – il carico dell’immigrazione in partenza dalle coste libiche.

“Mi buttarono fuori dalla stanza quando dissi che la guerra in Libia era una pazzia totale, ne avremmo pagato le conseguenze. In quel momento chi ricopriva la più alta carica istituzionale in quella stanza mi fece accompagnare fuori, ma non dico il nome. Quel nome fu Giorgio Napolitano”. E continua: “Io ero sottosegretario alla Difesa e ho detto vivacemente che ero contrario all’intervento e poi ho ricordato anche le perplessità dello Stato maggiore: gli unici contrari alla partecipazione italiana all’intervento eravamo io e Silvio Berlusconi. A quel punto Giorgio Napolitano mi ha detto di andarmene perché non avevo titolo a stare lì. Insomma, mi ha buttato fuori”. Il Fatto precisa che “Il 9 Marzo, peraltro, Napolitano aveva già convocato un Consiglio supremo di difesa che aveva messo nero su bianco la disponibilità italiana alla guerra”. Ben prima, quindi della riunione formale.

Infine l’articolo si conclude puntualizzando due episodi. Primo: “Berlusconi – anche per la contrarietà della Lega – trovò la forza di resistere a metà: l’Italia partecipò alla missione Onu, ma non agli attacchi. Un mese dopo, però, il buon Silvio calò definitivamente le braghe dopo una telefonata di Obama che gli “consigliava” di partecipare alla guerra. Napolitano commentò: “È il naturale sviluppo della scelta compiuta a metà marzo” (quando lui cacciava le voci contrarie).” Secondo: “Prodi, invece, dopo ha sostenuto che “nel 2011 a Berlusconi hanno poi fatto pagare la Libia e l’amicizia con Putin…”.

Marx21.it è stata tra le poche voci critiche che si sono levate contro la partecipazione italiana alla criminale guerra di aggressione alla Libia, sostenuta anche dal governo Berlusconi. E naturalmente questa tardiva confessione di Crosetto non alleggerisce certo le responsabilità del governo italiano nell’aggressione contro uno stato sovrano che ha fatto sprofondare la Libia nel caos. Ma serve comunque a illuminare con una luce diversa il ruolo di Napolitano e a demolirne l‘immagine di “salvatore della Patria“ che l’apparato mediatico e molte forze politiche hanno cercato di costruire.

Sul Presidente emerito Giorgio Napolitano sono stati scritti diversi libri ed innumerevoli articoli. Certamente rimane l’esigenza – su un piano storico, ma ancor di più su quello politico- di un bilancio della lunga attività politica e dei risultati da essa conseguiti. Migliorista, è stato tra coloro che ha dato il contributo principale allo snaturamento – e successivo scioglimento – del più grande Partito Comunista dell’Occidente capitalistico. Primo uomo del PCI ad essere invitato negli Usa e riceverne il visto e uomo che nel suo ruolo da Presidente ha usato energicamente i suoi poteri per promuovere governi e “riforme”; bel oltre – dicono in molti- le sue prerogative istituzionali. Re Giorno, come viene appellato sui giornali, ha usato tutto il suo potere per spingere l’Italia in guerra con la Libia di Gheddafi, assecondare le intenzioni di guerra di Obama e stralciare gli interessi nazionali assoggettandoli a quelli europei. Un presidente “con l’elmetto”, che caccia i dissidenti dalle riunioni e non tiene conto delle perplessità dello Stato Maggiore della Difesa. Figurarsi dell’art.11 della Costituzione che, invece, proprio la Presidenza della Repubblica ha il dovere di rispettare e garantire.