Lettera aperta sul documento “Un Passo di pace” (Firenze, 21 settembre)

pace colore murodi Vincenzo Brandi, Rete NoWar Roma

Nel lungo documento (“Un passo di pace – Campagna per la difesa non armata e non violenta”) molto generico, sciatto, ed omissivo, che è alla base della contestatissima manifestazione di Firenze, balza subito agli occhi, configurandosi forse come uno dei fatti più significativi che caratterizzano il documento, l’omissione totale di ogni accenno alla tragica situazione della Libia oggi preda di scontri intestini tra bande jihadiste e caduta nel caos e nella disperazione più completi. Nessuna critica viene indirizzata all’intervento della NATO che è servito a distruggere il paese e nessuna autocritica per la totale inerzia mostrata dai gruppi “pacifisti” di cui sopra tre anni fa quando la Libia fu aggredita da una coalizione tra la NATO e le petromonarchie reazionarie del Golfo, sfruttando anche palesi bugie alimentate dai nostri mass-media per giustificare l’attacco.

L’unica concreta proposta nel documento è la richiesta di stanziamenti governativi per il finanziamento della “nuova difesa civile (pag.1), ovvero per la formazione e l’organizzazione di “corpi e interventi civili di pace” (pag.2).

Questi fantomatici corpi dovrebbero fare azioni di interposizione nel caso di conflitti e dovrebbero dipendere da un apposito Dipartimento (si suppone in ambito del Ministero della Difesa) creato ad hoc. Ovviamente si suppone che le organizzazioni firmatarie (Rete italiana disarmo, Sbilanciamoci, Tavolo interventi civili di pace, e Rete della pace comprendente ACLI – CGIL – ARCI – AGESCI – Legambiente – Associazione per la Pace – Rete della Conoscenza – Unione degli universitari) facciano la parte del leone nei finanziamenti che il governo amico di Renzi si suppone dovrebbe concedergli.

Sul punto del “disarmo” (pag. 6) il documento si dichiara critico verso l’acquisto degli F-35 (ormai diventato un argomento abbastanza scontato anche in certi ambienti di governo), ma significativamente non precisa nemmeno se l’acquisto dovrebbe essere annullato o solo ridotto. Ci si propone solo genericamente di …. intervenire nel dibattito in corso.

Sull’export militare e la legge 185/90 (che vieta di esportare armi nei paesi in guerra) si chiede solo …… un approfondimento del tema attuato con dibattiti parlamentari ….

Si fanno poi solo delle chiacchiere banali sul controllo del commercio degli armamenti. L’unico punto di una certa rilevanza all’interno di un documento – ripetiamo: sciatto e generico – è una presa di posizione contro il MUOS.

A proposito delle basi militari della NATO in Italia (pag. 8), si prendono in considerazione solo quelle della Sardegna (non delle altre decine sparse in tutta Italia) e non si fa nessuna analisi sul ruolo attualmente molto aggressivo ed estremamente pericoloso della NATO, pronta ad aggressioni armate (Afghanistan, Libia, Yugoslavia, ecc.) e ad estendere le basi, anche missilistiche, dell’alleanza ad Est, fin dentro il cortile di casa della Russia,.

Sulla situazione in Iraq (pag. 9) non si fanno analisi approfondite sulle responsabilità occidentali e delle monarchie semifeudali del Golfo loro alleate nella crescita del terrorismo islamico radicale, e quindi sulle forze realmente in campo e sulle prospettive geopolitiche. Ci si limita ad invocare genericamente aiuti umanitari ed a lanciare uno scontato appello per il rafforzamento del ruolo dell’ONU (dimostratosi inefficace e di pura facciata in troppe occasioni). Comunque, come unico punto positivo, si chiede di non inviare armamenti alle parti in conflitto.

