La Siria tra le iene travestite da amici e i Brics espunti dalla comunità internazionale

di Diego Angelo Bertozzi per Marx21.it
 

clinton amicidellasiriaLa divisione del mondo tra buoni e cattivi è una operazione da film d’azione hollywoodiano che miete successi nella formazione del consenso ma che, al contempo, non aiuta a capire nulla: da una parte i democratici – cui al massimo si imputa qualche piccola contraddizione – dall’altra i cattivi dittatori, sempre lordi di sangue innocente (sangue trasparente se appoggiati dai primi). Meglio sarebbe, come ci accingiamo a fare ora, operare una distinzione tra chi alimenta costantemente i venti di guerra e chi, invece, cerca di spegnere pericolosi focolai di crisi attraverso le armi della diplomazia: rispetto, dialogo, coinvolgimento delle parti e multilateralismo. Divisione semplicistica pure questa? Di certo non garantiamo la sua validità assoluta ma, proprio per questo, può mostrarsi utile. Soprattutto se, con alle spalle l’aggressione della Libia e la sua devastazione, ci riferiamo alla Siria.

Tra fine marzo e inizio di aprile a Istanbul si sono riuniti gli autoproclamati “Amici della Siria”. Già qui ci pare strano che alla Siria sia stato tolto pure il diritto di sceglierseli gli amici. Tant’è! Comunque i 74 Paesi presenti – come tanti avvoltoi in attesa del banchetto – sono i sostenitori delle forze di opposizione al governo Assad che da mesi, con armi e bombe in mano, stanno destabilizzando Damasco. Decenza vuole che da qualche tempo si sia smesso di definirli “rivoluzionari”, “democratici” e “non violenti”. Anche la propaganda di guerra ha dei limiti: un minimo di credibilità deve pur mantenerla.
 

Nell’occasione la “comunità internazionale” – in realtà un circolo ristretto che esclude la metà del mondo e che annovera consolidate democrazie come l’Arabia Saudita e il Qatar – ha riconosciuto il Consiglio di Transizione Siriano come principale interlocutore, e quindi un legittimo rappresentante del popolo siriano in lotta per la democrazia (domanda: chi decide chi fa parte del popolo siriano?). E’ così mancato un riconoscimento ufficiale che ne sanzionasse la natura di futuro governo della Siria libera, diversamente da quanto avvenuto con quello libico, ma è stata rafforzata la sua natura di cassa di propaganda dell’imperialismo. Sarebbe infatti difficile trovare altre forze patriottiche che chiedono con insistenza il bombardamento e la “libizzazione” del proprio Paese! Il che significa: le uniche notizie ufficiali e credibili che verranno dalla Siria avranno solo questa provenienza. Quelle di parte governativa, se riportate, saranno utilizzate per mostrare tutta l’astiosa propaganda del “macellaio di Damasco”. Ad essere tagliate fuori dalla discussione sul futuro assetto del Paese sono quelle forze patriottiche, anche di opposizione, che dall’interno chiedono dialogo e riforme ma che rifiutano apertamente l’intervento straniero. La sovranità non è un dato fondamentale per il futuro della Siria.
 

Pare, insomma, che i veti di Cina e Russia abbiano certo allontanato la prospettiva di una nuova aggressione armata – per proteggere i civili dai bombardamenti – senza tuttavia escluderla del tutto. Le altre prese di posizione degli “Amici” si prestano infatti ad ulteriori escalation della violenza, così da rendere sempre più credibili gli appelli all’intervento umanitario: il Consiglio Nazionale Siriano concederà uno stipendio ai membri dell’Esercito siriano libero (creatura ampiamente sovvenzionata e addestrata da potenze straniere), così da rendere più allettante la diserzione. Per addestratori e truppe speciali straniere già presenti sul terreno [1], crediamo che non ci sia bisogno di lanciare campagne di finanziamento. I circa cento milioni di dollari dell’operazione dovrebbero essere garantiti da Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo [2]. Inoltre il segretario statunitense Hillary Clinton ha annunciato l’invio di “aiuti umanitari” per un totale di circa 176 milioni di dollari per fornire, tra l’altro, apparecchi di comunicazione per documentare la repressione e collegarsi al mondo esterno. Negare che si tratti di aiuti militari ha ben poco senso quando la disinformazione ed il sostegno ad una campagna di propaganda sono aspetti fondamentali per creare il consenso ad una operazione di guerra.
 

