di Luis Carapinha | da “Avante”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese
Traduzione di Marx21.it
L’ondata dei rifugiati in Europa è uno dei temi attualmente più ricorrenti, ma, salvo rare eccezioni, le sue cause profonde non affiorano nei media. I responsabili dell’UE, dopo aver fatto digerire il recente memorandum coloniale di sottomissione della Grecia, danno dimostrazione di cinismo e follia con l’acutizzazione della crisi dei rifugiati, considerata la maggiore ondata migratoria in Europa dalla II Guerra Mondiale. E’ annunciata la convocazione di un vertice di emergenza dell’UE per… metà settembre. Una riunione dei ministri della Giustizia e dell’Interno, conferma che le “risposte comunitarie” continuano a basarsi essenzialmente sulla componente securitaria e sulle soluzioni di forza. Nel frattempo, l’ineffabile cancelliera Merkel si smarca chiedendo ai “partner europei” una “distribuzione equa” dei rifugiati e lanciando un accorato appello in difesa di Schengen e delle norme di libera circolazione (di mano d’opera a basso costo e capitali, si intenda).
Fabius, il (socialista) titolare degli affari esteri francese e uno dei grandi istigatori della guerra in Siria, si pronuncia scandalizzato contro le recinzioni erette dal governo (di destra) ungherese e canta il salmo dei “valori europei”. E chiaro che, tra sceneggiate grottesche di brio umanitario e lacrime di coccodrillo, non si arriva mai alle radici del problema e il nome dei grandi responsabili della catastrofe sociale non viene pronunciato. Nella narrativa dominante, le politiche del capitalismo di sfruttamento economico, destabilizzazione e guerra continuano ad essere avvolte da un manto di silenzio.
La tragedia dell’afflusso di immigrati non ha fatto che aumentare negli ultimi anni, in modo proporzionale al ritorno in forze del neocolonialismo e alla disseminazione di instabilità e povertà che gettano ombre sul futuro di popoli interi. Il suo aggravamento sostanziale è inseparabile dalla spirale di guerre e ingerenze dell’imperialismo nella regione nevralgica che gli strateghi dell’amministrazione Bush avevano definito “Grande Medio Oriente”, che si estende dal Nord Africa ai confini dell’Asia Centrale. E quando si esamina oggi il fenomeno del terrorismo del cosiddetto Stato Islamico si avverte che l’asse di questo grande arco di destabilizzazione continua ad allargarsi in direzione dell’Africa sub-sahariana e, anche, del Caucaso e del Sud Est Asiatico, fino alle frontiere della Russia e della Cina. Il dramma dei rifugiati e l’attuale esodo migratorio verso il Vecchio Continente, che gli interventi degli USA in Afghanistan e Iraq hanno aiutato a preparare, sono pertanto una conseguenza diretta della campagna più recente della NATO contro la Libia (con la distruzione e la frammentazione di una paese che fino a poco tempo fa era uno dei principali promotori dell’Unione Africana e della politica di integrazione africana) e della guerra che dal 2011 infuria in Siria, grazie al coinvolgimento e alla complicità di una “coalizione”, di cui fanno parte gli USA, le potenze dell’UE, le dittature del Golfo, Israele e la Turchia. Senza dimenticare anche il susseguirsi di aggressioni e la disintegrazione della Jugoslavia (e lo stato miserabile della popolazione del Kosovo “indipendente”) e il quadro di guerra civile in Ucraina, come risultato del colpo di stato del 2014.
Nello stesso tempo e siccome in politica non esistono “spazi vuoti”, si deve segnalare la pericolosa strumentalizzazione della crisi migratoria da parte di forze di natura xenofoba e neofascista, che conquistano peso e rilievo in Europa. La via delle uscite retrograde, senza dubbio propiziata da tendenze e condizioni di ordine oggettivo che segnano il quadro di declino dell’egemonia dell’imperialismo, ha rappresentato sempre un cavallo di battaglia e uno strumento di classe del grande capitale in tempi di crisi. Caos, terrorismo e fascismo sono espressioni connesse alla crisi strutturale del sistema dominante, un tentativo di fuga in avanti delle forze del grande capitale transnazionale. Occorre essere vigilanti di fronte a questa agenda nascosta. E non ci si venga a dire che sono “teorie complottiste”.