La strage di Parigi

france shootingdi Spartaco A. Puttini per Marx21.it

La strage di Parigi è senza precedenti. E’ dal 1961 che la capitale francese non si trovava in stato d’eccezione. All’epoca era in corso un tentativo di putsch da parte dei terroristi di estrema destra dell’OAS, contrari all’indipendenza dell’Algeria, contro il gen. De Gaulle.

La rivolta delle banlieu del 2005 non è assolutamente raffrontabile alla situazione attuale.

Di fatto si è trattato di un’azione di guerra, compiuta da gente che la guerra la conosce, l’ha fatta e la sa fare. La dinamica di piccole unità che entrano in azione autonomamente ma in modo coordinato praticando il terrorismo contro la popolazione civile al fine di seminare la strage e colpire la convivenza e la vita civile di una comunità richiama alla mente azioni analoghe compiute in Siria nel 2011 (e da allora in poi), con i gruppi terroristi di matrice jihadista e salafita che bestemmiavano Dio al grido di “Allah Akhbar!” mentre trucidavano le loro vittime.

All’epoca, i media mainstream e settori dell’antagonismo di matrice “idiotista” parlavano di rivolta democratica brutalmente repressa dal regime di Assad. Questa volta sembrano mostrare una maggior decenza e non arrivano ad accusare Hollande delle vittime.

Il fine dei gruppi terroristi in Siria consisteva e consiste nello scardinare lo Stato, abbattere la Repubblica, rendere impossibile la convivenza, far collassare la società.

Anche a Parigi le finalità sono parzialmente analoghe: far saltare la convivenza civile, polarizzando la società, innescando meccanismi di rifiuto delle minoranze musulmane e permettendo così la radicalizzazione delle stesse, al fine di allargare il bacino di reclutamento per i jihadisti.

Gli utili idioti di questa strategia sono coloro che credono nello scontro di civiltà o che pensano di cavalcarlo per il loro piccolo tornaconto immediato nel teatrino della politica. Coloro che si bevono la storia dello scontro tra Occidente e Islam e ne fanno gran cassa. Come se il mondo musulmano fosse un monolite.  

Eppure, le prime e principali vittime del fenomeno islamista radicale reazionario sono proprio i paesi dell’area arabo-islamica contro cui questi gruppi agiscono. Sul campo a combattere l’Isis c’è l’Esercito Arabo Siriano, la Repubblica Islamica dell’Iran, il partito di Dio libanese Hezbollah.

Vale a dire arabi o musulmani. Mentre i Salvini di turno non fanno altro che scandalizzarsi perché si chiede di togliere il crocifisso dagli uffici pubblici o si scompensano per le richieste di diete differenziate che piovono sulle mense scolastiche…

Quanto al ruolo dell’Occidente, i gruppi jihadisti foraggiati dai satrapi dal Golfo sono stati armati, finanziati e addestrati proprio dai paesi occidentali, in primo luogo dagli Stati Uniti, proprio per travolgere nazioni che nel Vicino oriente si opponevano ai piani dell’imperialismo: come la Libia, la Siria, etc…

La Francia, voltando le spalle all’eredità gollista, è stata in questi ultimi anni in prima fila nel nutrire il mostro, sia per rovesciare Gheddafi e distruggere la Libia (e si è visto cosa sia diventata), che per distruggere la Siria e rovesciare Assad, fortunatamente senza riuscirci, in questo ultimo caso. 

Sono molti i combattenti, mercenari e terroristi che dalla Francia sono partiti per portare la morte in Siria. Non a caso le milizie terroriste che contrastano il governo siriano hanno innalzato sin dal primo momento la bandiera che sventolava sul paese arabo all’epoca del mandato coloniale francese.

Ora è arrivato su Parigi il boomerang di ritorno della politica di collusione con i jihadisti e con l’imperialismo statunitense.

Non può che venire in mente la facile profezia del presidente Putin, che in tempi non sospetti, rivolgendosi agli occidentali per la loro politica di collusione con il terrorismo di matrice islamista salafita, metteva in guardia circa il pericolo costituito dai combattenti, dalla minaccia che avrebbero rappresentato per i loro paesi di origine una volta tornati alle loro case dopo una simile esperienza.

Come non dare ragione al presidente russo?

E pensare che quando era la Russia ad essere nel mirino (con i fatti della scuola di Beslan nel 2004, ad esempio) stando ai nostri giornali sembrava quasi che la colpa fosse del Cremlino. Come se i bambini fossero stati sequestrati da Putin in persona. Nessuna occasione viene sprecata per fare della russofobia da quattro soldi.

L’Europa si trova a fare i conti con le conseguenze della sua politica estera. Una politica disegnata con cieca e stupida acquiescenza ai desiderata di Washington, perché coloro che ruggiscono nei salotti televisivi poi si guardano bene dal disturbare la digestione dei potenti.

Quanta acquiescenza c’è stata, anche in Italia, nei confronti delle reti che hanno sostenuto il terrorismo contro la Siria? L’Italia ha o no partecipato al tavolo degli sponsor che sostenevano l’aggressione alla Siria, camuffato pietosamente sotto l’etichetta di “Amici della Siria”?

Le responsabilità di questo disastro possono essere, tanto per cambiare, equamente distribuite tra il così detto centrodestra e il così detto centrosinistra. Perché se è la destra che ha fatto la guerra alla Libia, è stato con il plauso di un certo Bersani, che ha salutato le prime bombe cadute sul paese arabo con la celebre frase “alla buon’ora!”.

Sarebbe la buon’ora, invece, di rivedere la collocazione internazionale del nostro paese e di sganciarci una buona volta dall’avventurismo statunitense. Le sponde ci sono. Solo chi ha lasciato il proprio cervello sotto le macerie del Muro di Berlino e continua a belare di un’Europa che non c’è non se ne è accorto.

Non ha molto senso nemmeno aumentare le misure di sicurezza, per forza di cose parziali. La natura della sfida fa sì che chi decide di colpire abbia sempre un vantaggio: la sorpresa.

Presidiare i monumenti mentre si spara sui caffè non ha molto senso.

L’unica opzione è smantellare le reti di sostegno a questi gruppi. Ma non si può farlo in modo veramente efficace senza chiamare in causa i loro sponsor e i loro protettori. Cioè senza una visione internazionale del problema.

Questa terza guerra mondiale non è quella tra l’Islam e l’Occidente, ma è quella tra il tentativo di egemonia dell’imperialismo statunitense e la forze che si battono per un ordine multipolare nelle relazioni internazionali. Lo scontro principale è tra gli Usa e i loro antagonisti strategici: Russia, Cina e, nel contesto del Vicino oriente, Iran e Siria.

Il terrorismo islamista reazionario è una derivata dell’avventurismo con cui Washington persegue il suo progetto di un altro secolo americano. Perché nonostante la strage di queste ore pare difficile una netta inversione della politica seguita dagli Usa verso le petromonarchie del Golfo e verso tutta la regione. Segnerebbe semplicemente la probabile fine della loro influenza su un’area cruciale per gli equilibri mondiali. Purtroppo c’è chi potrebbe continuare a ritenere che Parigi valga bene una messa, per continuare con il tradizionale, sordido e pericoloso gioco delle amicizie inconfessabili dietro le quinte. Toccherebbe ai paesi europei, a partire dalla Francia, trarre le logiche conseguenze dalla tragedia di questi giorni e rifiutare un gioco al massacro che va avanti ormai da troppo tempo.