di Francesco Fustaneo, giornalista
Riceviamo da Francesco Fustaneo e volentieri pubblichiamo
Il 14 aprile scorso gli Stati Uniti hanno lanciato una nutrita batteria di missili contro obiettivi siriani, con Francia e Regno Unito solerti ad affiancare Trump in un’azione militare che ha rischiato di scatenare un conflitto di proporzioni mondiali, visto che sul fronte opposto a sostegno del governo di Assad si schierano due potenze nucleari quali la Russia e l’Iran.
L’attacco mediaticamente veniva giustificato facendo leva sull’onda “emotiva” scatenata dalla morte di almeno cento persone, in quello che troppo velocemente, è stato etichettato come un attacco chimico da parte delle truppe di Assad per colpire i ribelli.
Tra le prime a paventare l’utilizzo di sostanze chimiche a Douma (Siria meridionale), l’associazione di beneficenza “Medical Care and Relief Organizations” (USOSSM). “Molte delle vittime erano donne e bambini – si leggeva in una nota da loro diramata – e presentavano sintomi consistenti con l’inalazione di gas tossico”.
Le t.v. di tutte il mondo hanno fatto a gara per lanciare in onda un filmato girato dagli “Elmetti bianchi” (una sorta di Croce rossa legata a gruppi jihadisti), a supporto della tesi dell’attacco chimico.
Tra i protagonisti delle riprese, diciassette cittadini siriani di Douma: tra di loro un bambino di 11 anni, Assan Diab, che veniva investito da un getto d’acqua per “liberarlo dai gas al cloro”.
Ebbene già i Russi che da subito avevano negato ogni coinvolgimento delle truppe governative siriane in attacchi chimici, hanno proposto e ottenuto alla fine dello scorso aprile, un briefing all’Aja presso la sede dell’Opcw (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons), portando la testimonianza proprio dei diciasette protagonisti del video.
Il bambino, in particolare ha raccontato che: “eravamo nel seminterrato e abbiamo sentito gente gridare che dovevamo andare in ospedale. Abbiamo attraversato un tunnel. All’ospedale hanno iniziato a versare acqua fredda su di me e avevo fumo negli occhi…”. Tutti i diciasette testimoni hanno affermato che non c’è stato nessun attacco chimico, ma l’ “ordinario”, cruento, conflitto “convenzionale” con il suo seguito di devastazioni e crolli, fughe, ecc.
Constatata la fallacità del video, non restava che attendere le analisi ufficiali dei campioni prelevati a Douma, che dovevano mettere la parola fine sulla questione.
Bene, l’Opwc il 06 luglio ha pubblicato l’esito del fact cheking, sancendo il mancato riscontro di sostanze chimiche nell’ambiente. Si legge testualmente : “I laboratori designati dall’Opwc hanno condotte analisi su campioni. I risultati evidenziano che non sono stati rilevati agenti nervini organo-fosforati o loro prodotti di degradazione nei campioni ambientali o nei campioni di plasma prelevati da presunte vittime…”. Dunque si è trattata di un’azione bellica suffragata da una deliberata diffusione di video e informazioni non verificate per accaparrarsi l’appoggio emotivo della pubblica opinione. Le accuse rivolte al governo siriano sono state con questo rapporto definitivamente smentite, ma ciò non servirà a ripagare il fango “mediatico” col quale si è tentato di seppellirlo né le conseguenze devastanti di quell’ attacco insensato.