Sulla Palestina (pag.10), il testo fa riferimento solo agli eventi del 1967 (e non alla questione originarie del Sionismo, della Nakba del 1948 e della natura coloniale e confessionale dello stato di Israele). Fa intravvedere come unica soluzione l’ormai tramontata soluzione dei “due stati”. Parla di embargo sulle armi di entrambe “le parti in conflitto” mettendo sullo stesso piano aggrediti e aggressori e in pratica chiedendo l’embargo sulle armi ai difensori di Gaza (visto che le armi ad Israele di fatto nessuno le nega). Infine il boicottaggio dovrebbe riguardare solo i prodotti delle colonie, e non tutti quelli israeliani, come chiedono i Palestinesi. L’unico interlocutore devono essere “i comitati popolari per la resistenza popolare non violenta” della Cisgiordania, e quindi non i “cattivoni” di Hamas che praticano la resistenza armata di fronte alle aggressioni israeliani e i “prigionieri” palestinesi che chiedono una nuova Intifada.

Le due pagine sulla Siria (pp. 12-13) sono tra le peggiori. Si accredita ancora la leggenda di una fantomatica rivolta iniziale non violenta che si sarebbe trasformata in guerra civile per colpa del regime sanguinario che ha usato le armi contro la popolazione distruggendo Homs e Aleppo. Non si parla dei continui rifornimenti di finanziamenti ed armi da parte del gruppo “amici della Siria” formato da USA, paesi NATO e petromonarchie del Golfo, ai “ribelli” direttamente o indirettamente legati ad Al Queda, Si parla di non documentate torture fino alla morte nelle carceri del regime. Si parla di truppe di Hezbollah, iraniane e persino sciite irachene che combattono per il regime e non si fa menzione delle decine di migliaia jihadisti stranieri entrati in Siria, specie dalla Turchia, bastione fondamentale della NATO. Si alimenta ancora l’equivoco di un’opposdizione armata “moderata” (ESL), senza dire che le formazioni con cui è alleata (Al Nusra, Al Sham) sono una costola di Al Queda. Si fa capire che l’ISIS è una formazione a parte (senza parlare del patto di non aggressione stipulato tra ISIS e le formazioni “moderate”) e si parla in continuazione di una fantomatica “società civile” da appoggiare. Non si citano le nette vittorie elettorali, con larga affluenza popolare, del governo in carica.

Sulla guerra in Congo (pag.14) si prende un atteggiamento neutrale tra gli aggressori provenienti da Ruanda e Uganda (sostenuti dagli USA) ed il governo del paese regolarmente eletto. Non si parla del fallimento dell’ONU che, presente con ben 19000 soldati nel Congo, non ha fatto praticamente nulla per fermare la strage (finora 4 milioni di morti). Condivisibile è invece la posizione a favore dei Saharawi (pag. 15), peraltro anche questa ormai abbastanza scontata in Italia.

Assolutamente pessimo il pezzo sull’Ucraina (pag. 17) in cui il golpe nazista organizzato e rivendicato dagli USA è divenuto “rivolta popolare” contro un governo corrotto. Si parla di una feroce repressione iniziale da parte del passato governo senza mai dire che era stato democraticamente eletto. Si denuncia “il crescente coinvolgimento di truppe regolari russe” nell’Est, prendendo aperta posizione a favore delle narrazioni statunitensi, europee e della NATO. Non si parla del pericolosissimo disegno della NATO di metter le mani sull’intera Ucraina. Si conclude con le solite banalità sui necessari aiuti umanitari (senza dire che finora solo la Russia ne ha forniti) e si parla di fantomatici “giovani attivisti per i diritti umani” il cui miracoloso intervento potrebbe far scattare la pace.

Purtroppo il documento dimostra ancora una volta come lo schieramento di presunte organizzazioni “pacifiste” presenti a Firenze, o di altre organizzazioni simili, previlegi i rapporti con il nostro governo, coinvolto in numerose guerre di aggressione, e con la NATO (come dimostra anche l’incredibile comunicato firmato qualche tempo fa da Lisa Clarck in cui si gettava su Putin e sulla Russia ogni responsabilità per il pericoloso clima di guerra fredda che le crisi in Ucraina, Libia, Africa centro-occidentale e Vicino Oriente stanno ricreando).

(fonte Sibialiria)