Ci si scusi, ma noi siamo abituati a ben altri partigiani in lotta contro l’occupazione del Paese (e la Siria non è un Paese occupato) e il “soldo del partigiano” nell’Italia della liberazione era raccolto in altro modo, con mezzi propri, con l’attivismo dei comunisti italiani (militanti e stampa in costante mobilitazione) e con la partecipazione convinta di una popolazione stremata dalla guerra e preda della miseria e, soprattutto, con il tutt’altro che convinto sostegno degli Alleati. E alle formazioni partigiane ci si univa con la consapevolezza del rischio di finire in mano alle iene naziste e repubblichine, non certo per soldi.
 

Passiamo dal fronte dei fomentatori della guerra, a quello dei sostenitori del dialogo. Più o meno in contemporanea con quello di Istanbul, si è svolto a Delhi il quarto vertice delle nazioni Brics [3] (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), solitamente escluse dalla cosiddetta comunità internazionale. Tralasciamo le importanti dichiarazioni sul rafforzamento della collaborazione tra i cinque, anche in vista di una maggiore rappresentanza dei Paesi emergenti e in via di sviluppo nelle istituzioni della governance globale, per concentrarci sulla presa di posizione sulla Siria. Su di questa si sente senza dubbio con forza – o almeno così pare a chi scrive – l’influenza della ormai tradizionale posizione di Pechino, a segnalarne ulteriormente l’ascesa a punto di riferimento per una diversa configurazione delle relazioni internazionali.
 

Nel comunicato finale, tra l’invito a non utilizzare le trasformazioni in atto nel Medio Oriente e in Nord Africa come “pretesto per ritardare la soluzione dei conflitti duraturi” e la necessità di rispettare la Carta delle Nazioni Unite, si legge: “Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per la situazione attuale in Siria e chiediamo la fine immediata di ogni violenza e delle violazioni dei diritti umani in quel Paese. Gli interessi globali sarebbero meglio serviti se si affronta la crisi con mezzi pacifici che favoriscano ampi dialoghi nazionali che riflettano le legittime aspirazioni di tutti i settori della società siriana e rispettino l’indipendenza siriana, l’integrità territoriale e la sovranità. Il nostro obiettivo è quello di facilitare un processo politico siriano inclusivo[…]” [4]
 

La differenza rispetto alle intenzioni e alle politiche messe in campo dagli “Amici della Siria” è sostanziale: mentre questi ultimi giocano ad attizzare il fuoco della discordia interna, appoggiando le forze ribelli, e ad alimentare la violenza, così da trovare le giustificazioni per un intervento armato, qui ci troviamo di fronte alla precisa scelta di rispettare la sovranità della Siria, evitando ulteriori divisioni così da favorire quel processo, per la verità già in atto, di risoluzione interna della crisi. Sono queste le ragioni che hanno portato la Cina popolare a porre il veto in sede Onu a progetti di risoluzione sbilanciati, che avrebbero potuto portare ad una nuova aggressione militare, e a privilegiare, grazie a missioni diplomatiche ad hoc, il confronto tra le forze di governo e di opposizione patriottiche siriane. In un editoriale del Quotidiano del Popolo si è potuto leggere che la “Libia è un contro-esempio che serve da lezione. I Paesi della Nato hanno approfittato e abusato della risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza per l’instaurazione di una zona di esclusione aerea per fornire un aiuto militare ad una delle due parti coinvolte [5]. Una lezione che i Brics pare non abbiano scordato.

NOTE

1 Su questo aspetto si invita alla lettura dei diversi articoli di M. Chossudovsky, ospitati sul sito www.globalresearch.ca


2 “Soldi anti-Assad dai Paesi del Golfo. Gli Usa e l’Europa: da noi solo aiuti umanitari”. La Stampa, 2 aprile 2012.

3 Nell’opera a metà tra denigrazione e sottovalutazione di questo evento, segnaliamo l’articolo “I Brics all’opposizione” apparso su Limes, edizione online, nel quale quello dei Cinque viene sbrigativamente derubricato a inconsistente “fronte del no” http://temi.repubblica.it/limes/i-brics-allopposizione/33797


4 Per il comunicato finale integrale si veda http://english.caijing.com.cn/2012-03-30/111786047.html

5 Per le ragioni del veto cinese si veda “Siria, le ragioni del veto cinese” http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/1092-siria-le-ragioni-del-veto-cinese.html